100 nomi diversi: praticamente uno per ogni località italiana in cui vengono prodotte, e si trovano dappertutto, e una sola ricetta (le variazioni regionali sono veramente di poco rilievo) che, sostanzialmente è ancora molto simile all’originale, le frictilia che i Romani facevano in occasione dei Saturnali a cavallo del primo secolo dopo Cristo.
Le Chiacchiere, o frappe, o cenci, o bugie, o crostoli, o galani, o qualsiasi altro nome con cui è conosciuta questa pasta dolce fritta e zuccherata, rischiano, davvero di essere la più antica ricetta della cucina italiana ancora in uso e, soprattutto, con moltissimi elementi in comune, oltre agli ingredienti. Le frictilia nacquero infatti come piatto goloso da concedersi solo in un’occasione speciale: il periodo delle feste in onore di Saturno, che, nel calendario dei Romani cadevano nel mese di dicembre e che avevano caratteristiche molto simili al carnevale nato in epoca successiva. I Saturnali celebravano la salita del dio Saturno- divinità che corrispondeva al greco Kronos, padre di Zeus –dalla profondità della terra, che era nel riposo invernale, per andare alla ricerca delle anime dei defunti insieme ad altre divinità ugualmente provenienti dagli Inferi. I riti sacrificali erano dunque rivolti a placare il corteo delle divinità che vagavano sulla terra e a propiziare i raccolti della futura stagione estiva. Il rovesciamento della posizione di Saturno dagli Inferi alla terra, veniva replicato con il ribaltamento dell’ordine sociale: i Saturnali unico periodo dell’anno in cui gli schiavi, per pochi giorni, potevano vivere da uomini liberi e i re e i padroni potevano essere messi alla berlina. Il popolo più basso poteva eleggere, tirando a sorte, il suo princeps, che durava in carica solo il tempo delle festività dedicate a Saturno, e che, in genere, metteva in ridicolo i difetti dei veri governanti, veniva vestito con abiti sgargianti e portava una maschera buffa sul volto. Era il periodo in cui tutto era concesso a cominciare dai peccati di gola: venivano organizzati grandi banchetti e ovunque, per le strade si trovavano piccole postazioni in cui si preparavano le frictilia, le si friggeva nello strutto di maiale e le si offriva ai passanti. Le persone, incontrandosi si scambiavano gli auguri e anche dei doni simbolici chiamati strenne, dal nome del bosco sacro alla dea Strenia, nel quale Tito Tazio, all’epoca della fondazione di Roma, aveva colto un ramoscello donandolo come buon auspicio per il nuovo anno.
Le frictilia, secondo la testimonianza di Marco Gavio Apicio, gastronomo dell’antichità a cui si devono le informazioni sulla cucina dei Romani, erano un impasto di farina di farro e uova, fritte nello strutto e poi cosparse di miele. Ovviamente i Romani non conoscevano ancora lo zucchero, tanto meno quello a velo che, nei secoli ha sostituito il miele, così come la farina di grano ha sostituito quella di farro e l’olio ha sostituito lo strutto, ma l’idea di base della ricetta è rimasta identica. Ed anche la sua rigorosa stagionalità. Da secoli, le Chiacchiere, sono un dolce che si fa solo nel periodo del Carnevale, non a caso la festa più simile ai Saturnali presente nel calendario contemporaneo. Alla ricetta base, oggi, sono state aggiunte varianti con il ripieno di marmellata o nutella, che non hanno, tuttavia mai soppiantato la versione originale della semplice pasta dolce fritta. Anche la forma varia di luogo in luogo: dal taglio a losanga a quello rettangolare, dalle piccole strisce che si arricciolano in frittura alle sfoglie larghe come lasagne. Unica costante le bolle che la pasta deve fare durante la cottura per garantire la buona riuscita della ricetta.
Ricetta delle Chiacchiere di Carnevale
Ingredienti
200 grammi di farina
20 grammi di zucchero
25 grammi di burro
1 uova e 1 tuorlo
20 grammi di Marsala o di vino bianco
Una presa di sale
Olio di semi di arachide
Zucchero a velo
Mescolare la farina con lo zucchero, la presa di sale e il burro e aggiungere le uova e il liquore. Creare un impasto ben amalgamato e poi stendere la pasta con il mattarello fino ad ottenere una sfoglia sottile. Tagliare la pasta nella forma più gradita e friggerla in abbondante olio di semi. Far asciugare il fritto su carta assorbente e poi cospargerlo di zucchero a velo.