prima parte
Diari Toscani incontra Vittorio, figlio primogenito dell’artista Ugo Guidi. Nato il 14 settembre 1912 a Montiscendi di Pietrasanta, Ugo Guidi è stato un importante scultore e insegnante all’Accademia di Belle Arti di Carrara. Le sue opere si trovano agli Uffizi, alla GAM di Roma, e in altri musei italiani e all’estero. Dal ‘41 visse al Forte dei Marmi fino alla sua scomparsa nel 1977.
Professore, quanto ha influito sulla produzione artistica di Ugo Guidi nascere a Montiscendi e vivere a Forte dei Marmi?
Molto, mio padre ha goduto della Versilia di quel momento, attingendo spunti dal materiale e dalla storia del territorio. Nacque ai piedi delle cave di Montiscendi, dove veniva estratto il tufo chiamato “Pietra di Porta”, un materiale molto duro e utilizzato nell’edilizia. Nel 1918 rimase orfano, suo padre morì nella Grande Guerra. Sua madre per fare fronte a una miseria assoluta e sbarcare il lunario, lavorava come commessa in una cooperativa. La figura materna fu per lui importante, un vero e proprio imprinting sentimentale ed emotivo. Pensi che quando era piccolo mia nonna gli dava dei fogli per disegnare e lui ricopiava perfettamente i santini che trovava in casa. Ebbe un’infanzia tribolata: affetto da pleurite, aveva il divieto assoluto di sudare e siccome voleva giocare a pallone con gli amici, l’unica cosa che gli veniva consentita era il ruolo di portiere.
Quella del calcio è rimasta una passione che ha coltivato tutta la vita, tanto che ci sono due sue opere famose, nelle quali l’ha convogliata: Il “Portiere”, un’opera in travertino di tre metri che gli fu commissionata nel 1969 e che è collocata all’ingresso dello stadio di Forte dei Marmi, l’altra è “I calciatori”, anch’essa di tre metri, e si trova all’ingresso del Centro Tecnico Federale di Coverciano, a Firenze. Quest’opera fu voluta da Artemio Franchi il quale veniva in villeggiatura a Forte dei Marmi. L’opera venne inaugurata nel 1978, purtroppo, un anno dopo la sua scomparsa. In quell’occasione fu allestita anche una mostra degli studi e bozzetti, che aveva eseguito per la sua realizzazione.
Per tornare alla sua domanda, per mio padre il territorio era molto presente e attraverso le sue opere testimonia la Versilia nel periodo d’oro. Inoltre, questa è una terra baciata dal sole e dal mare, con alle spalle la catena delle Alpi Apuane, tutti aspetti che hanno influenzato gran parte dell’arte del ‘900. Il territorio è stato per lui fonte d’ispirazione. Per questo andava spesso nei campi e nelle stalle dove disegnava pecore, mucche e cavalli e, tornando a casa, dipingeva e scolpiva ciò che aveva catturato con gli occhi. A un certo punto, non ebbe più bisogno di vederli perché li aveva impressi nella mente. Non lavorava mai al cavalletto, metteva il foglio in terra e poiché disegnava con il pennino a china finché non aveva terminato l’inchiostro non sollevava la penna. Mai un segno ripetuto. Usava il cavalletto solo per plasmare la creta o per scolpire.
Cosa ha significato per lei essere figlio di un artista? Quanto questo ha contribuito alla sua formazione di bambino e poi di ragazzo?
Ha contribuito molto, è chiaro che da bambino non lo vedevo come artista, ma come padre. Naturalmente un condizionamento c’è stato, tanto che anch’io lavoravo la creta e disegnavo. Avrei voluto fare il liceo artistico, ma mi sconsigliò fortemente, pienamente consapevole che la vita da artista non sarebbe stata facile. Ebbe ragione, infatti ho fatto un percorso che niente ha avuto a che fare con l’arte.
Chi era Ugo Guidi?
Era rimasto orfano in giovanissima età, per questo era sensibile, delicato e introverso, ma pronto ad aprirsi quando si trovava con persone che gli ispiravano fiducia. Era pienamente consapevole del suo valore pur non esternandolo, e non voleva essere chiamato Maestro.
Quando è nato il museo Ugo Guidi, e per desiderio di chi?
Mio padre morì a 64 anni per un tumore alla prostata, pochi giorni prima di morire mi chiamò accanto a sé dicendomi: “Vorrei che le mie opere andassero nei musei”. Per me è stato un forte condizionamento. Dal 2005 siamo stati inseriti nei musei della Regione Toscana con il patrocinio del comune di Forte dei Marmi e della Provincia di Lucca e da allora il Museo è aperto al pubblico. La casa museo è rimasta esattamente come era nel 1977, anno in cui mio padre è mancato. Chi vi entra ha la sensazione che lui sia uscito da pochi minuti, in quanto ci sono più di 500 sue sculture oltre a disegni e dipinti. Dal 2007 a oggi il Museo ha ospitato e realizzato 184 mostre di artisti contemporanei, che si sono rapportati con le opere di mio padre. Dopo la sua scomparsa abbiamo fatto innumerevoli mostre di alta qualità dedicate alle sue opere. Fino a quando ha vissuto mia madre ha provveduto lei a promuovere la sua arte, purtroppo, quando mio padre iniziò ad avere notorietà, si ammalò e non poté godere del successo che andava riscuotendo. Un esempio: il chiostro delle Oblate nel cuore di Firenze, che non era mai stato utilizzato per mostre di scultura, venne inaugurato nel ‘79 con una sua mostra. Al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi furono donati 99 disegni tre per anno dal 1944 al 1977 e fu mia madre, insieme a me e mio fratello Fabrizio, a sceglierli, visionati anche da quella che era la direttrice degli Uffizi Anna Maria Petrioli Tofani e Stefano Francolini.
Che tipo di evoluzione ebbe l’arte di suo padre?
L’arte di mio padre si sviluppò per decenni: negli anni 40/50 la sua scultura era classicheggiante e naturalistica; dagli anni 50/60 la sua espressione artistica fu legata al territorio con opere legate ai mestieri locali; dal ‘60 abbandonò il marmo per privilegiare la pietra in quanto calore e colore gli suscitavano più emozioni del marmo. Infine, dal ‘70 omaggiò il marmo ricreando il blocco con la terracotta. Alcuni anni fa, venne alla Casa Museo Mario Locatelli, presidente dell’Associazione “Un cuore un mondo”, che si innamorò delle opere che vide, tanto che volle aprire il museo Ugo Guidi 2 a Massa come Museo Solidale, per unire arte e solidarietà. Fu inaugurato alla presenza di Antonio Natali e Cristina Acidini.
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