I più autorevoli siti di cucina la indicano come specialità di Massa-Carrara, un po’ perché, spesso, ignorano che Massa-Carrara non è una città unica, un po’, probabilmente, perché cercano di evitare di scatenare fiumi di polemiche sull’eventuale attribuzione a una delle due principali anime della provincia apuana, ma anche volendo osare e provando a scegliere l’origine massese o quella carrarina, non andrebbe ugualmente molto meglio, dal momento che la torta di riso, la regina apuana delle torte, viene costantemente rivendicata da varie frazioni delle due città, ognuna assolutamente certa di essere la custode della migliore versione possibile della ricetta.
Nella zuffa a suon di uova – 18: no, troppe! 12… ancora troppe! otto: troppo poche! – e a etti di riso – una soletta, quasi pro forma. No! Due dita di riso, perché si deve sentire al palato! – massesi e carrarini concordano solo sull’esistenza di un ingrediente segreto, quello che libri e siti di ricette indicano genericamente come miscela di liquori, e sul fatto che, siccome è segreto non te lo riveleranno mai. Se provi a citare i superalcolici più comunemente usati in pasticceria inorridiscono ad ogni voce: Alchermes, Sambuca, Strega, Sassolino, rum, anice, cognac, ma uno di questi o una sapiente mistura di tutti quanti, dentro la torta ce li mettono tutti. A Massa c’è anche il tocco in più di una caramella alla menta messa al centro della teglia su cui si rovescia l’impasto, mentre a Carrara saltano sulle sedie a sentir parlare di “mentine”. Sono state fatti gare, confronti, servizi televisivi su reti nazionali, profusioni di articoli, ma nessuno è disposto a concedere ad altri la paternità e l’eccellenza della torta di riso.
La torta di riso è semplice per la varietà di ingredienti, ma ricchissima per la loro quantità. L’elemento base sono le uova, che devono davvero essere tante. Minimo otto, ma per una torta piccolina. Qualcuno arriva tranquillamente alle 18, quindi, ogni fetta è una bomba energetica, caricata anche dallo zucchero e dal latte. Proprio per il gran numero di uova, si ritiene che la torta sia nata come torta pasquale, sia per il valore simbolico dell’uovo, sia perché la primavera era la stagione più prolifica per le galline ed era più facile disporre del numero sufficiente di uova.
Una delle celebrazioni più importanti legata d’obbligo alla torta di riso, non a caso, è la festa di San Marco, patrono di Avenza, frazione di Carrara, che cade il 25 aprile, cioè vicino alla Pasqua. La corrispettiva festa massese, la festa di San Vitale, patrono del Mirteto, cade il 28 aprile ed è diventata la sagra della torta di riso. Per ribadire la supremazia della ricetta massese, proprio gli ingredienti della torta di riso del Mirteto sono stati codificati come ricetta canonica della Torta di Riso Massese da parte della Confraternita Candia, che dal 1975 si dedica alla tutela e alla promozione della cucina popolare massese, ma l’aroma inconfondibile inonda storicamente anche il paese di Gragnana, nel comune di Carrara, il 29 settembre, giorno della festa di San Michele Arcangelo, a cui è dedicata la chiesa parrocchiale del paese.
Le occasioni per fare la torta di riso, oggi, sono molte, mentre nella prima metà del ‘900 la sua produzione era un evento già in sé. I forni elettrici non esistevano, per cui ci si rivolgeva al panettiere che vendeva, oltre al pane, anche la cottura di torte e impasti fatti in casa. Ogni donna preparava la sua torta in casa, dopo essere andata dal droghiere più vicino a farsi riempire una tazza, che fungeva da misurino, con il liquore o i liquori che intendeva aggiungere all’impasto. Per cuocerla veniva messa in teglie di allumino su cui spesso era inciso un segno o il nome per riconoscerla dalle altre portate al forno per la cottura. Visto che era una torta che si faceva solo in occasioni speciali, capitava che i forni esplodessero di torte di riso, per la gioia dei bambini che accompagnavano le madri e giocavano fuori dai forni in attesa che uscisse la propria torta fumante, mentre l’aria era pervasa dal classico profumo dolce e vagamente agrumato.
Oggi la torta di riso è diventata una torta quasi quotidiana: ci sono forni o gastronomie in tutta la provincia di Massa-Carrara, che la preparano ogni giorno, anche in monoporzioni, se pur, sempre, rigorosamente, in contenitori di alluminio. La rivalità tra le varie zone è sempre accesa anche se, di recente, un punto fermo è stato messo dal presidente dell’Accademia italiana della cucina, Paolo Petroni, che ha dichiarato in un’intervista, l’assoluta paternità carrarina. Carrarina o massese, in ogni caso, la torta di riso resta la più amata torta delle terre del marmo e una delle poche tradizioni che continua a passare immutata di generazione in generazione.
La ricetta carrarina prevede:
200 gr di riso
8 uova
300 gr di zucchero
1 litro di latte
La scorza grattugiata di mezzo limone
1 cucchiaio di zucchero vanigliato
1 bicchierino di liquore dolce
1 pizzico di sale
Il numero di uova può cambiare come quello della quantità di riso. Il procedimento invece è fisso: il riso va bollito in acqua leggermente salata e poi va scolato e asciugato con un canovaccio e lasciato raffreddare. Le uova intere vanno sbattute con lo zucchero, la scorza di limone, il liquore e da ultimo il latte. L’operazione va svolta non troppo energicamente, badando a incamerare più aria possibile per favorire la formazione delle bolle scure che caratterizzano la superficie della torta a cottura ultimata. Prima di mettere l’impasto nella teglia imburrata, si aggiunge il riso che, in cottura si depositerà sul fondo creando la base della torta. La cottura deve essere molto lunga e a temperatura non troppo elevata: due ore e mezzo a 170 gradi.
© Foto di Vinicia Tesconi