Anonimo istituto alberghiero G. Minuto di Carrara
Era la fine del 2019 quando, in Cina, scoppiò questo virus. Tutti iniziarono ad avere paura, compreso me, ma, per fortuna, non era ancora arrivato in Italia. Quando arrivò anche da noi, mi spaventai tanto. Avevo difficoltà a rinchiudermi in casa, senza nemmeno più andare a scuola, era una cosa spaventosa. Era anche l’anno in cui feci l’esame della terza media. Avrebbe potuto essere bellissimo farlo in presenza e invece non fu così. Però, ora, preferisco ripercorrere questa brutta esperienza dall’inizio.
Dopo che il virus arrivò in Italia, venne chiusa la scuola e noi non potevamo di certo non fare nulla. Fortunatamente, il mio comune di residenza, era già attrezzato con computer, tablet e cose simili, per cui attivò in fretta la cosiddetta “didattica a distanza” e ogni giorno ci collegavamo sulla piattaforma Meet per fare lezione. Ogni giorno, guardavo il telegiornale per informarmi meglio sul virus, ma non migliorava niente, perciò la mia paura salì. La cosa orribile, e non era l’unica, fu che da quel momento il nostro volto venne coperto dalla mascherina, un oggetto terribile a cui è stato difficile abituarsi, anche se, all’inizio, stando a casa 24 ore su 24, non la mettevo e quindi l’incubo di questo oggetto arrivò più tardi.
Eravamo tutti in quarantena, non si poteva uscire ma, per fortuna, avevo un fratello che non mi faceva annoiare. Ogni giorno facevamo giochi diversi, in casa e in giardino. Per fare la spesa era un incubo: mi ricordo quando i miei genitori facevano la spesa per dieci persone e arrivavano a casa con enormi quantità di farina. Sì, esatto, c’erano sacchi enormi di farina che trasformarono la mia casa in un panificio! Ogni giorno si sentiva solo profumo di pane, di pizza e di focaccia, a momenti diventavamo tutti dei panini!…Tant’è che oggi, se sento profumo di pane, mi ricordo ancora di quei momenti…
Altra cosa orribile fu quella di non poter stare con i nonni, perché ero abituato a vederli spesso, e quindi era brutto non passare del tempo insieme. Nonostante tutto, ho cercato di abituarmi alla situazione.
La cosa fondamentale che mi impediva di vedere i parenti erano i colori delle regioni: siccome abito in Liguria e i nonni in Toscana non potevamo oltrepassare le regioni e quindi sono stato obbligato a non vederli per molto tempo. Ho fatto fatica ad abituarmi a tutto, ma ce l’ho fatta. Poi è arrivata l’estate, e ho tirato proprio un respiro di sollievo, perché ci avevano dato una leggera libertà.
A settembre del 2020 entrai in prima superiore, per fortuna in presenza, ma feci solo due mesi e mezzo di scuola e poi entrammo di nuovo in lockdown. A dicembre ci fu il primo Natale rinchiuso in casa. Per me che adoro quella festività non è stato facile. Sono sempre stato abituato a festeggiarlo con tutti i parenti e invece restai da solo in casa con i miei genitori e mio fratello. Passato il Natale, ritornammo a scuola in presenza ma, a scaglioni, e così fino a giugno. Ebbi difficoltà a conoscere i miei nuovi compagni perché, a parte la visibilità delle loro facce, non avevo alcun contatto con loro dal vivo. Comunque con il sistema degli scaglioni, abbiamo avuto la possibilità di conoscerci meglio e di vederci e di passare molto più tempo insieme.
Alla metà del 2021 è arrivato il vaccino, la cura di questo virus, ma io ho dovuto aspettare molto per farlo. Era agosto quando ho fatto la prima dose e già lì ero molto più felice della situazione “pandemia”. Ho passato un’estate molto più serena e normale; poi, quando ho ricominciato la scuola, le misure per prevenire il virus hanno cominciato a diminuire. Oggi, quasi tutti nel mondo sono vaccinati e, forse, tra qualche mese si toglierà la mascherina. Questo mi tranquillizza sempre di più, facendomi sperare che presto ritornerò alla vita normale e che tutta la situazione passata rimarrà solo un ricordo.