Non c’erano dubbi, era lei. L’impermeabile rosso lucido era il suo, così pure la borsa enorme, come tutte le sue borse, portata a tracolla e l’ombrello trasparente “per vedere le gocce di pioggia” che era, sì, calato sulle loro teste, ma che, in quanto trasparente, lasciava vedere perfettamente che si stavano baciando.
Quante volte aveva detto quella scemenza delle gocce di pioggia ad Andrea? Un miliardo. Più o meno quanti erano stati gli ombrelli persi e ricomprati, sempre tutti uguali: trasparenti, “per vedere le gocce di pioggia”, appunto.
Nella foto si vedeva la mano di Luca che le accarezzava la faccia, mentre le loro bocche si sfioravano. Sullo sfondo le auto che sfrecciavano e gli alberi dei giardini davanti casa di Luca.
Si erano sempre incontrati lì, mai in luoghi pubblici. In verità, mai nemmeno lì in strada, per non destare sospetti. Erika entrava e usciva sola, dal palazzo, quando Luca era in casa già da diverso tempo. La scusa era quella di recarsi nello studio di una dentista che si trovava nell’edificio accanto. Ad Andrea, suo marito, aveva detto di aver, finalmente, trovato una dottoressa che era riuscita a farle superare la paura per tutto ciò che riguardava i denti. Ci stava. Da bambina era rimasta traumatizzata dall’estrazione di un dente da latte, perché il dentista, inesperto, le aveva provocato un taglio alla gengiva. Non era stato nulla di grave, ma la bocca le si era riempita di sangue e quando lo aveva sputato nel lavandino, si era impressionata fino a perdere i sensi. Per anni non aveva più messo piede in uno studio dentistico e quando, costretta dal mal di denti, aveva dovuto farlo, aveva avuto attacchi di panico. Suo marito sapeva di questa sua fobia e quindi non si era insospettito per la sua decisione di attraversare tutta la città per farsi curare i denti.
Ma in quello studio dentistico Erika, in realtà, non aveva mai messo piede. Lo studio, infatti, trovava sullo stesso piano della casa di Luca, ma nell’edificio contiguo, che era stato collegato mediante alcuni scalini a quello in cui abitava Luca. Era una cosa frequente nelle abitazioni antiche, che alcuni appartamenti si estendessero nel palazzo accanto. Il risultato era che si poteva entrare da una parte e poi spostarsi nell’altra senza passare dal portone principale. Una soluzione comoda per le relazioni clandestine. Erika si era trovata spesso a pensare che una delle ragioni che avevano spinto Luca a comprare quell’appartamento, fosse stata proprio quel passaggio tra due palazzi che gli permetteva di garantire una facile copertura alle sue amanti. Ne aveva avute altre, prima di lei. Lei lo sapeva. Anzi, il fatto che scegliesse sempre donne sposate, un po’ la infastidiva. Lui diceva che era un caso e che lo intrigava di più una conquista non scontata, come una donna già impegnata, ma Erika sapeva bene che ad attrarlo principalmente era il fatto che con queste donne sarebbe stato più facile evitare una relazione seria. Almeno fino a quando aveva incontrato lei. Si vedevano da più di un anno: un record per lui, che al massimo aveva resistito quattro mesi prima di cambiare partner. Ma non era la durata della loro relazione che aveva fatto pensare ad Erika di essere la donna giusta per Luca. Nel tempo che avevano trascorso insieme lo aveva visto cambiare, diventare sempre più attento, sempre più geloso, sempre più desideroso di averla tutta per sé e anche sempre più stanco di sotterfugi e nascondigli. Luca le aveva detto che l’amava e che avrebbe voluto costruire qualcosa con lei e Erika aveva cominciato a valutare l’ipotesi di lasciare suo marito per andare a vivere con lui. Era successo poche settimane prima: “ Resta con me stanotte.” le aveva chiesto all’improvviso, mentre ancora erano abbracciati nel letto, dopo aver fatto l’amore. “Resta con me. Sempre.”. L’aveva detto tutto di seguito, quasi come fosse stata una frase sfuggita al controllo della sua mente. Erika lo aveva guardato negli occhi e lui era parso sorpreso di ciò che aveva appena detto, ma anche sollevato e timoroso per la sua risposta.
“Davvero mi vuoi?” gli aveva risposto Erika abbracciandolo e Luca aveva annuito prima di baciarla e lasciarsi travolgere di nuovo dalla passione, che solo con lei sembrava non esaurirsi mai. Più tardi, tuttavia, Erika si era rivestita ed era tornata a casa sua, anche se gli aveva promesso di dire al marito che intendeva lasciarlo. Richieste e promesse erano state ripetute diverse volte, ma Erika non riusciva mai a trovare il momento opportuno per parlare con Andrea. Quel giorno doveva essere quello definitivo, quello in cui avrebbe detto al marito che lo lasciava per un altro. Di solito Luca non la accompagnava alla fermata della metro, che si trovava proprio di fronte casa sua, e aspettava una mezz’ora prima di uscire, dopo che lei se ne era andata. Nessuno degli inquilini dei due palazzi, infatti, li aveva mai visti insieme. “Devo tornare al lavoro”. Le aveva detto Luca, dopo aver letto un messaggio nel telefono, mentre era ancora sdraiato con le gambe intrecciate a quelle di Erika. “Di già?” la voce di Erika era impastata di sonno e della passione appena consumata. Lui le aveva dato un bacio rapido sulla bocca e aveva cominciato a sciogliersi dal suo abbraccio, nonostante le proteste di Erika. Una volta fuori dal letto si era avvicinato alla finestra e aveva dato un’occhiata fuori. “Sta diluviando. Usciamo insieme. Con l’ombrello e il cappuccio alzato nessuno ci noterà”. Aveva detto Luca “E poi che importa, da stasera cambierà tutto, no?”
“Sì – aveva risposto Erika –. Stasera parlerò a Luca. Non so a che ora tornerà, ma lo aspetterò sveglia”.
Il pensiero del confronto col marito, come una molla, la fece alzare da letto. Passò nuda dietro Luca e si appoggiò per un attimo contro la sua schiena, per nascondere l’agitazione che aveva provato al pensiero di chiudere il suo matrimonio. Luca la bloccò con le braccia all’indietro e poi la lasciò andare in bagno a rivestirsi. Dalla porta del bagno, Erika notò che Luca era rimasto a fissare lo specchio con un’impressione incerta sul viso e si domandò se a turbarlo fosse solo la paura che lei non riuscisse a separarsi dal marito e non, invece, che avrebbe dovuto affrontare una relazione stabile con lei.
Il disegno è di Maya Lorenzi della IIIB del liceo artistico Artemisia Gentileschi di Carrara