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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Antipasto, merenda, cena, un cibo per ogni occasione: gli sgabei

DiVinicia Tesconi

Nov 6, 2021

L’origine, come spesso accade per le ricette più gustose, è umile: gli sgabei nacquero come soluzione per non sprecare gli avanzi dell’impasto per fare il pane. Nella valle del Magra e in terra apuana alla pasta del pane avanzata si aggiungeva della farina di mais, si tagliava a rettangoli e la si friggeva. Le donne, poi, aprivano gli sgabei e li riempivano di salumi nostrali e li davano ai mariti come pranzo da portarsi nelle lunghe giornate di lavoro nei campi. La ricetta, sostanzialmente, è rimasta immutata nel tempo: gli sgabei sono ancora oggi pasta fritta. La nobilitazione del piatto è determinata solo da ciò con cui li si accompagna, ma la base, croccante e saporita, resta quella. Il loro successo, specialmente nella zona intorno alla Val di Magra, tra Liguria e Toscana, è stato tale da avere degli interi ristoranti dedicati alle molte combinazioni con cui si possono servire gli sgabei. L’origine e gli ingredienti, dunque, sono poveri e antichi: farina acqua, lievito, sale e olio di oliva. La storia della ricetta non ha riferimenti precisi, ma, almeno basandosi sull’insolito e anche un po’ cacofonico nome – sgabei –, si intuisce una pratica assai antica. Il termine sgabeo, infatti, sembrerebbe derivare dal termine latino scabellum, dal quale discende poi l’italiano sgabello, che indicava una sorta di strumento musicale che si azionava coi piedi. In pratica lo scabellum era costituito da due tavole di legno sagomate secondo la forma del piede all’interno delle quali erano fissati due piccoli piatti di metallo. Le due tavolette erano unite con del cuoio all’estremità corrispondente al tallone e si fissavano al piede con due lacci molto simili alla tomaia di un infradito. Sollevando e abbassando la punta del piede si produceva un suono ritmato. L’evoluzione del termine ad indicare un piccolo rialzo senza sponde su cui appoggiare i piedi ha portato all’accezione italiana di “sgabello”. Che c’entrano dei sandali vibranti o dei poggiapiedi con la pasta fritta? Probabilmente la traslazione del termine in quello culinario è avvenuta a causa della forma: gli sgabei, che si tagliano a strisce e si gonfiano durante la frittura, assomigliano a un antico scabellum e, volendo, anche alla parte morbida di un poggiapiedi. Sembrano dei morbidi e croccanti cuscini di pasta che si aprono, come gli scabella, non per suonare, ma per essere farciti.

Che la ricetta sia molto antica lo testimonierebbe anche il fatto che la si ritrova in diverse parti d’Italia, ovviamente con nomi diversi: morseleti a La Spezia, panzanelle a Massa, in Versilia e in Garfagnana, gnocco fritto a Reggio Emilia e Modena, pasta fritta a Lucca, crescentina fritta a Bologna, sgabei, appunto, in Lunigiana e a Carrara. L’origine popolare li ha resi da anni un prodotto tipico delle sagre di paese ma da tempo, ormai, si trovano anche alla voce antipasti, sui menu dei locali più prestigiosi. Ridotti a misura di finger food o grandi come panini, stretti e lunghi o a losanga, sottili o più corposi: la forma degli sgabei offre ampio spazio alla creatività e ancor di più alla culinaria. Si possono farcire con ogni genere di salume, con i formaggi a partire dallo stracchino, ma si abbinano anche ai pomodori ciliegini, alla giardiniera di verdura e alle olive. Un must delle merende estive negli stabilimenti balneari della costa carrarese sono gli sgabei con la nutella, ma, in versione dolce, nei ristoranti, qualcuno li serve anche con la crema. Vanno bene con tutto e stanno bene anche da soli, appena spolverati di sale fino.

Ingredienti:

500 grammi di farina bianca
25 grammi di lievito di birra
250 centilitri di acqua tiepida
sale q.b.
olio extra vergine d’oliva per la cottura

Preparazione:

Sciogliere il lievito di birra nell’acqua tepida, porre la farina sulla spianatoia e fare un incavo al centro. Versare l’acqua e un poco di sale e lavorare bene il tutto in modo da avere un impasto morbido ed omogeneo. Lasciare lievitare un paio d’ore coperto da un telo. Stendere quindi con un mattarello una sfoglia sottile e tagliarla a pezzi lunghi circa 15 cm. e larghi 3/4. Fare riposare la pasta così preparata per altri 20 minuti circa e quindi friggerli in una padella grande, con molto olio extra vergine d’oliva caldo ma non bollente. Far dorare da ambo le parti, scolarli su carta assorbente per fritture e cospargeteli di sale.

© Foto di Vinicia Tesconi