Se il bretzel ha origini italiane, i crauti – altro piatto simbolo di ogni festa della birra – sono invece assolutamente tedeschi, anzi, insieme a wurstel e patate rappresentano la parte più tipica e distintiva della cucina germanica, un po’ come la pastasciutta per gli italiani. La Germania ne ha la paternità, ma la loro area di diffusione comprende i paesi dell’Europa centrale: Austria, Svizzera, Nord Italia , Slovenia, Francia, cioè quelle zone in cui, da secoli, è diffusa la coltura del cavolo capuccio, l’ortaggio che, attraverso una particolare lavorazione, si trasforma in “erba acida”, cioè crauti, traducendo alla lettera il termine tedesco sauerkraut. Si tratta, in effetti, di cavoli acidi – traslati in cavoli amari per indicare situazioni complicate (espressione che oggi risulta ampiamente superata dallo sdoganamento della parola che condivide le stesse due prime lettere e che da parolaccia è diventata intercalare comune)- che a dispetto della connotazione appena negativa dell’acido, sono in realtà un ottimo e gustoso contorno che si abbina perfettamente a bretzel, wurstel, stinco e patate, i piatti tipici della festa della birra. Due le caratteristiche fondamentali dei crauti: il taglio in strisce sottilissime – praticamente a julienne – del cavolo cappuccio e la fermentazione lattica con sale, cumino, alloro, pepe e altre spezie. La preparazione dei crauti è lunga e laboriosa e richiede un tempo di posa – la fermentazione- di due mesi, ma, specie in epoche passate, era un ottimo mezzo per conservare la verdura e averla a disposizione nel corso dell’inverno. Da decenni, invece, si trovano e si consumano in tutta Italia già inscatolati e pronti per l’uso. I crauti saranno il contorno principale, insieme alle patate, nel menu della Bier Fest di Marina di Carrara che aprirà i battenti venerdì 23 agosto: in alto i boccali e in mano le forchette per gustare un pezzetto classico di cucina tedesca.