Segni particolari: il sorriso. Bellissimo, accogliente, entusiasmante: la prima cosa che arriva di Graziella Andrei, cinquantenne disabile carrarese, membro della Lega del Filo d’oro, è il suo sorriso, capace di far andare in secondo piano il fatto che sia sorda dalla nascita e che abbia, quasi totalmente, perso anche la vista. Il sorriso e un’incontenibile, contagiosa voglia di vivere che la rende positiva per chiunque la incontri, addirittura terapeutica. Graziella vive la disabilità come uno dei tanti ostacoli che la vita mette sul cammino di tutti: trovando soluzioni per non farsi fermare. Ha delle operatrici bravissime, formate nella lingua dei segni tattile, cioè nella variante della lingua dei segni che permette di comunicare coi sordo-ciechi, con le quali svolge le commissioni che da sola non potrebbe fare: la spesa, le visite mediche, qualche passeggiata in giro per la città, qualche gita. Per il resto vive da sola e manda avanti perfettamente la sua casa in autonomia: “Ho imparato sin da piccola a fare tante cose – ci dice – prima che la vista si riducesse quasi del tutto a causa di una retinite pigmentosa individuata, purtroppo, troppo tardi. Mia madre mi ha insegnato a cucinare e a fare le faccende domestiche. Mio padre mi ha trasmesso la passione per la matematica e mi ha anche insegnato ad andare a pesca. Quindi cucino, sistemo la mia casa, faccio lavatrici, stendo i panni e mi dedico un po’ anche alla matematica. Sto anche imparando il braille, ma sono ancora un po’ lenta”. Mostra orgogliosa un bellissimo medaglione che porta al collo che, in realtà è un orologio per sordo-ciechi trovato, dopo lunghe ricerche, su internet e fatto arrivare dall’estero: un sistema di pulsanti e vibrazioni grazie al quale è in grado di dire l’ora in maniera precisa. Ha un bastone pieghevole per ciechi che smonta in pochi secondi, quando si siede e infila in borsa. Racconta le molte difficoltà della sua vita e si fa fatica a seguirla, non per le parole leggermente distorte che pronuncia o per il filtro necessario della traduzione dei gesti dell’operatrice, ma perché racconta fatti drammatici con quel sorriso che le brilla negli occhi, come se stesse parlando di un percorso sempre in discesa. E questo spiazza chi la ascolta e manda in crisi.
Usa espressioni come “Sono stata fortunata” per raccontare che, finalmente, dopo oltre dieci anni dal manifestarsi dei sintomi che indicavano un serio problema alla vista, un medico aveva compreso l’esistenza della malattia. “Verso i 14 anni ho cominciato ad avere problemi di deambulazione – spiega Graziella – Cadevo spessissimo e qualche volta mi facevo anche male. Sembrava fosse solo dovuto alla mia distrazione, invece il mio campo visivo andava restringendosi sempre di più”. Oggi le è rimasta solo una parziale visione dall’occhio sinistro con la quale riesce, grazie a un tablet a caratteri molto grandi a inviare messaggi ed anche a gestire la sua pagina facebook. Sempre col sorriso ricorda gli anni dell’adolescenza in cui non aveva amici e poi una storia d’amore finita, quasi scusandosi della cosa, come se la sua disabilità fosse una sua colpa. Si entusiasma quando parla della sua passione per la matematica, del suo percorso scolastico al liceo artistico di Carrara e del suo brillante esame di maturità, preparato tutto da sola. I suoi bellissimi occhi brillano ancora di più quando racconta della Lega del Filo d’oro, l’associazione che si occupa delle persone sordo cieche e con gravi disabiltà e delle operatrici che la seguono da anni, con le quali il legame è ormai di amicizia. Racconta anche della sua fede incrollabile: “Sì credo in Dio e prego tanto. Chissà, magari capita un miracolo e si trova una cura per farmi recuperare un po’ di vista. A Messa vado poco perché non sempre ho qualcuno che mi accompagna, ma ho le mie immagini sacre in case e rivolgo a loro le mie preghiere”. Graziella Andrei, per la sua incredibile esperienza di vita nella disabilità ha ricevuto, quest’anno, il premio Carrara premia le sue donne: il ricordo le fa battere le mani per la gioia e le fa inviare cuori fatti congiungendo le due mani, un gesto stra-abusato, oggi, che fatto da lei trova, finalmente, tutto il suo senso. E poi ci confida i suoi sogni: le piacerebbe fare l’attrice e sembra facile crederle, perché è stata capace di fare quasi ogni cosa e perché la sua personalità vivace e istrionica non è stata per nulla intaccata dalla disabilità. Conoscere Graziella è un’esperienza profondamente toccante, che non ha nulla a che vedere col pietismo o con l’obbligo, più o meno autentico, verso l’umana solidarietà. È un incontro che sconvolge, perché costringe chi le parla a fare i conti con se stesso, a guardarsi dentro senza i filtri delle autogiustificazioni e a chiedersi quante volte si ha davvero avuto il diritto di lamentarsi, di impuntarsi, di arrendersi, di piantare grane, di rendersi fastidiosi per problemi che, in confronto a quelli affrontati quotidianamente da lei, sono quisquilie. Graziella ci costringe a fare un bilancio immediato dei nostri problemi, a concentrarci su quanto è lunga la colonna dell’avere rispetto a quella del dare – del resto, forse, non è caso che sia una matematica – e a vedere che, il più delle volte, dovremmo solo saltare di gioia per tutto quello che abbiamo e che, banalmente diamo per scontato. Graziella è una cura per imparare a riconoscere la felicità.
Grazie a Giovanna Bernardini che mi ha fatto conoscere Graziella Andrei, permettendomi di avere con lei una piacevole chiacchierata da cui è nato questo articolo.