Ci risiamo: così come ogni anno arriva una variante di influenza, che però sempre influenza è, ogni tanto saltano fuori personaggi che con pochi documenti e, per altro, abbastanza dubbi, si inventano nuove prove per sostenere che Cristoforo Colombo non era genovese. È di qualche giorno infatti la notizia che, secondo gli studi di tale Francesco Albadaner, corroborati dalle analisi sul DNA effettuate da José Antonio Llorente, un professore di medicina legale dell’Università di Granada, Colombo non fosse genovese, ma spagnolo ed ebreo sefardita, nato da qualche parte lungo la costa di Valencia, della Catalogna o delle Baleari. Queste le loro dichiarazioni in merito, come assunte dal documentario “Colon ADN. Su verdadero origen”andato in onda sulla televisione spagnola RTVE il 12 ottobre: ”Abbiamo il Dna di Cristoforo Colombo, molto parziale, ma sufficiente e nel Dna di Hernando Colon, suo figlio sia nel cromosoma Y che nel DNA mitocondriale ci sono tratti compatibili con l’origine ebraica” e ancora “Il Dna indica che l’origine di Cristoforo Colombo risiede nel Mediterraneo occidentale. Se non c’erano ebrei a Genova nel XV secolo, la probabilità che fosse originario di lì è minima. Non c’era nemmeno una grande presenza ebraica nel resto della penisola italiana, il che rende le cose molto incerte”. A supporto di questa tesi, per altro nemmeno nuova perchè già esposta nel 1927 dall’esploratore peruviano Luis Ulloa, ci sarebbero anche il fatto che il navigatore si firmasse sempre Cristobal Colon e non Cristoforo Colombo, e che, sebbene scrivesse in lingua castigliana, alcuni errori dimostrano che parlasse il catalano e infine che ci fossero alcune particolarità, sia nella grafia, sia nella sua firma. Si sarebbe finto genovese e cristiano solo per evitare di incappare nell’ondata antisemita che già aveva provocato, con il decreto dell’Alhambra, la cacciata degli ebrei dalla Spagna nel 1492. Questa teoria, a mio avviso, ma anche a quello della maggioranza degli studiosi, strampalata, forse nasconde altre mire di stampo storico ed identitario. Come sia possibile poi stabilire dal DNA la questione che possa essere stato ebreo è ancora più misterioso.Le origini del più grande navigatore di tutti tempi sono state attribuite, nel tempo, anche ad altre nazioni: alcuni lo vogliono portoghese e più precisamente un agente del re del Portogallo incaricato di tenere gli spagnoli lontani dalle rotte marittime intorno all’Africa; i francesi sostengono che provenisse da Calvi in Corsica, i polacchi infine (si, pure loro) sostengono che in realtà fosse un principe polacco, Segismundo Henriques, figlio del re Ladislao III.
Un’associazione che promuove la sua provenienza dalla Galizia sostiene che provenisse dalla regione intorno all’estuario di Pontevedra, e sottolinea che il cognome “Colón” è ben documentato nella zona. È stato anche suggerito che Colombo potrebbe essere stato il cavaliere galiziano Pedro Álvarez de Soutomaior, conosciuto anche con il soprannome di Pedro Madruga (Pietro “il Mattiniero”). Insomma ce n’è un po’ per tutti ed anche in Italia, le città che pretendono di custodire le radici di Colombo sono davvero tante: Cogoleto e Terrarossa Colombo (frazione del comune di Mocònesi) nel Genovese, Chiusanico in provincia di Imperia, Cuccaro Monferrato, nell’Alessandrino, Albissola Marina nella Provincia di Savona, la stessa Savona, Bettola, nel Piacentino, e Sanluri, nel Sud Sardegna. A togliere ogni dubbio basterebbero le parole stesse di Colombo che in più documenti, compreso il suo testamento, si definisce genovese, ma anche altri documenti del tempo dichiarano senza ombra di dubbio la sua “genovesità”: una lettera del 1493 lo definiva “Christophorus quidam Colonus vir Ligur”, cioè “un certo Cristoforo Colono uomo ligure”, un libro del doge di Genova Battista Fregoso, pubblicato nel 1509 e addirittura una nota su quel fantastico falso storico, realizzato nel 1513, che prende il nome di “mappa di Pari Reis”. Esiste un bello studio ad opera di Lorenzo Cirelli, segretario e genealogista dello studio Araldico e genealogico d’Italia, che qui non riporto (vi lascio però il link), che restituisce un quadro abbastanza preciso delle sue origini e che non lascia molti dubbi su ciò che gli studiosi hanno sempre asserito, cioè che arrivasse dalla città definita superba. Tornando alla notizia iniziale basata sull’esame del DNA effettuato sui resti mortali di Colombo è necessario anche dire che ciò che di lui ci rimane, è di origine molto, ma molto, dubbia. Riporto qui di seguito il racconto di ciò che accadde al Grande Ammiraglio dopo la sua morte, secondo Paolo Emilio Taviani, forse il più grande Colombista mai esistito, dal