Tornarono alla luce nel 2002, nel corso degli scavi realizzati per l’acquedotto industriale dall’allora partecipate del comune Amia, responsabile della fornitura di acqua e delle rete fognaria. Una ventina di blocchi di marmo, posti a profondità diverse comprese tra i tre e i sei metri, risalenti a epoche diverse e provenienti da aree diverse, furono ritrovati nella zona attualmente compresa tra via Covetta e via Marina, praticamente lungo il confine amministrativo tra la frazione di Avenza e quella di Marina di Carrrara. Là dove, fino a due secoli fa arrivava il mare. Alcuni dei blocchi sono sicuramente di epoca romana, come testimoniano le marche incise sulla pietra, altri confermano la palese provenienza da terre assai lontane, ma legate da rapporti di commercio con l’impero romano: ci sono, infatti blocchi di marmo giallo che, con ogni probabilità, arrivarono dalla Numidia, in Africa del Nord.
Il ritrovamento a profondità diverse farebbe pensare a differenti epoche in cui è avvenuto lo stoccaggio dei blocchi su quella che era la spiaggia da cui, i marmi, partivano sulle navi. Una spiaggia molto meno avanzata rispetto alla sua attuale conformazione, che arrivava a lambire l’allora ultima frazione abitata della città e che in svariate attestazioni ufficiali era indicata come Marina di Avenza. L’ipotesi più verosimile è quella formulata dallo storico locale Pietro Di Pierro che si fonda sulla presenza, sulla spiaggia di Avenza, di un grande deposito di blocchi in attesa di essere movimentati, deposito che poi si sposterà sempre più avanti, seguendo la conformazione del litorale fino a raggiungere l’attuale spiaggia di Marina di Carrara agli inizi del ‘900, quando gran parte della costa carrarese era adibita ad area di stoccaggio di blocchi grezzi e semilavorati. Molti dei blocchi appoggiati nel deposito finirono con l’essere abbandonati e poi, col tempo, sommersi dalla terra, per cui i pezzi più antichi si ritrovarono a profondità maggiori. Quelli più recenti risalgono ad epoca medievale e rinascimentale. E’ possibile che il porto romano di Luni, almeno in parte arrivasse fino ad Avenza: si tratterebbe dell’antico porto Cacho che si trovava allo sbocco della via Carriona Romana, il percorso d’eccellenza lungo il quale, per secoli, i blocchi di marmo, dalle cave giungevano al mare, in una zona che oggi si trova all’interno della tenuta di Villa Ceci a Marina. Purtroppo la scoperta dei blocchi non ha avuto gli accorgimenti adeguati a un ritrovamento di portata archeologica. Secondo le testimonianze di alcuni degli operai che materialmente fecero la scoperta, una parte dei blocchi sarebbe stata rinvenuta sopra a un fasciame in legno che potrebbe far pensare ai resti di una nave o di una zattera, ma nessun reperto in legno è stato conservato per cui non è possibile fare congetture sull’origine di quei blocchi. Un’altra parte di essi venne, invece, ritrovata esattamente in corrispondenza dello scalino, ancora oggi esistente tra l’antica spiaggia di Avenza e la sottostante piana di Marina, che si conformò in epoca più recente, il che, avvalorerebbe la tesi dell’estensione del porto di Luni fino alla Marina di Avenza.
I blocchi, dal giorno del ritrovamento sono custoditi nel deposito della partecipata che nel frattempo è confluita in Nausicaa, ma da quasi vent’anni sono in attesa di una più degna collocazione che potrebbe essere nell’area storica di Avenza, alla base della Torre di Castruccio o nel giardino circostante o anche nella adiacente piazza Finelli.