Anonimo istituto alberghiero G. Minuto di Carrara
Era la fine del 2019, quando si sentì parlare di un certo virus rilasciato da un laboratorio in Cina. Inizialmente, nessuno ci diede peso: pensavamo che fosse un semplice virus non dannoso. Quel “semplice virus” si rivelò letale e si diffuse a macchia d’olio in tutto il mondo, causando migliaia di morti.
Questa cosa mise con le spalle al muro tutto il mondo: paesi interi in lockdown, gravi crolli economici. E ai disastri materiali, si aggiunsero quelli mentali, per tutti, adolescenti e adulti. Essendo tutti obbligati a stare in casa, l’umore di molte persone scese, soprattutto quello degli adolescenti. Non avevamo la possibilità di relazionarci con gli amici, se non attraverso uno schermo.
Questo penso che ci abbia distrutto psicologicamente: stando chiusi in camera nostra finivamo costantemente in un limbo di pensieri. Usavamo come valvola di sfogo i social, scoprendo che in giro per il mondo c’erano molte persone che si sentivano nella stessa maniera. Molti non reggevano il fatto di ritrovarsi sommersi da una valanga di dubbi e hanno finito per fare cose inaccettabili come abuso di alcool, autolesionismo, pensando che quello che stavano facendo li potesse far star meglio.
Col tempo molti ne sono usciti, ma altri ancora no. Il primo maggio 2020 il governo ci diede la possibilità di uscire dal primo lockdown, e lì fu subito festa. Il mio umore salì leggermente, avendo possibilità di rivedere gli amici e poter uscire con loro. Anche se ci fu questo miglioramento, il mio stato mentale aveva subito un cambiamento, che ho capito solo con il passare del tempo e con il passare delle notti trascorse a pensare e a chiedermi il perché di tutto.
Perché dico questo? Prima del lockdown ero una persona che non dava peso a nulla, non si soffermava sulle piccole cose, non si prendeva dei momenti per pensare.
Con lo stare chiusa in casa questa situazione è cambiata e, con il passare dei mesi, il fatto di pensare tanto, se da un certo punto di vista è un bene, per altri non lo è affatto, perché si può finire col trarre conclusioni sbagliate.
Il lockdown mi ha fatto passare la voglia di studiare: arrivata al secondo anno di superiori, me ne fregavo di tutto e ciò mi ha portato alla bocciatura, cosa che, a parer mio, è stato una bene, sotto il punto di vista scolastico, ma un male sul piano famigliare, perché i miei genitori hanno cominciato a non avere più fiducia in me, a darmi contro ogni volta che sentivano la parola “scuola”.
Tutto questo ha abbassato di tanto la mia autostima, e mi ha portato a farmi paranoie del tipo “e se non fossi abbastanza?”. Mi sono creata un muro impossibile da buttare giù, tanto che non ho dato peso a questa cosa e ho creato, col tempo, punti di forza.
Detto questo, il virus non è svanito, c’è, e sta ancora causando molte complicazioni, anche se i morti sono decisamente inferiori rispetto a quelle dei primi tempi, grazie ai vaccini che, inizialmente, erano solo per gli over 50, ma che col tempo sono diventati disponibili per tutti.
La “guerra” contro questo virus non è ancora finita, per questo dobbiamo seguire le restrizioni, perché solo facendo questo possiamo sperare di uscirne.
Ciò significa niente più mascherine e distanziamento, quindi tornare alla vita che facevamo, anche se tornare alla normalità non è più possibile. Ci sarà sempre, per un bel po’ di tempo la paura e l’ansia di stare vicino a qualcuno, come si faceva una volta.
Spero però che succeda al più presto…