suo libro “L’avventura di Cristoforo Colombo”: “I funerali si svolsero nella chiesa di Santa María de la Antigua, la salma venne provvisoriamente sepolta nel chiostro di San Francesco (cappella di Luis de la Cerda), ove rimase fino al 1509 e donde venne trasferita, in data 11 aprile 1509, nel monastero de Las Cuevas di Siviglia. Era uno dei maggiori monasteri della città, dove si trovava padre Gorricio, amico e confidente di Colombo. Qui la salma sostò per alcuni decenni, fino a quando si decise che avrebbe dovuto riposare per sempre nelle terre scoperte e precisamente in quello che nel XVI secolo era ancora il pilastro della ispanizzazione delle Americhe: nell’isola della Hispaniola. L’anno del trasporto è incerto: lo si può collocare fra il 1537 e il 1559. Nella città di Santo Domingo – l’unica fra quelle fondate dai Colombo, che ne ricordasse nel nome l’ascendenza – le spoglie dell’Ammiraglio furono collocate accanto a quelle del figlio Diego, del fratello Bartolomeo, del terzo almirante don Luis e di suo figlio don Cristóbal. Nel 1795, con il trattato di Basilea, la Spagna cedette alla Francia ciò che ancora le restava dell’Hispaniola. Fu allora che il duca di Veragua decise di far trasportare all’Avana il corpo del primo Ammiraglio del Mare Oceano. I resti vennero solennemente imbarcati sul brigantino Descubridor e trasferiti nell’isola di Cuba. All’Avana vennero deposti presso l’Altare detto «de l’Evangelio», nella cattedrale sotto una lapide con la scritta: «O Restos é Imagen del grande Colón – mil siglos durad guardados en la Urna – Y en remembranza de Nuestra Nación». Ma neanche all’Avana i resti, o supposti resti, di Cristoforo Colombo, ebbero pace. Cuba fu occupata, nel 1898, dai nord. americani. Il governo spagnolo ordinò allora di far tornare in Europa le spoglie di Colombo che – dopo una traversata dell’Oceano – ebbero infine riposo (esattamente il 19 gennaio 1899) nella tomba monumento costruita nella cattedrale di Siviglia dallo scultore Arturo Mélida in occasione del quarto centenario della scoperta dell’America. Abbiamo scritto «resti o supposti resti», perché nel 1877 l’intera questione dell’identità delle spoglie del grande Scopritore è stata sconvolta da una clamorosa e altrettanto precisa dichiarazione di mons. F. Rocco Cocchia, vescovo di Oropa, delegato apostolico di Santo Domingo’ il quale affermò – confortato e sostenuto da alcuni genovesi colà residenti – di aver trovato, nel presbiterio della cattedrale la tomba di don Luis Colón, e, vicina, quella del grande Navigatore. Mons. Cocchia – di cui è rimasta celebre la Lettera a Cesare Cantù sulla scoperta delle ossa di Cristoforo Colombo pubblicata nel 1877 dal Giornale linguistico di archeologia, storia e belle arti – sostiene, e con lui molti esperti confortano la sua tesi, che le spoglie del primo Ammiraglio non avrebbero mai lasciato la cattedrale di Santo Domingo. All’Avana vennero trasferite quelle di don Diego, o per errore, o per deliberata volontà dei domenicani che nel 1795 avevano in custodia il tempio, desiderosi di conservare presso di loro i preziosissimi resti. A Santo Domingo si ritiene dunque che ancora oggi là riposino le ceneri dell’Ammiraglio, delle quali Genova ebbe una piccola parte (così come l’università di Pavia e il Venezuela?) nel 1878, grazie a una iniziativa del console del Regno d’Italia Luigi Cambiaso, genovese. In Spagna molti sono convinti che i resti dell’ Ammiraglio siano stati veramente trasportati all’Avana nel 1795 e che le «rivelazioni» di mons. Cocchia non meritino considerazione. Non manca neppure chi vuole che Colombo sia ancora sepolto nel sottosuolo del convento di Las Cuevas e chi fantastica che le sue spoglie siano sempre a Valladolid o addirittura a Puerto Rico o altrove. Come in occasione della nascita, così anche per la morte di Cristoforo Colombo la forza della mitologia e le sortite dei dilettanti hanno moltiplicato i parti d’ipotesi fantasiose e di autentiche favole. Noi riteniamo che ciò che rimane del corpo del grande navigatore si trovi nel sepolcro di Santo Domingo.”
Fare un’analisi sui resti di Colombo sarebbe oltremodo impossibile, perchè da come abbiamo potuto capire bene, non sappiamo nemmeno più che ossa ci siano in quel sepolcro. Il grande Ammiraglio, il navigatore dei due mondi, ancora oggi dopo più di 500 anni fa discutere e sembra voglia prendersi una bella rivincita su quella nazione che non volle riconoscerlo come autore della più grande avventura di tutti i tempi e che ora, cerca disperatamente di riguadagnare il terreno perduto.
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L’avventura di Cristoforo Colombo, di Paolo Emilio Taviani, Ed. Il Mulino, 1989