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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Politically (s)correct: Francesco Mangiacapra, Don Euro, la chiesa e il vittimismo dei gay

DiVinicia Tesconi

Nov 18, 2021

Intelligente, colto, lucido, capace di guardare spietatamente in faccia la verità e di non aver paura a sostenere anche un ruolo scomodo, per la logica di molti benpensanti, in nome della coerenza con se stesso – caratteristica ancor più infrequente della capacità di essere coerenti con gli altri -: è Francesco Mangiacapra. Avvocato, scrittore, escort, è arrivato sulle cronache nazionali per aver denunciato la vicenda di Don Luca Morini, noto come Don Euro, ormai ex prete della diocesi di Massa Carrara e Pontremoli, che per anni aveva usato i soldi della chiesa per condurre una doppia vita di lussi, vizi e lussuria, millantando conoscenze vip, professioni, potere e ricchezze smisurati e soprattutto promettendo ai ragazzi delle chat di incontri con cui interagiva, la possibilità di carriere e di lavoro al di fuori della prostituzione. In quello che è risultato, dall’inchiesta aperta dai carabinieri, essere un comportamento abituale dell’ex-prete, per un periodo di diversi anni, Mangiacapra è stato la scheggia impazzita, non vista e non prevista che è andata a conficcarsi dolorosamente nel fianco dell’ex prelato. Non aveva calcolato, Don Euro, che uno degli escort che ingaggiava per i suoi viaggi, potesse scoprire tutti i suoi segreti, ma la considerazione che lo stesso Morini aveva dell’intelligenza dei ragazzi che ingaggiava dai siti di escort gay, non doveva essere particolarmente elevata, visto che non si faceva scrupolo di contattarli direttamente dal numero fisso della parrocchia in cui era prete. E proprio con una semplice ricerca su quel numero di telefono, Francesco Mangiacapra ha scoperto la verità e non ha esitato a renderla pubblica. Servizi de “Le Iene” su Italia 1, articoli su tutte le testate nazionali e locali, servizi e ospitate in diverse trasmissioni televisive: la storia del prete che si appropriava dei soldi dei fedeli per andare a divertirsi con gli escort, ha tenuto banco per anni, dal 2016, su tutti i media e Francesco Mangiacapra ne è stato il simbolo. Nel frattempo, ha scritto due libri, messo insieme un poderoso e inquietante dossier sui comportamenti moralmente discutibili dei preti nel sud d’Italia, partecipato a incontri, convegni e presentazioni portando le sue scelte e le sue posizioni con la determinazione e il coraggio di chi non nasconde la verità, prima di tutto, a se stesso. Grazie alle sue rivelazioni è partita un’indagine dei carabinieri che ha portato alla sbarra Morini. Nell’udienza del 10 novembre, nella quale è stata accolta la perizia di semi-infermità mentale per Luca Morini, sono state anche annunciate le arringhe finali del processo per la metà del mese di dicembre per cui, con ogni probabilità, si avrà una sentenza prima di Natale. Diari Toscani, su questo e molto altro, ha sentito Francesco Mangiacapra.

La vicenda di Don Euro sembra volgere alla fine: qual è il suo bilancio personale?

Sono giunto alla conclusione che i fedeli si ritrovano esattamente la chiesa che meritano: ipocrita come loro stessi. Nessuna vittima ha denunciato, per un senso di apatica omertà.

Qual è l’esito che si aspetta dal processo?

Mi piacerebbe che ci fosse una sentenza esemplare, ma mancano le basi giuridiche proprio perché molti capi di imputazione sono caduti a causa di chi non ha voluto denunciare. Certamente ci sarà una condanna, tenue, ma dobbiamo prendercela con chi non ha denunciato, non con la macchina della giustizia.

A lei si deve l’emersione di questa bruttissima storia. Cosa la spinse a scegliere la non facile e non usuale via della denuncia?

Nessun sentimento anticlericale e nessuna smania di fama. Don Euro aveva vilipeso la mia dignità e sfidato la mia intelligenza. Non potevo restare in silenzio.

La popolarità che le è derivata dalla storia di Don Euro l’ha più danneggiata o avvantaggiata?

Personalmente da questa vicenda ci ho perso tempo, denaro e sono stato oggetto di una sovraesposizione mediatica che mi ha soltanto danneggiato, dato che sono diventato famoso per aver scopato con i preti, non per aver vinto il Nobel per la pace, ma, conoscendomi, se tornassi indietro rifarei tutto.

Quanto l’uso dei social e di internet ha favorito e incentivato la corruzione della chiesa e, in generale, quella della società?

