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Diari Toscani

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Un caffè con Vito Gadaleto: pittore e autore de “La mia anima è una terra straniera”

DiSelenia Erye

Giu 9, 2022

Il destino di scrittore, per Vito Gadaleto, era probabilmente scritto nelle stelle, vista la sua vita che assomiglia alla trama di un romanzo, nel quale si alternano picchi e successo a dolorose e impervie risalite dalle sconfitte. Gadaleto è nato a Tripoli e lì ha vissuto i suoi primi anni di vita: la terra libica ha lasciato un segno importante nella sua formazione personale e ricorre costantemente nei suoi scritti e nella sua coraggiosa lotta per riuscire ad esprimersi. La sua opera prima La mia anima è una terra straniera è stato appena pubblicato da Porto Seguro Editore ed è lo strumento con cui l’autore racconta la sua storia in una parabola di grande impatto emotivo che invita a non perdere mai la speranza. Gadaleto, oggi, vive in Toscana insieme al compagno in un buon ritiro in cui si dedica alla scrittura e alla pittura.

Vito, può raccontarci com’è arrivato alla scrittura?

Ho sempre amato leggere e scrivere, fin da ragazzo, solo che non sempre ho trovato autori che mi piacessero. Molto probabilmente ero troppo giovane per capire il grande dono della libertà che ci è stato dato, ma che non sempre sappiamo conservare e amare. Dopo essere andato in pensione, due anni fa, mi sono trovato a gestire quel tempo che chi lavora non sempre riesce a trovare. Sei anni fa ho conosciuto il mio compagno Riccardo Vello e lui subito si è reso conto delle mie capacità letterarie, e poiché lui è un musicista, assieme abbiamo scritto delle canzoni, alcune delle quali sono state realizzate altre sono rimaste solo come progetto.

Tra le sue passioni c’è anche la pittura…

Sì ho sempre amato disegnare. Riccardo un giorno mi si è presentato con una valigetta di colori ad olio, che è una delle tecniche pittoriche più difficili da realizzare. Lì per lì, l’ho preso per matto, perché avevo tentato negli anni passati di realizzare qualcosa ad olio ma avevo riscontrato le molte difficoltà della tecnica, per cui mi ero concentrato sull’acquerello ottenendo ottimi risultati. Dopo circa due mesi ho ritentato con i colori a olio, dipingendo su tavola e sono venuti fuori lavori interessanti che mi hanno spinto a migliorarmi tanto che dopo qualche mese sono stato invitato ad esibire i miei quadri in via Margutta.

E la scrittura quando è cominciata?

Mentre dipingevo mi sono reso conto che avrei potuto scrivere, perché quello che viene fissato con i colori su una tela lo potevo fissare anche su un figlio di carta con le parole. La tecnica è simile nel senso che quando tu stai dipingendo devi trasmettere qualcosa, il quadro deve essere sfumato e arricchito di materiale sensoriale che deve arrivare a chi lo sta guardando o leggendo. In quel momento è nata una sfida dentro di me: portare il lettore a calarsi negli ambienti, negli stati d’animo, nelle emozioni che stavo scrivendo. Volevo dare una anima a ciò che c’era nella mia anima: dovevo farlo capire agli altri.

Di cosa parla il suo romanzo?

Parla di un ragazzo omosessuale italiano, Vito, che, negli anni ‘80 decide di andare a vivere in America convinto che lì, la vita per un giovane gay, fosse più facile che non in Italia. Vito è una persona molto profonda, molto legata alla chiesa, che si è sempre schierata contro i comportamenti omosessuali. Vito crede in Dio: nei suoi momenti di solitudine lo ha cercato nella preghiera, e si è sempre sentito in pace e serenità. Non lascia la chiesa, ma non capisce come questa gli imponga di sposarsi con una donna quando, sessualmente parlando, il suo interesse è rivolto alle persone del suo stesso sesso. Quindi lui resta nella sua parrocchia in Italia, fino a quando viene scoperta la sua natura omosessuale ed è costretto a lasciare la chiesa ritrovandosi da solo. Per questo va in America dove non trova propriamente l’apertura verso l’altro, ma riesce a vivere in gruppi di appartenenza che in Italia non esistevano.

Quanto il suo privato è entrato nel suo libro?

Il mio libro è una parabola del mio privato, nella quale cerco di affrontare, con semplicità e senza volgarità, il problema dell’omosessualità in un individuo cristiano, cattolico, praticante, che viene giudicato non degno di far parte di una comunità cristiana. È il mezzo con il quale ho potuto raccontare ciò che ho sofferto vedendo quelli che pensavo amici e fratelli, che voltavano le spalle per non salutarmi. Nel libro racconto della mia reazione di rabbia e chiusura verso gli altri e della riflessione che ho fatto sulla chiesa come elemento che spingeva ad avere tali comportamenti. E infine nel libro riporto la conclusione a cui sono giunto, attraverso la mia esperienza e cioè che Dio è amore e l’amore ci può essere anche tra due persone dello stesso sesso. Nel libro io parlo di amore, non di sessualità.

Lei ha dovuto affrontare molte prove, come ha fatto a superare i momenti difficili?

Ho avuto la preghiera e la vicinanza di Dio, l’ho cercato dentro di me nella mia storia, e Dio mi ha portato con sé in giro per l’universo. Lì ho capito che Dio mi chiedeva di camminare da solo per la mia strada, con lui mia Stella, affinché io mostri agli altri che l’amore e la santità sono a portata di chiunque seriamente cerchi l’amore e la verità. Cristo è morto anche per me chiunque io sia.

In che modo è cambiata la sua visione della vita?

Adesso amo la bellezza: pitturare e scrivere. Tutto ciò che è banale o scontato non mi interessa, ogni momento della mia vita è vissuto apprezzando il dono che mi è stato dato: la vita, la libertà, il dono della fede, l’amore.

Quali sono i suoi progetti futuri?

Ho appena finito di scrivere il mio secondo romanzo, che è in fase di correzione. È la storia di un ragazzo che vive a Castallaneta in Puglia ed è convinto che il mondo sia tutto quello che conosce lì, nella sua fattoria fino a quando non deve partire per la guerra. La storia si svolge verso la fine della Prima guerra mondiale.

Quali obiettivi ricerca quando scrive?

Io voglio scrivere per aiutare le persone a farsi delle domande e a capire che non siamo soli nell’universo. Voglio aiutare a comprendere che la nostra vita non finirà con la nostra morte, perché colui che ci ha creato non potrà permettere che ciò che ci ha animato svanisca nel nulla.