“Partendosi da casa sua il 1° Novembre 1656 per trasferirsi a Livorno, ma impedito dalle piogge e dalle strade cattive e ristrette, per il sospetto del contaggio giunse ad Olivola, castello dell’ illustrissimo Signor Giuseppe Malaspina, il giorno 25 di detto mese, giorno di sabato. Di dove partitosi al tardi per avanzarsi ad allogiare a Soliera in compagnia di certi passeggeri, giunto al canale di Lizzano, pieno ancora per le passate piogge, si trattenne alquanto per facilitarsi il passo a condursi di là senza scalzarsi, mentre li compagni, che lo credevano vicino, ‘avanzarono tanto in umino, che egli ne perdè la traccia.”
Comincia in questo modo il racconto di una disavventura che vide come protagonista tal Giovanni Battista Gatti d’Intesan della diocesi di Bergamo, come riportato da un documento scritto nella casa di Giovanni Domenico Gabriele della Villa di Soliera alla presenza del Presbitero Don Bartolomeo Galeazzi di Gassano e di Giovanni Danesi di Collecchia, Già Batta di Giovanni Ceci di Soliera e del Caporale Pietro Angelo Martelli di Gassano.L’atto, sottoposto poi a rogito dal notaio Antonio Marchetti alla presenza di molti altri testimoni, tra cui Don Tommaso Adreani, vicario foraneo di Fivizzano, si può vedere in copia appeso nel Santuario della Madonna di Castagnola, appena fuori dalla frazione di Bigliolo di Aulla.
Il nostro sfortunato visitatore ebbe, poi, la malasorte di perdersi tra le macchie circostanti senza riuscire a ritrovare la strada maestra. Vistosi perso e non riuscendo a ricongiungersi coi suoi compagni di viaggio, pregò più volte l’intervento della Madonna e di Gesù stesso affinché gli facessero ritrovare il sentiero perduto
“Ed ecco che nel voltarsi vide lontano da sé, quanto un tratto di mano, un lume con molto splendore intorno da cui ripreso vigore et anima pensando che fosse qualche paesano che di là passasse cominciò a chiamarlo ed insieme a pregarlo istantemente che lo aiutasse ad uscire dalle macchie e rimetterlo nella strada… Ma non mancando il solito splendore, alquanto rassicurato, si mosse verso il lume; (il) quale fattosi di lui guida lo condusse alla strada e, quasi nuova stella, illuminandoli il camino di maniera che poteva benissimo vedervi ogni minima cosa, le andò sempre avanti con la predetta distanza, finchè giunse alla Maestà de Verzalo dentro la quale vide visibilmente entrare e rinchiudersi detto lume e splendore.”
Un miracolo dunque, che sotto forma di un lume lo porta fino ad una maestà dove poi va lentamente a spegnersi, ma non finisce qui, perchè, dal piccolo santuario dovette poi farsi strada fino a Soliera utilizzando la luce di una candela che, come seconda grazia, non si spense mai fino alla sospirata meta.
È probabilmente questo il motivo per cui, all’interno del santuario, esiste una statua della Beata Vergine divenuta nel tempo centro di devozione per i villaggi circostanti. In Lunigiana la devozione verso la Madonna è molto presente, ne sono testimoni il miracolo avvenuto a Fivizzano, di cui abbiamo già parlato, le apparizioni di Pontremoli, Arcola e Equi Terme, di cui parleremo e le numerosissime maestà presenti quasi ad ogni incrocio di strada.
La Madonnina del santuario di Castagnola ha però un particolare che la rende diversa dalle altre: è nera. Non è davvero la prima statua della Vergine che troviamo di colore nero, ce ne sono di famosissime: quella di Czestochowa in Polonia, quella della Candelaria nelle Canarie, quella del Santuario di Tindari che seduta su uno scranno riporta incisa la citazione dal Cantico dei Cantici: Nigra Sum Sed Formosa, “Sono nera ma bella”. La più famosa in Italia è sicuramente quella di Loreto divenuta nera, a causa del fumo delle candele che venivano accese lì vicino, in segno di devozione e probabilmente all’ossidazione dei pigmenti del legno. Queste due sono le cause principali della comparsa di molte statue nere della Madonna, anche se bisogna prendere in considerazione altre cause, come la rappresentazione sacra eseguita su un modello etnico diverso da quello europeo. In Africa, per esempio, o in sud America, non mancano gli esempi di statue volutamente nere anche in Europa. In Francia a Saintes-Maries-De-La-Mer, si venerano tre Marie venute dal mare direttamente dalla Giudea, in fuga dalle persecuzioni avvenute dopo la crocifissione di Gesù. La traduzione vuole che fossero Maria Maddalena (che viene venerata anche di fronte a quello che si dice sia il suo cranio) o Maria di Betania, sorella di Marta e di Lazaro, Santa Maria di Cleofa e Maria Salomè, due delle pie donne testimoni della morte di Cristo. Come avvenne un po’ in tutto il territorio euro asiatico, la venerazione per queste donne, soppiantò e si sostituì a quello di Sara, la Kali, regina nera dei Rom, stanziatisi nel delta del Rodano e che profetizzò proprio la venuta delle tre pie donne.
Insomma, non c’è da meravigliarsi se anche nei nostri borghi è possibile ammirare statue di Madonnine nere: non se ne scandalizzavano gli antichi e non dovremmo farlo nemmeno noi. Nessuno, tra l’altro, avrebbe l’ardire di affermare che la madre di Cristo fosse nera (cosa che tra l’altro non cambierebbe di una virgola l’impianto cristiano) così come forse non era nemmeno bionda e con gli occhi azzurri. Ciò che rimane è la presenza di un culto ancora ben saldo nel nostro territorio testimoniato anche da piccoli tesori nascosti come il santuario di Castagnola.
Andate a visitarlo, ne varrà la pena.