Credo che la connessione globale di internet non abbia incentivato nulla, ma si sia limitata ad evidenziare ciò che in passato esisteva e restava sommerso, e questo è un bene. L’omosessualità, la prostituzione, la promiscuità nascono con l’uomo, non con l’avvento di internet.

Dove sta, secondo lei il confine tra giusto e sbagliato, nei comportamenti inerenti alla sfera sessuale?

Io sono da sempre un fautore dell’autodeterminazione sessuale, ma sono contrario al gender nelle scuole, perché c’è tempo e tempo per decidere chi si è e ciò che si vuole fare. Mi batto per il diritto di scopare con chiunque, purché consenziente e purché lo si faccia con il preservativo. A proposito, lo sa che uno dei ragazzi di Don Euro era sieropositivo?

Questo forse sarebbe stato meglio lo avesse saputo Don Euro. Quello della sieropositività in relazione ai comportamenti sessuali è un argomento ancora molto spinoso. Lei, al riguardo, da anni, sui social, porta avanti una battaglia importante a favore dell’uso del preservativo…

Nonostante i soloni dell’associazionismo LGBT tentino di imporre a fuoco e fiamme il pericoloso slogan “tanto ormai non si muore più di AIDS“, in realtà di Aids si muore, eccome! Qualcosa sta sfuggendo di mano a molte associazioni che, con il pretesto di combattere le discriminazioni verso le persone sieropositive, di fatto stanno innescando una promozione alla diffusione e al culto del sesso senza preservativo e della “dolce vita sieropositiva”. Il mantra spesso ripetuto nelle loro campagne ottiene, sempre più, l’effetto di distrarre le nuove generazioni dall’utilizzo del preservativo come mezzo di contrasto al contagio. Siamo arrivati – a causa di quella che io definisco “sieropropaganda” innescata dalle associazioni LGBT – a concepire l’idea di contrarre l’HIV, non più come un grave rischio per la nostra esistenza, ma come una libera scelta, grazie a soggetti che promuovono l’idea che fare sesso senza preservativo costituisca una libertà e non già un atto socialmente pericoloso per se stessi e per la collettività. Accade così che soggetti mentalmente deviati, prima si beccano l’HIV perché non utilizzano il preservativo e dopo sciorinano sul web attitudini e toni da infettivologi, sociologi, sofisti, attivisti e tuttologi pur di divulgare la libertà di fare sesso senza precauzioni. Come se non bastasse, diventano buddisti, vegani, omeopati, erbivendoli e, naturalmente, iniziano a praticare lo yoga.

Come le è venuto il temine “sieropropaganda”?

La lobby gay ha inventato il termine sierofobia per indicare la fobia di chi è sieropositivo e quindi chi discrimina chi ha l’HIV, come se avere paura di prendere l’Aids fosse una cosa esecrabile. Una cosa è avere paura dell’HIV e un’altra cosa è stigmatizzare le persone sieropositive. Fregarsene della paura rischiando di prendere l’HIV, mi sembra una deriva esagerata. Loro hanno inventato il termine, per me assai bizzarro, di sierofobia. Oggi, del resto, c’è una fobia per ogni cosa: ogni minima avversione o anche solo piccolissima disattenzione rispetto a qualche priorità di qualcuno subito fa scattare lo sviluppo del concetto di fobia. Per rispondere alla sierofobia, io ho coniato il termine di sieropropaganda.

Lei è spesso in aperto contrasto con le linee del mondo LGBT. Quali sono i limiti più grandi della comunità omosessuale secondo lei?

Nella sua mania di “normalizzazione”, la lobby gay diventa molto più moralista e bacchettona delle persone normali. Personalmente, per esempio, sono stato discriminato esclusivamente da omosessuali, mai da persone eterosessuali, perché il mio modello di vita non era conforme all’immagine della famiglia arcobaleno, che la lobby LGBT vuole normalizzare. Il problema è che non rappresento l’omosessuale da Mulino Bianco, ma sono un libertino. Il mondo omosessuale trabocca di vittimismo: con la legge Zan, che per fortuna non è passata, i gay volevano diventare vittime di serie A. Oggi vanno a perdere tempo in piazza, per una legge che non sarà più approvata, perché mancano i tempi tecnici. Una legge che la stessa sinistra ha affossato, visto che, con il gender nelle scuole, pretendeva che si spiegasse ai ragazzini delle elementari che un uomo può fare sesso con un altro uomo.

