È proprio di ieri la polemica legata all’incontro di pugilato tra l’italiana Angela Carini e un atleta algerino Imane Khelif, che ha rimesso al centro dell’attenzione il problema dell’identità di genere e la sua collocazione nell’impianto sociale mondiale. I transgender possono essere considerati uomini o donne a seconda di come si identificano? Cosa vuol dire identificarsi in uno o nell’altro sesso? E se non ci si identifica in nessuno dei due, cosa c’è oltre? Se andiamo a curiosare tra i siti specializzati troviamo mille risposte e, per chi, come me,, non ha le idee ben chiare, specie con questo caldo afoso che non demorde nemmeno di notte, risulta davvero difficile trovare un orientamento sicuro e definitivo. In un articolo apparso su iltempo.it il 20 gennaio 2013 della penna di tal Berlicche, si citava un censimento della Australian Human Rights Commission che contava ben 23 generi, alla banalissima suddivisione classica tra uomo e donna (retrograda e patriarcale a detta di qualcuno), bisognava aggiungere gli omosessuali, i bisessuali, i transgender, i trans, i transessuali, gli intersex, gli androgini, gli agender, i crossdresser, i drag king, i drag queen, i genderfluid, i genderqueer, gli intergender, i neutrois, i pansessuali, i pan gender, i third gender, i third sex, le sistergirl e i brotherboy. E dire che il punto di partenza fu GBL che stava per Gay, lesbiche e bisessuali, poi ci fu un allargamento a T di transessuali, Q di queer e I di Intrasessuali. Riassumendo, ricomponendo la sigla con un pizzico di cavalleria venne fuori LGBTQ con l’aggiunta di un + per comprendere tutto ciò che sarebbe venuto in seguito. Qualche anno fa lessi un articolo, di cui non riesco più a trovar traccia, che allungava la lista a circa 40 generi ma, leggendo la storia che mi ha portato a queste mie righe e di cui tra poco vi dirò, ho scoperto che i generi sono diventati assai di più: ben 72 di cui potrete controllare personalmente nomi e significato in questo link:https://72gender.com/72-genders-list/
Come se non bastasse, per complicare ancor di più la situazione ci si è messo un anonimo dipendente dell’ormai famosa piattaforma social Facebook, almeno per quanto riguarda la versione inglese e americana, dove oltre all’elenco sopra citato affianca una scala di graduatoria per capire quanto ci si senta rappresentati da questa suddivisione. Considerato che la scala varia da 0 (per nulla) a 6 (totalmente), facendo un rapido conto ci troviamo di fonte a ben 504 sfumature gender! All’elenco non appartengono il trans specismo, ovvero persone che si identificano in gatti, cani, cammelli e via dicendo e, per quanto strano possa sembrare, i maschi e le femmine che vengono raccolte sotto la voce cisgender, ovvero persone che si riconoscono nel genere assegnatogli alla nascita. Ma da dove sono partito per fare questa scoperta? Dal caso di Dee Whitnell, statunitense, che ha affermato di percepirsi più maschio d’estate e più femmina d’inverno. In un. Articolo tratto dal “Giornale d’Italia” del 30 maggio 2024 si possono leggere le sue dichiarazioni in merito: “Un individuo che esplora la propria identità di genere in relazione a una stagione, o a tutte le stagioni. Questo non vuol dire – spiega Whitnell – che le stagioni non determinano la tua identità o espressione di genere, tuttavia possono influenzarla. Io, ad esempio, mi sento più mascolino d’estate. In quel periodo indosso abiti più maschili, i capelli più raccolti. Di inverno, invece, adoro le gonne e i vestiti. E porto i capelli sciolti”.
In un altro articolo di Natascha Alibani, su news.robadadonne.it , immerse in una fastidiosissima pioggia di schwa, si leggono altre dichiarazioni della diretta interessata che per l’occasione conia un neologismo oppure un nuovo gender, ammesso che non sia già presente nei 72 di prima, il gender season, ovvero l’appartenenza ad un genere a seconda della stagione e se dovessimo dar retta a questa nuova suddivisione, ammesso che le stagioni siano sempre quattro, arriveremmo a 2016 generi. Forse un po’ troppi direi. Ultimo problema legato a questa immensa catalogazione, è l’uso del pronome adatto, visto che il lei/lui non è più adattabile a tutte le categorie sopra citate. Stando al British Insitute la soluzione starebbe nell’introdurne di nuovi come ze/hir/Zir accanto al they/them che, proprio della terza persona plurale andrebbe bene anche per chiunque non voglia identificarsi negli standard he/she. Riguardo alla lingua italiana invece si può ricorrere a loro/essi/elle/esse o Ci per i non binari oppure anche ze/hir, xe/xem, ey/em, ve/ver ed altri ancora a seconda di come ci si svegli la mattina. Insomma la questione è molto più complicata di quanto sembri e ogni possibile soluzione porta a nuovi interrogativi, nuove suddivisioni e nuove soluzioni che non sempre si adattano alle precedenti. La risposta più convincente a mio avviso, la possiamo trovare in un estratto di un’ intervista, facilmente reperibile in rete, fatta da uno sconosciuto giornalista africano ad un ignaro ragazzo, preso per strada. “What is your gender? (Qual è il tuo gender?)” Chiede l’intervistatore
L’altro lo guarda un po’ stranito, forse non ha capito la domanda, ma dopo una manciata di secondi si avvicina al microfono e replica: “My gender? I’m a mechanic!”
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