Io sono tutto l’amore che ho dato. Tutto l’amore incondizionato.
L’imbarazzo dietro al vanto. Un sorriso dentro al pianto.
Io sono tutto l’amore che ho dato. Mare in tempesta e cielo stellato.
Poco prima di uno schianto. Un sorriso dentro al pianto.
Questo testo interpretato da Ornella Vanoni sembra scritto per Francesco Nuti, una delle maschere del cinema italiano che dietro un sorriso nascondono quel profondo male di vivere. Oggi Nuti lotta con un male fisico conseguente ad una caduta dalle scale, una metafora di ciò che è stata la sua parabola artistica e personale.
Francesco Nuti è nato a Firenze il 17 maggio del 1955. Ha vissuto la sua giovinezza in una frazione di Prato, che negli anni ‘70 era detta la terra dei cenciaioli. Le aziende tessili del territorio riuscivano a riconvertire le fibre, i tessuti usati, trasformandoli in lane rigenerate, come raccontò un illustre pratese, Curzio Malaparte. Lo scrittore in maledetti toscani descrisse la sua città con poche e significative parole: “A Prato dove tutto va a finire: la gloria, l’onore, la pietà, la superbia, la vanità del mondo.” Nuti ha lavorato in una delle decine di imprese tessili, ma il suo sogno era sempre stato quello artistico. Fin da ragazzo scriveva monologhi, attendendo solo il momento giusto per declamarli. L’occasione arrivò grazie all’incontro con altri due toscani, Alessandro Benvenuti e Athina Cenci, i tre formarono il gruppo dei Giancattivi, il nome già prometteva quella comicità pungente e surreale di chi ha la toscanità che scorre nelle vene.
Il successo è immediato, i Giancattivi partecipano a Non Stop, un programma andato in onda dal 1977 al 1979, antesignano degli attuali talent. Sul palco si esibirono, oltre ai Giancattivi, la Smorfia, Carlo Verdone, i Gatti di vicolo miracoli, il successo tanto agognato era arrivato. Dopo Non Stop arrivò il primo film, A ovest di Paperino, era il 1981. La pellicola raccontava la giornata dei tre Giancattivi che vagavano senza meta per le vie di una Firenze popolata di improbabili figure. Francesco Nuti con la sua impassibilità, era quello che meglio rappresentava la comicità di chi aveva studiato Buster Keaton, di chi amava i Monty Phyton.
L’anno successivo, Francesco Nuti abbandona il gruppo, inizia la sua carriera solista che lo porterà a successo artistico. Pellicole come: Madonna che silenzio c’è stasera, Io Chiara e lo scuro, Son contento, mettono in luce tutto il suo talento espressivo ed emozionale. Nuti si aggiudica il David di Donatello e il Nastro d’argento, il suo sogno di ragazzo si è realizzato. Come ogni artista, ogni toscano, giunto un traguardo si pensa sempre a quello che c’è dopo, a ciò che si può fare per migliorarsi. Nuti passa dietro la telecamera e firma pellicole importanti, che ricevono gradimento di pubblico e critica. Tutta colpa del paradiso, Stregati, Caruso Pascoski, Donne con le gonne. Il cenciaiolo di Prato è ormai un artista completo. Si dedica alla musica, porta in gara a Sanremo del 1988, un brano scritto da lui, Sarà per te. Le note e le parole possono commuovere e anche far divertire, Francesco Nuti compone e canta: Puppe a pera, ancora una volta gioca con il nonsense, rifacendosi a l’irriverenza del gruppo dei Gufi. Si dedica, con buoni risultati, alla pittura, ha sempre amato le arti figurative, in fondo anche il cinema è un’arte figurativa.
Spesso nella nostra esistenza non ci rendiamo conto di correre più della nostra vita. Per Francesco Nuti arrivano gli insuccessi di film che non fanno più presa sul pubblico e la critica, Occhio Pinocchio decreta un flop al botteghino incassando quattro miliardi, contro i trentacinque spesi per la produzione. Quando arrivano certi momenti bisogna mantenere l’equilibrio per trattenere il fiato e ripartire. In quegli istanti cadono le maschere, il comico scanzonato diviene il depresso che non vede una via di uscita. Si entra in un circolo vizioso fatto di alcol, psicofarmaci e si perde completamente il controllo di sé. Non ti basta avere accanto una donna che ti ama, Annamaria Malipiero. Non si riesce a sopperire al vuoto che hai dentro guardando negli occhi tua figlia Ginevra. Nulla serve, e arrivi a toccare il fondo perché soffri di quella solitudine più difficile da vincere, quella si prova stando insieme alla gente che ti vuole bene.
Nel settembre del 2006, Francesco Nuti cade dalle scale della sua abitazione romana e si provoca un trauma cranico, resta in come per quattro mesi. Quel ragazzo con i ricci, l’aria scanzonata, che amava il teatro dell’assurdo, torna a casa, viene trasferito in un centro riabilitativo a Lido di Camaiore. Il percorso è lungo e difficile, ma quando hai dato tanto amore, hai donato l’arte, ricevi in cambio il giusto compenso. Sua figlia Ginevra diviene la sua tutrice legale, lo riporta a Roma, nella sua casa. Ginevra gli dedica: Sarà per te, i suoi amici, gli affetti, si stringono a lui, tutti insieme per far tornare quel sorriso dietro a un pianto, quel cielo stellato dopo il mare in tempesta, per dirgli grazie di tutto l’amore donato.