Spesso quando viaggio sui mezzi pubblici, che sia un autobus o un aereo, ho il pensiero di dovermi sedere in un posto che non sia abbastanza comodo. Essendo alto, rischio sempre di dover stare con le gambe rannicchiate e questo mi rende il viaggio, oltremodo, scomodo e pesante. Credevo di appartenere ad una piccola categoria di viaggiatori che ha una specie di fobia per i seggiolini, ma, scorrendo le pagine di un giornale online, mi è capitata la notizia di una giovane modella, molto popolare su Instagram, che ha lanciato una petizione affinchè le compagnie aeree possano disporre di sedili più grandi perché lei non riesce a trovare posto sugli aerei per via del suo sedere imponente. “E che sedere avrà mai questa?” mi sono chiesto e cercando in rete, mi sono reso conto che Gracie Bon – questo è il suo nome – effettivamente ha un lato B che va ben oltre i canoni finora propinati dal mainstream.
Io, che sono cresciuto con il concetto di super model dei mitici anni ’80, ho sempre avuto l’idea che, per essere una fotomodella, volente o nolente, una ragazza dovesse rientrare in quei parametri stabiliti dalle varie Claudia Schiffer, Noemi Campbell, Cindy Crawford e chi ha più memoria di me, aggiunga pure qualche altro nome, ma, oggi, le regole sembrano essere davvero cambiate.
Così, facendo un breve tuffo nella realtà delle passerelle odierne, ho realizzato che non esistono più regole fisse, misure standard o paletti virtuali dai quali è impossibile uscire. Oggi l’importante è essere particolari o meglio “particolarmente” belli, che si traduce con un più semplice: ognuno è bello e attraente a modo suo. Ad essere sinceri già negli anni addietro, quella che io considero la modella più bella di sempre, Kate Moss, aveva un po’ rotto con quegli schemi essendo alta “solo” 170 centimetri, che, per quegli anni, per una top model, voleva dire essere basse, ma quel viso strano fuori dalle regole, quello strabismo di Venere appena accennato, convinceva tutti al primo sguardo e chi se ne frega se non era alta come le altre.
Quindi ho cominciato a scoprire chi sono queste modelle moderne, che portano con sé quei tratti particolari che le hanno rese famose sulle passerelle di tutto il mondo. Molly Bair per esempio, classe 1997, l’altezza ce l’avrebbe anche essendo alta 182 cm, ma il viso sembrerebbe di no! La chiamavano gremlin per via del viso piccolo, della bocca all’ingiù e di un paio di orecchie a sventola che si fanno notare, eppure, viene notata in un supermercato a New York da un agente che evidentemente la sapeva lunga ed oggi sfila per Dior, Prada, Gucci.
Masha Tyelna invece, ucraina di origine, non ha le orecchie grandi, ma gli occhi decisamente fuori dal normale, grandi, blu ed altamente ipnotici, l’hanno soprannominata elfo, Alien, ET ,ma alla fine il titolo finale guadagnato è Cosmic eyes e se andate a cercare qualche sua foto vi renderete conto che è più che appropriato.
Rimanendo sugli occhi, sostenitrice della beauty diversity e soprattutto della #unibrowmovement, è la venticinquenne cipriota Sophia Hadjipanteli che, sicuramente, con le sue sopracciglia così folte e nere, non passa inosservata. È sostenitrice del monociglio (unibrow) rendendolo un simbolo di nuova bellezza e di emancipazione: “Voglio incoraggiare la tolleranza degli altri, l’accettazione delle differenze e, soprattutto, l’orgoglio nei confronti di sé stessi”.
Ancor più particolari sono Maeva Giani Marshall, francese di 27 anni e Salem Mitchell americana di 19 anni, il cui viso è letteralmente coperto da lentiggini. La prima, affetta da una strana reazione allergica alla luce solare, dopo qualche primo fallimento ha incontrato il favore del pubblico abbastanza facilmente, mentre l’americana si è fatta notare per una foto postata ancora una volta su Instagram, che la vedeva accanto ad un casco di banane accompagnata da questa dicitura: “Se le persone ridono di me, io voglio ridere con loro e prendermi in giro. Le banane mi somigliano”. Alla fine riderci sopra, cancella ogni difetto fisico e per queste due ragazze ha voluto significare sfilare per alcune delle case di moda più famose.
Le malattie della pelle non possono davvero fermare la voglia di mettersi in mostra, e non si è fermata nemmeno Winnie Harlow, affetta da una vasta forma di vitiligine, tanto che le solite malelingue la chiamavano zebra o mucca. Anche lei oggi sfila tra le più grandi.
Gli esempi di come la bellezza sia una forma estetica veramente soggettiva potrebbero essere ancora tantissimi, ma voglio soffermarmi ancora su due coppie di donne: la prima è formata da Kasey Legler e Rain Dove (Danielle Rupert) , francese ed ex nuotatrice olimpica la prima, americana la seconda che per i tratti somatici fortemente maschili sfilano sia per le collezioni femminili che per quelle maschili.
La seconda coppia è ancora più fuori dagli schemi: Melanie Gaydos è stata definita d alcuni la modella più brutta del mondo. È nata nel 1990 con una rara malattia chiamata displasia ectodermica che non le ha permesso una regolare crescita delle ossa craniche per cui il suo viso non è armonioso nelle forme ed inoltre essendo calva, ha sempre dovuto indossare delle parrucche per celare i suoi difetti estetici fino a quando, come in una di quelle favole tutte americane, non ha deciso di infischiarsene, puntando proprio su ciò che gli altri pensavano fosse deleterio, il proprio viso. Visti i risultati, direi che ha raggiunto l’obiettivo.
Ultima modella a formare la coppia, è Kania Sesser, di origini thailandesi, è stata abbandonata da piccola in un tempio buddhista, una coppia di americani di Portland l’ha adottata e crescendo ha coronato il suo sogno di diventare una modella di abbigliamento intimo. Qual è il suo difetto? Essere nata senza gambe: “Ho fatto della disabilità il mio punto di forza, non ho bisogno delle gambe per sentirmi sexy. Mi piace mostrare alla gente la mia bellezza non convenzionale”.
Ognuno mostri quello che ha, dice il saggio. Un giorno conobbi per caso una ragazza messicana, non era tanto alta e le mancava anche un dito in una mano. Mi disse che faceva la modella. Io le dissi che le modelle me le ero sempre immaginate molto alte e lei, nonostante fosse molto carina, era piuttosto bassa. Sicuramente si aspettava una considerazione del genere, infatti, subito mi rispose che per fare la pubblicità delle scarpe non servono né l’altezza né tutte le dita delle mani. Era una modella per le calzature. Gli anni ’80 furono un periodo davvero pazzesco, ma forse un po’ troppo stereotipato: le top model dell’epoca ne erano la cartina tornasole. Oggi, per fortuna, ci siamo accorti che ognuno può essere bello o bravo a modo suo, accettarsi per essere accettati, volersi bene per farsi voler bene, piacersi per piacere agli altri. E magari riderci anche un po’ su.
Credo che la regola sia tutta qui.