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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Cronache dal Bugliolo: Morandi al Marconi

DiMichela Viti

Feb 13, 2022

Non ricordo l’anno preciso, ma deve essere stato verso la fine degli anni ’80, perché ricordo che mio figlio Nicola era piccino, quando Gianni Morandi venne a Carrara, per fare un concerto al Marconi, cioè al Politeama Verdi (Marconi era il nome con cui era ormai comunemente usato come cinema). Ora si deve sapere che per mia madre, me e mia sorella, e l’ordine è strettamente anagrafico, Gianni era una sorta di idolo assoluto. Per me e mia sorella, in effetti, lo è ancora. Avevamo tutti i suoi dischi: la signora Luconi, la titolare del più grande e famoso negozio di dischi di Carrara, gentilmente ce li teneva da parte perché, negli anni d’oro, andavano letteralmente a ruba. Avevamo visto tutti i suoi musicarelli, cioè gli antenati dei videoclip (una sorta di micro film interpretato dal cantante sulle note della sua canzone) che venivano proiettati nelle sale cinematografiche, una volta spostandoci “addirittura”fino a Massa. Quindi non potevamo perderci un suo concerto nella nostra città. Non fu facile procurarsi i biglietti, ma ci riuscimmo. Nei giorni precedenti l’evento fu tutto un discutere con la mamma: “Cosa mi metto? E te cosa ti metti?” e poi c’era da amanirsi (prepararsi), cioè andare a “farsi i capelli”. Il parrucchiere era Franco, che aveva il salone a Torano. Franco era ragazzo davvero strepitoso: andare da lui significava, non solo avere un ottimo risultato, ma anche divertirsi da morire, perché era tutto uno show tra lui e le clienti. Non si prendeva appuntamento, si andava e basta e magari ci si restava per ore, a seconda di quante signore erano in attesa. Noi, in più dovevamo trascinarci dietro l’incolpevole pargolo, mio figlio, che ne avrebbe volentieri fatto a meno. Ovviamente volevamo essere al massimo del nostro splendore, quasi come se Gianni fosse lì solo per noi, per cui scegliemmo il pomeriggio dello spettacolo per andare a farci bellissime. Per arrivare a Torano, occorreva prendere la corriera che “passava” in orari ben stabiliti. Essendo noi eterne ritardatarie, la corriera la vedemmo andare via. Una tragedia! E mò? (e ora?) Non potevamo certo presentarci a Gianni “sgrend’ne” (sgrendine, cioè in disordine). A un tratto, a me, venne l’ispirazione: piantai mamma e figlio in Via Apuana e corsi in Via Zibilina, dove Paolo Carusi aveva il suo laboratorio, precisamente nei locali che erano stati il Victor Jara. Paolo e i suoi ragazzi stavano lavorando. Io entrai come una “furia” e ordinai: “Presto! Mi servono un uomo e una macchina!” E lui, serafico: “P’r far cos?” (per far cosa?). Alla spiegazione si piegarono in due dalle risate, ma ottenni l’uomo e la macchina. Per il rientro era previsto un passaggio dal mio salvifico marito. Così, tutte belle, e convinte di esserlo, arrivammo al concerto che fu fantastico. Il Marconi era strapieno: un pubblico, più che altro, composto da donne di varie età, molto caloroso. Lui (cosa lo dico a fare? lo ha dimostrato anche in questo Sanremo) bravissimo e coinvolgente. Non so quanti bis concesse, ma ricordo bene che furono tanti. Alla fine, applaudendo, andai verso il palco e, giuro, la sensazione fu che guardasse proprio me – una rossa con i capelli fatti e una maglietta verde si nota, no? – Perché ho scritto “Marconi” anziché Politeama? Perché a Carrara piazza Matteotti è piazza Farini, piazza Gramsci è piazza D’Armi, piazza Battisti è For d’ porta, ed è più facile che ci si dica: “A s’ v’den al Marconi” piuttosto che: “Ci vediamo al Politeama”.