• Lun. Ott 7th, 2024

Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Lassù dove si controllavano le vie che portavano al marmo: il castello di Moneta

DiLuigi Giovanelli

Lug 9, 2024

L’origine del castellaro di Moneta, cioè di un nucleo abitato e fortificato delimitato da pietre e da tronchi, affonda sino all’epoca dei Romani. La collina di Moneta, con la sua posizione estremamente favorevole dal punto di vista del controllo strategico sulla pianura fino al mare e sulle vie d’accesso alle cave, fu, dunque la sede del primo borgo creato per mano dei liguri-apuani, che erano la popolazione autoctona con la quale i Romani avevano cominciato ad interagire, non proprio pacificamente, durante la prima fase di sfruttamento delle cave di marmo. Ma proprio in epoca romana, Moneta vide anche il suo primo declino: il castellaro originario venne abbandonato e in quello stato restò per tutto il basso medioevo. Probabilmente di quella fortificazione iniziale erano rimaste tracce o comunque ne era stata conservata la memoria, al punto che, intorno all’anno Mille, Moneta cominciò a risorgere. Ad attestare il nuovo insediamento nel borgo di Moneta nel 1035 è un atto del Codice Pelavicino.

Due secoli dopo, Moneta è nota come borgo murato e fortificazione, deputato al controllo della piana sottostante e, forse, non è casuale il fatto che la rinascita del borgo sia coincisa, più o meno, con la ripresa dell’estrazione del marmo dalle cave di Carrara. Nei primi due decenni del ‘300, Moneta consolida la sua funzione di avamposto militare fortemente strategico per conto della Repubblica di Pisa a cui il territorio carrarese era stato assegnato dall’imperatore Arrigo VII, dopo l’espropriazione ai danni dei Vescovi di Luni.

Il castello vero e proprio, tuttavia, sorge tra il 1435 e il 1455 quando Moneta finisce sotto il controllo il dominio di Tommaso di Campo Fregoso, all’epoca doge di Genova. Viene edificata la rocca a base quadrangolare in un’area rialzata rispetto al borgo abitato e separata da questo mediante un fossato che limitava l’accesso a un ponte levatoio. Intorno al borgo vengono costruite le mura, molto alte e perfettamente dritte, la cui sommità è merlata, intervallate da quattro torri fortificate circolari costruite sugli angoli. Questo è il periodo in cui Moneta ebbe il suo ruolo militare più rilevante, che durò, tuttavia, solo pochi anni. Nel 1464, alla morte di Spinetta Fregoso, nipote di Tommaso di Campo Fregoso, che aveva ottenuto la signoria di Carrara dal doge di Genova circa 15 anni prima, Moneta viene ceduta insieme a tutto il territorio carrarese ai Malaspina da Antoniotto, figlio di Spinetta Fregoso, che non tentò neppure di assumere il governo sulla signoria che aveva ereditato.

Sotto i Malaspina il borgo raggiunge la sua massima espansione e a descrivere questa fase, nel 1602 è proprio Alberico I Cybo Malaspina in persona: “Andando da Carrara al mare in sulla mano destra a mezzo cammino è posto il castello di Moneta; sono murate la rocca e la terra ad uso antico; ma con tutto ciò resta assai forte, ed è di cento fuochi, all’incirca”. I fuochi erano le case, cioè le famiglie. Moneta rappresenta in quel momento una sorta di cuscinetto tra la Repubblica di Genova e la Signoria di Firenze che si contendevano il controllo della pianura costiera e le vie di accesso verso il nord. Ma il destino di Moneta era ormai segnato dal momento in cui la sua importanza militare era venuta meno. Lentamente ci fu la discesa degli abitanti del borgo prima nelle pendici più basse della collina e poi nella pianura sottostante.
A favorire l’abbandono del borgo c’era stata una concomitanza di fattori, tra i quali un assestamento del terreno in seguito a dei movimenti sismici, che aveva deviato il corso dei ruscelli che fornivano acqua al centro abitato, e i vantaggi offerti dalla residenza in pianura più vicina ai terreni coltivabili e alle vie di comunicazione con la città. L’esodo avvenne per gradi: alcuni gruppi famigliari cominciarono a stabilirsi a mezza costa e costruirono le nuove case sui rilievi più alti della piana. Nacquero così i vari gruppi chiamati “Ciopi” e le località “Il Ciocco”, “I Corsi” e “Ciop d’l Zabon” che furono i primi nuclei che scesero ad abitare più in basso. In seguito si cominciò a costruire le case nella piana di Fossola e questo accelerò la decadenza del borgo di Moneta usato, a quel punto, come cava di mattoni. Quelli che si spostavano a vivere in pianura demolivano le proprie case e portavano a valle tutti i materiali per costruirne di nuove.

La devastazione del castello toccò livelli notevoli tanto che nel 1740, Maria Teresa Malaspina D’Este, fu costretta ad emanare un bando nel quale vietava la demolizione di ogni edificio o muro esistente a Moneta e l’asportazione di materiale, imponendo una multa di 100 scudi agli abitanti del borgo che non mantenevano la loro abitazione in buone condizioni.  Ma neppure questo provvedimento fermò l’abbandono di Moneta. Il capitolo finale fu nel 1783 quando gli abitanti di Fossola diedero inizio alla costruzione della nuova chiesa dedicata a San Giovanni Battista e spogliarono la chiesa originaria di Moneta di tutti i suoi arredi e di tutte le sue opere.
Nella seconda metà dell’’800 a Moneta vivevano solo sei famiglie e la chiesa era inutilizzata già da oltre 50 anni. Il colpo di grazia fu il terremoto del 1920. Da allora il borgo è rimasto vuoto e solitario, in balia della prepotenza della natura ma non ha mai perso il fascino della sua lunghissima e particolare storia.