Nel suo primo libro: “Il numero uno”, lei ha tracciato un efficace ritratto del mondo della prostituzione maschile e soprattutto ha evidenziato i livelli altissimi di “domanda” che sorreggono questo “mercato”. Può essere letto come indicatore di una gravissima crisi nell’instaurare relazioni sociali dell’attuale società o vi sono altre chiavi interpretative?

Io credo che adulterio e prostituzione esistano da sempre. Oggi se ne parla di più perché in una società più aperta e meno giudicante, iniziano a perdere le sembianze di disvalori. Si tratta veramente di progresso? A volte mi sembra che a furia di diventare inclusivi tra poco si inizierà a considerare anche la pedofilia come orientamento sessuale.

La sua ultima fatica letteraria, in uscita in questi giorni, “Il golpe del politicamente corretto” è edita da L’Isola di Patmos Edizioni, che è una casa editrice della chiesa e ha una prefazione scritta da padre Ariel S. Levi di Gualdo, che è anche il direttore responsabile della rivista di teologia omonima della casa editrice. Ha fatto pace con la chiesa?

Non sono mai stato anticlericale, al contrario, con le mie denunce, ho sempre inteso individuare le mele marce, proprio per separarle da quelle integre, che sono la maggioranza. Purtroppo, però, i vertici della chiesa hanno sottovalutato l’entità delle mie denunce, le hanno ignorate, non hanno preso provvedimenti in tempo, e hanno fatto scattare il caso mediatico. Padre Ariel ha sempre affermato che la chiesa dovrebbe ringraziarmi.

Lei ha indagato da vicino, grazie anche alla storia di Don Euro, l’abisso non totalmente sondato della corruzione all’interno della chiesa e ne ha parlato anche in alcuni suoi libri. Perché, secondo lei, nel 2021 c’è ancora così tanta omertà e l’indicazione generale è ancora quella di tacere i comportamenti scorretti dei religiosi?

Perché la chiesa è anche uno stato, e i suoi vertici sono dei politici: i cardinali godono del passaporto diplomatico. Il Vaticano è l’ultima monarchia assoluta esistente nella storia. Nonostante l’utilità sociale di tanti parroci di provincia, purtroppo, più si sale ai vertici, più ci si allontana dalla spiritualità in quanto si è costretti a dipendere dall’idea di mantenere il potere temporale. Fino a qualche lustro fa la chiesa puntava a influenzare la politica e la società, oggi punta solo a sopravvivere. Possiamo dire che attualmente la morale cattolica non ha più davvero alcun peso sociale né politico: basta accendere la Tv per capirlo. Diversamente, non avrei avuto occasione di fare le mie denunce e stare qui a parlarne con lei. Se ci fossero stati i musulmani, io che fine avrei fatto? In un paese musulmano sarei già a penzolare a testa in giù. Proprio per questo non mi definisco anticlericale, perché è grazie alle radici cristiane dell’occidente se oggi possiamo beneficiare di una libertà che altrove ci invidiano. Sono agnostico, però mi ritengo orgogliosamente cristiano, perché il cristianesimo è il fondamento della nostra civiltà, una religione di pace che ha portato in Europa il progresso civile.

La sua linea, dalla denuncia della storia di Don Euro al suo ultimo libro, è rimasta sempre quella della scelta di posizioni scomode e inconfessabili. Quanto coraggio e quanta fatica richiedono e in che modo hanno inciso sulla sua vita privata?

Non si può sempre seguire la corrente arrivando a diventare omertosi! Per questo ho sempre denunciato tutto pubblicamente non con l’intento di farmi pubblicità, ma per mera coerenza, che è quella che da sempre mi contraddistingue, soprattutto perché convivo con l’idea di non dovermi nascondere, né vergognare di nulla, perché ciascuno è libero di fare le scelte più congrue alle proprie aspettative. Quelli veramente forti, sono quelli veramente liberi. Quelli che hanno bisogno, non dell’amore, non dei soldi, non della fede, ma soltanto di sentirsi autentici, veri, moralmente un gradino al di sopra dei traditori della verità.

Cosa farà dopo il verdetto?

Attenderò il ricorso in appello che sicuramente gli avvocati di Don Euro faranno, nell’intento di ridurgli la pena, pagati da non si sa chi, forse da chi ancora oggi gli paga l’affitto. Dubito che Don Euro vedrà mai un giorno di galera, ma mi accontenterei almeno di sapere che non rimetterà le mani sul suo tesoretto accumulato ritirando gioielli da persone malate di cancro e facendo la questua agli imprenditori del marmo per comprare caviale.

© Foto per gentile concessione di Francesco Mangiacapra.