Da che mondo è mondo, cioè fin dai tempi in cui Berta filava, ma anche prima, l’umanità ha sempre sentito la necessità di comunicare: il tam-tam, i segnali di fumo, i segnali ottici, i più disparati servizi postali e financo il telegrafo, hanno espletato questa funzione, ma con un difetto: erano unidirezionali. Per meglio dire: ad una domanda inviata con questi sistemi potevano passare minuti, nel caso del telegrafo ore, giorni o mesi, prima di avere una risposta.
Poi un giorno Antonio Santi Giuseppe, il Meucci per intenderci, un geniaccio fiorentino, ribelle e carbonaro, stabilitosi a Staten Island, dove mise su una fabbrica di candele alla quale collaborò per alcuni mesi anche Giuseppe Garibaldi, non ti va ad inventare il “telettrofono”, più tardi conosciuto come il telefono?
Il gioco era fatto! Da quel momento gli esseri umani possessori di un impianto telefonico avrebbero potuto comunicare a distanza, come se si fossero trovati a chiacchierare amabilmente nello stesso salotto.Non starò qui ora a tediare il lettore con i vari sviluppi della telefonia, ma, con l’avvento di questo sistema di comunicazione bidirezionale, sorse subito un problema: come poteva comunicare il possessore di telefono con una persona non dotata di tale impianto e viceversa?
La soluzione fu il PTP (posto telefonico pubblico) che dava la possibilità, tramite operatore, di chiamare un abbonato in qualsiasi parte del mondo, oppure di avvisare i non possessori di telefono che c’era una chiamata per in arrivo. Era nata la Telefonia Pubblica che prese sempre più campo man mano che gli abbonati aumentavano. Ai PTP si aggiunsero i TSP (telefoni semi pubblici) installati nei locali più frequentati, ristoranti e bar, muniti di apparecchio e di teletax (dispositivo di tassazione a distanza) in quanto le telefonate non erano certo gratuite, ma si dovevano pagare con tariffe a tempo a seconda che fossero urbane o interurbane, cioè più distanti dal chiamante. Era, però, sempre necessaria la presenza di un “gestore” che si faceva carico di riscuotere il dovuto, riversandolo poi alle compagnie telefoniche previo aggio del 10 per cento.
Nacquero poi i primi telefoni automatici U (urbani) con i quali, tramite introduzione di un gettone telefonico prepagato, si potevano effettuare telefonate urbane, cioè nell’ambito del proprio comune.
Il 31 ottobre del 1970 il nostro paese, grazie allo sforzo tecnologico della SIP e terzo paese in Europa dopo Germania ed Olanda, fu dotato della teleselezione, con la quale si poteva chiamare automaticamente, previo apposito prefisso, qualsiasi abbonato attivo di qualunque distretto su tutto il territorio nazionale, senza dover ricorrere all’ausilio di un operatore.Nacquero così i telefoni U+I (urbano ed interurbano) tramite i quali era possibile mettersi in comunicazione dappertutto, a patto di avere con sé delle saccocciate di gettoni.
Il telefono U+I si trasformò ben presto i G+M (gettone moneta) che accettava, appunto, anche monete di vario conio e non dava resto. Nel frattempo furono installate le prime cabine e cupole telefoniche che, ben presto, fiorirono in ogni angolo del paese, i cui apparecchi Rotor vennero successivamente equipaggiati con lettori automatici di “Schede telefoniche prepagate”.
Si trattava di piccole schede prepagate dalle dimensioni di una normale carta di debito, che contenevano su di una banda magnetica l’equivalente di scatti prepagati pari a 5.000 o 10.000 lire.
In verità le prime schede erano abbastanza brutte ed anonime, ma presto fu ben chiaro che, trattandosi di un mezzo che passava di mano a milioni di persone, poteva essere sfruttato a fini pubblicitari. All’inizio la SIP cominciò a pubblicizzare i suoi servizi, tipo le pagine gialle. Successivamente la pubblicità s’impossessò del mezzo e nacquero le schede che pubblicizzavano prodotti, avvenimenti sportivi, peculiarità ambientali e qualsiasi altra cosa ma tutte con una grafica di standard elevatissimi.
A questo punto il mondo del collezionismo impazzì letteralmente e ben presto alcune schede arrivarono ad essere valutate cifre da capogiro; non era cosa rara vedere rispettabilissimi signori che la sera andavano a razzolare nei cestini dei rifiuti posti nelle vicinanze dei telefoni delle stazioni ferroviarie nella speranza di trovare la scheda rara.La SIP stessa, divenuta nel 1994 Telecom Italia, istituì un apposito servizio con il compito di emettere schede a tiratura limitata da immettere sul mercato per la gioia dei collezionisti.
In quanto addetto ai servizi di Telefonia Pubblica di una regione provvidi anch’io a far emettere diverse serie di schede che ottennero un innegabile successo, tanto da essere esaurite dopo pochi giorni dalla loro emissione: le schede dei mercatini di Natale e quella dedicata alle Dolomiti furono indubbiamente fra le più apprezzate.
Chiamato in Bolivia per lo start up della telefonia pubblica, fino ad allora praticamente inesistente, potei assistere alla prima emissione delle schede prepagate di quella nazione. Poi, con l’avvento della telefonia mobile, la gente cominciò ad utilizzare sempre meno i telefoni pubblici che pian piano, ma inesorabilmente, cominciarono a sparire dalla circolazione, tant’è che, oggi, le belle rosse cabine stradali sono ormai un pallido ricordo. In quegli anni, facilitato dalla mia mansione lavorativa, accumulai anch’io decine e decine di schede, le più belle esteticamente, non certamente a scopo di lucro, ma solo per il piacere di possederle. Oggi, a tanti anni di distanza, ogni tanto me le vado a rivedere, solo per rivivere i momenti più belli legati a quel periodo meraviglioso della mia vita di lavoro.