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Diari Toscani

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Esploratori urbani tra le memorie della filanda di Forno

DiDiari Toscani

Dic 1, 2021

In estate, a Massa, i cittadini si dividono sostanzialmente in due gruppi: chi si rinfresca con un tuffo nell’acqua salata del mare e chi si rifugia lungo le sponde del fiume Frigido, nelle località di Guadine, Gronda, Renara e Forno.
Ed è in questi luoghi suggestivi, con le montagne alle spalle e i piedi immersi nell’acqua ghiacciata che ci si può imbattere in edifici che mai ti aspetteresti di trovare: la Filanda di Forno è uno di questi.
Superato il paese, ce la troviamo sulla destra, impossibile da non vedere.
È costituita da un complesso imponente, di cui una parte restaurata e adibita a museo e centro documentazione della Filanda e un’altra rimasta abbandonata.
L’opificio, prima opera del capitalismo industriale della provincia, è stato costruito alla fine dell”800.
I lavori iniziarono nel 1881, commissionati dal ligure Prospero Schiaffino, e continuarono fino al 1890 cambiando altre due proprietà, fino a diventare parte della Società Cotonificio Ligure.
L’edificio, creato dall’ingegnere Frimi “a gradini”, era suddiviso in quattro blocchi, con, a monte, un altro edificio distaccato con funzioni di magazzino e di convitto gestito da suore e aperto solo alle lavoratrici non residenti.
A poca distanza da questo, era stato innalzato un palazzo residenziale con 10 appartamenti per gli assistenti di fabbrica.
A Forno la popolazione crebbe, così come gli esercizi commerciali, e venne costruita una tramvia: fu inaugurata la linea Massa-Canevara e poi, quattro anni dopo, quella per Forno.

Il cotonificio, colpito dalla crisi economica e industriale della fine degli anni ’30 del ‘900 e penalizzato dalla chiusura della tramvia a vapore, diminuì progressivamente la produzione sino a cessarla all’inizio della Seconda guerra mondiale.
Dal 1942 al 1944 fu utilizzata come magazzino della marina militare e dopo incendiata dai tedeschi, ma solo nel 1950 le venne ridata vita utilizzando la turbina, rimasta praticamente intatta , per produrre energia elettrica.
Questa attività proseguì fino al 1970, dopodiché la Filanda fu abbandonata a se stessa, fino al 1983, anno in cui fu acquistata dal comune di Massa e poi, successivamente, restaurata (solo la parte della palazzina di facciata).
Il 23 marzo 2013, la parte restaurata è stata riaperta al pubblico.
Gli edifici retrostanti invece non furono mai finiti di restaurare e oggi si mostrano in stato decadente, avvinghiati dalle piante rampicanti: sono ruderi che rappresentano un’importantissima memoria storico- economica per Massa.

La nostra visita ci ha dato una visione sugli edifici senza dubbio suggestiva, quasi da set cinematografico, ma ha rivelato anche che, a parte la palazzina di facciata, questo luogo è pericoloso, soprattutto perché chiunque può accedere e le vecchie mura della Filanda sono instabili.
Inoltre presentano delle grandi aperture nel terreno che danno su grandi stanze sottostanti che mettono a rischio chiunque vi si rechi.
Crediamo che una struttura con questa importanza storica e chiaro esempio di archeologia industriale, meriti una nuova ristrutturazione, per diventare un museo a cielo aperto per gli abitanti di Massa-Carrara e anche per i turisti.

© Foto di Micol Giusti