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Diari Toscani

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“Lotto perché quel che è accaduto nella strage di Viareggio non si ripeta più”: incontro con Daniela Rombi

DiSelenia Erye

Mar 10, 2022

Emanuela Menichetti è una delle vittime della strage di Viareggio. Alle 23.48 del 29 giugno 2009, un treno merci, che trasportava materiale infiammabile, ebbe un piccolo deragliamento che causò il rovesciamento di quattro vagoni. Sul primo di questi c’era una cisterna di GPL che venne lacerata dall’impatto contro un elemento dell’infrastruttura ferroviaria: il materiale gassoso, più denso dell’aria, si accumulò al suolo e quando arrivò una piccola scintilla, espose con una deflagrazione devastante, che investì parte della stazione e del quartiere a ridosso di essa. In quell’immenso incendio persero la vita 32 persone. Tra queste c’era anche Emanuela, che aveva solo 21 anni. Una tragedia che sconvolse molte famiglie e che non ha ancora terminato il percorso in tribunale per l’attribuzione delle responsabilità. L’ultima udienza è stata il 7 marzo. L’associazione “Il mondo che vorrei”, a cui hanno aderito i famigliari delle vittime, continua a lottare sia per avere giustizia, sia per evitare che tragedie simili si ripetano. Selenia Erye ha preso “un caffè con” Daniela Rombi, madre di Emanuela Menichetti, per Diari Toscani.

Qual è lo scopo della vostra battaglia legale?

Io non voglio vendetta, ho solo bisogno di giustizia, desidero che quello che è successo a Viareggio quella maledetta notte del 29 giugno del 2009 non succeda mai più.

Daniela, che tipo di donna è diventata lei, oggi?

Io sono una mamma, una donna e una nonna, che, ad un certo punto del suo percorso, ha dovuto affrontare una grande tragedia che ha stravolto completamente la sua vita e quella delle persone a lei care. Adesso è veramente un’altra vita, io sono riuscita ad incanalare la mia disperazione e la rabbia in azioni concrete per ottenere giustizia, per volere un processo. Sto conducendo una battaglia con tutta l’associazione “Il mondo che vorrei” per la sicurezza nei binari per il transito delle merci pericolose. L’Italia continua ad essere a rischio e moltissime persone non lo sanno.

Quella notte come venne a sapere dell’accaduto?

Sono stata chiamata da mia figlia Emanuela e parlai direttamente con lei. Mi disse che c’era stato un incidente e che lei però non si era fatta nulla. Era una giovane ragazza piena di vita aveva da poco compiuto 21 anni. Da lì, poi, tutto cambiò. Il mattino dopo, quando parlai con il medico e mi spiegò la situazione. All’inizio non riuscivo a comprendere realmente cosa stava accadendo. Quando lo compresi il mio mondo si fermò in un’istante. In quel momento iniziò un calvario per Emanuela. Riuscivo a vederla un pochino la sera, potevo parlarle anche se era sedata, ma lei mi poteva sentire. Dopo un leggero miglioramento, purtroppo a causa di un batterio è morta di infezione, dopo 42 giorni di agonia.

Potrebbe raccontarci che ragazza era Emanuela?

Era una ragazza florida, l’immagine del sole, cantava sempre, ballava, era piena di vita e di gioia, non si faceva problemi, cercava di vivere tranquilla. La sua allegria era contagiosa, molto autoironica, riempiva tutti gli spazi con la sua voglia di vivere. Era una bimba con la quale avevamo un rapporto bellissimo. La vedevo diventare donna e capivo che stava tornando quello che le avevamo insegnato in casa. Mi sarebbe piaciuto osservare che tipo di donna sarebbe oggi.

Lei continua a lottare dopo molti anni, qual è il suo scopo?

Noi sentiamo che dobbiamo ancora lottare per lei per tutte le altre vittime ed anche per evitare che in futuro vi sia un’altra strage. Viareggio è un monito di quello che può ancora accadere. È necessario investire in sicurezza. Continuo a lottare e vorrei che si rendessero conto che noi, per tutti, siamo dei numeri e dobbiamo tutelarci. Non smetterò di parlare di questo caso, perché sento che non ne posso fare a meno. Quando il processo sarà finito e verranno prese le dovute precauzioni, potrò piangere per mia figlia. La nostra associazione “Il mondo che vorrei” resterà sempre vigile per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro. Non mi importa più che vadano in galera, ma vorrei che chi conta e può agire, leggesse questi dati. E ponesse rimedi tangibili, vorrei che si agisse per prevenire. L’inadempienza e la leggerezza dell’essere umano ha portato alla distruzione di molte vite. Vorrei che le regole venissero rispettate. Emanuela, si era appena affacciata alla vita ed aveva tutto il diritto di viverla.