Quando ero piccolo, a forza di guardare Grisù, dicevo sempre che da grande avrei voluto fare il pompiere, poi, un giorno, casualmente vidi in televisione un documentario sul loro addestramento e quando ne vidi uno buttarsi da un’altezza rimarchevole su un telo sottostante, sorretto dai suoi colleghi, cambiai idea. Non solo io, tutti i miei amici, avevano il desiderio di diventare chi una ballerina, chi un calciatore, chi un cantante, un ingegnere, cosa più che normale e comune a tutte le persone di questo mondo. Io non sono proprio sicuro, sicuro, ma credo di aver giocato anche con qualcuno che avrebbe voluto diventare un astronauta, magari contagiato dai personaggi dei primi telefilm a tema che passavano in televisione: Star Trek, Guerre stellari, Spazio 1999, Battlestar Galactica. In questi giorni ho avuto modo di leggere alcuni articoli riguardanti la vita degli astronauti, quello veri ed ho scoperto un paio di cosette che né io, né il mio amico di allora, avremmo mai potuto immaginare.
Tanto per cominciare per approcciarsi a quella professione bisogna essere in condizioni fisiche che rasentano la perfezione, ottenuta soprattutto grazie ad una grande cura del proprio corpo in fatto di alimentazione e di esercizio fisico: questo soprattutto perché nello spazio, in un ambiente di microgravità, i muscoli non devono più sostenere il peso del corpo e tendono ad atrofizzarsi. Non è un caso che, anche durante le loro missioni, si sottopongano a precisi e rigorosi programmi di attività fisica. Avete mai fatto caso che spesso se ne vede qualcuno esercitarsi alla cyclette o fare flessioni a testa in giù? Sempre a causa della diversa gravità le ossa perdono densità, non sono supportate da un regolare afflusso di minerali per cui sono più soggette a rotture o lesioni, specie quando si torna sulla Terra. Curiosamente la colonna vertebrale si allunga e al ritorno sulla superficie terrestre gli astronauti sono più alti, ma possono soffrire più facilmente di mal di schiena.
I fluidi corporei tendono ad andare verso le estremità del corpo. Andando verso la testa, causano un aumento della pressione intracranica, congestione delle vie nasali e dilatazione dei vasi sanguigni con un conseguente gonfiore del viso. Andando verso le mani ed i piedi, provocano quello che si chiama edema periferico: non un danno grave ma sicuramente molto fastidioso. L’esercizio fisico, che, come abbiamo detto è fondamentale, serve anche a ridurre il restringimento del muscolo cardiaco e l’efficienza della circolazione sanguigna con il pericolo di potenziali problemi cardiovascolari. Come se non bastasse la permanenza nello spazio può ridurre la produzione di globuli rossi, che portano ossigeno al nostro corpo: l’anemia spaziale è ciò di cui rischieremmo di soffrire, anche se, sembra, sia una patologia abbastanza rara. Lontani dalla protezione dell’atmosfera si è più esposti alle radiazioni con un considerevole aumento delle probabilità di contare il cancro o di soffrire di sindrome acuta da radiazioni, senza contare i possibili danni alla funzione riproduttiva ed all’impatto negativo sulla fertilità. Un’alterazione della funzione immunitaria dovuta a stress, maggior esposizione alle radiazioni, alterazione del ciclo circadiano, cambio del ritmo sonno veglia, possono modificare le risposte del sistema immunitario ed in alcuni casi risvegliare virus latenti nel corpo, primo fra tutti quello dell’ Herpes Zoster.
Nello spazio cambia la gravità, ma cambia anche il modo in cui i nostri cinque sensi percepiscono l’ambiente circostante, per cui gli organi preposti alle funzioni di equilibrio ed orientamento possono subire dei cambiamenti così drastici da provocare la cinetosi, una sindrome per la quale si riscontrano difficoltà, specialmente al rientro nelle normali condizioni di gravità. L’aumento dei livelli di rumore nella navicella può portare alla perdita dell’udito e la vista non è certo immune da pericoli, anzi, dietro l’angolo si nasconde quella che viene chiamata sindrome neuro oculare associata al volo spaziale, che può portare ad un rigonfiamento del disco ottico, cambiamenti nella retina e successivo indebolimento delle capacità visive.
Uno potrebbe dire che, insomma, anche sul nostro pianeta, vivendo una vita normale, si potrebbe incorrere in malattie di ogni sorta, però nello spazio si è portati a pensare che i pericoli siano di meno perché ci sono meno elementi con i quali si viene a contatto. Ma l’isolamento potrebbe non essere proprio un buon compagno di viaggio, perchè proprio l’assenza di stimoli naturali, potrebbe portare gli astronauti a soffrire di problemi psicologici come ansia e depressione, motivo per cui una rigida selezione viene fatta prima di partire, per assicurarsi che chi partecipi alle missioni oltre atmosfera, sia psicologicamente inattaccabile.
Rimanendo sulla questione sensoriale, curiosamente, anche la percezione del gusto subisce una mutazione, modificando l’appetito per cui oltre all’attività fisica, anche la dieta viene rigorosamente pianificata attraverso cibi che solitamente vengono conservati congelati. Cambiando le abitudini alimentari, anche la produzione di saliva può causare danni alla salute dentale per cui è strettamente necessario che venga seguita una costante e precisa igiene orale. Potrei continuare questo elenco per chissà quante altre pagine, perchè ogni minimo cambiamento nello stile di vita dovuto alla micro gravità, all’esposizione alle radiazioni solari, alle normali attività quotidiane, ai diversi livelli di stress e vita sociale possono portare a centinaia di piccoli inconvenienti, malattie, sindromi a volte proprie di chi compie questa attività. Ed allora io mi chiedo: ma quell’amico di cui non ricordo il nome, sapendo tutte queste cose avrebbe ancora sognato di infilarsi in una scatola di metallo per esplorare le vastità del cosmo, piuttosto che immaginarsi sdraiato su una spiaggia al caldo, in dolce compagnia, sorseggiando un bel cocktail con l’ombrellino piantato in cima?
Fonti: (National Geographic) (Space.com) (NASA) (Astronomy Magazine)