foto di Silvia Meacci
Rientrare dalle ferie e decidere di sentirsi ancora in viaggio? Visitare un museo può essere un’idea. Segnatevi in agenda queste date: 1° settembre, 6 ottobre, 3 novembre e 1° dicembre. Ancora 4 domeniche del 2024 per approfittare dell’ingresso gratuito ai musei statali di Firenze. Se già avete visitato gli Uffizi, l’Accademia, il Bargello o il Museo Archeologico e siete alla ricerca di un luogo inserito in un contesto storico e artistico, ma comunque che garantisca una fruizione facile, leggera e di grande impatto visivo, ecco, il Museo della Moda e del Costume, all’interno di Palazzo Pitti, è quello che fa per voi.
Fondato nel 1983 e conosciuto come “Galleria del Costume” fino al 2015, è situato nella “Palazzina della Meridiana”. Rappresenta il primo museo statale italiano dedicato alla storia della moda in un’ottica sociale. Sarà interessante farsi sbalordire dalla bellezza dei tagli, dei tessuti e delle lavorazioni ma soprattutto lasciar scorrere lo sguardo sulle linee sartoriali a partire dai manufatti del diciottesimo secolo fino ad arrivare ai giorni nostri, vedere il punto vita o le lunghezze salire o scendere, le forme restringersi o allargarsi.
Nel periodo neoclassico, si apprende dalle didascalie, ci fu una progressiva liberazione del corpo femminile dalle rigide sottostrutture dell’abito e “in assonanza con il classicismo alla greca molto diffuso in questo periodo, l’abito assunse la forma di una colonna, con il punto vita rialzato sotto il seno. Dopo la caduta di Napoleone l’abito cambiò ancora assecondando gradualmente le forme naturali del corpo, il punto vita riscese e le gonne si allargarono”.
Molto interessante leggere della sparizione della “gabbia” sotto gli abiti, dell’introduzione del “cul de Paris”, o “tournure”, o “sellino”, un’imbottitura da mettere sul dietro della gonna, dell’arrivo del tailleur, del collo alto, di abiti realizzati per mettere in evidenza petto e silhouette, oppure vedere affermarsi, negli anni venti del novecento, lo stile alla garçonne, più androgino e sottile.
Negli anni sessanta entrano nel mercato della moda generazioni più giovani. Abiti corti, diritti, trapezoidali. Arriva la minigonna. Cambia il ruolo della donna nella società, cambiano gli indumenti. E così via negli anni settanta, quando i capi in maglia, jersey, lurex, diventano popolari. Si cominciano poi a mixare e stravolgere i codici linguistici della moda, ibridandoli.
Negli anni ottanta proliferano le tendenze dei giovani, è l’epoca delle modelle e dei grandi stilisti italiani che si affermano a livello mondiale come veri guru del settore, e così, avanti, fino ai tempi attuali, in cui si ha il culto del vintage, la tendenza a mescolare capi da contesti culturali diversi e l’apprezzamento per il “gender fluid”, un travalicamento dei confini tra abiti da uomo e da donna.
Presenti le creazioni di tantissime maison d’alta moda: Schiaparelli, Dior, Nina Ricci, Capucci, Lancetti, Torquet, Balenciaga, Givency, J.P.Gaultier, Missoni, Ken Scott, Pierre Balmain, Issey Miyake, Comme les Garçons, Ferré, Antonio Marras, Giorgio Armani e altre.
l museo ha un tesoro di 6000 pezzi, tra abiti da sera, da giorno, da sposa, accessori, gioielli, costumi teatrali, capi indossati dalle celebrità dello spettacolo, che vengono alternati a rotazione per motivi di conservazione.
Due sale sono dedicate in modo permanente agli abiti originali, cinquecenteschi, di Cosimo I de’ Medici, di Eleonora di Toledo e del figlio don Garzia. Impressionanti le vesti funebri i cui frammenti sono stati meticolosamente restaurati e riposizionati per dare un’idea della foggia. Un reperto prezioso che tuttavia collide con la levità e l’eleganza ben conservata degli altri capi esposti al museo.
Un monito sulla caducità.