è nata a Pontedera, ma a 10 anni si è trasferita, per motivi familiari, a Carrara. Ha frequentato il Liceo Artistico Gentileschi, dopodiché ha proseguito gli studi a Firenze, diplomandosi all’Accademia di Belle Arti, sezione Scultura. Finiti gli studi è rientrata a Carrara, dove ha approfondito la tecnica scultorea della lavorazione del marmo, specializzandosi sul campo e lavorando per artisti nazionali ed internazionali negli Studi d’arte Michelangelo. In contemporanea ha portato avanti il suo percorso artistico personale, continuando a subire il fascino del marmo, materia così elegante ed eterna, ma plasmabile e fino a forzarne, talvolta, i limiti. Ha partecipato a mostre collettive e premi ed ha tenuto una mostra personale alla Tekè Gallery di Carrara. Ha viaggiato con la sua arte partecipando a simposi sia in Italia che all’estero (Germania, Belgio, Egitto, Malesia).Vive e lavora a Carrara.
Quali sono state le ragioni che l’hanno spinta a creare sculture?
Fin da piccola ho sempre manifestato un certo interesse per le materie artistiche. Terminato il percorso scolastico ho lavorato agli Studi Cave Michelangelo dove ho affinato la tecnica della scultura e approfondito la conoscenza del marmo. Ma realizzare solo opere per altri artisti era diventato ad un certo punto piuttosto frustrante ed ho deciso dare spazio anche al mio personale percorso artistico e focalizzarmi principalmente su questo. Forse è qui che ho preso la decisione di cui parli, qui ho deciso che l’arte poteva essere la ‘chiave’ per la mia realizzazione. Mi piace però pensare che ogni singolo passo verso questa direzione è stato come seguire il corso di un fiume, dove le scelte che ho fatto non erano altro che il seguire un flusso inevitabilmente.
Lei ha vinto il premio d’Argento alla biennale di Scultura Lihpao a Taipei. Il suo ricordo?
È stata un’esperienza molto gratificante e stimolante, specialmente a livello professionale. Vedere riconosciuto il proprio lavoro e il proprio linguaggio artistico dall’altra parte del mondo è stata una bella soddisfazione. Oltretutto le sculture dei finalisti erano tutte di alto livello e vedersi al fianco di scultori che stimo è stato un grande piacere.
In una recente intervista ha affermato: “Porto il marmo ai suoi limiti e racconto di me stessa”. Cosa vuole trasmettere?
Il mio lavoro si basa sul dialogo con la materia. Non è una sfida né una lotta, ma è il marmo ad indirizzarmi la via. Attraverso la lavorazione e il suono trovo con il materiale un punto d’incontro, di massima tensione, dove io mi fermo e lui resiste. Pazienza, resistenza, rispetto. Cerco nel marmo un universo nascosto, un mondo sommerso che viene alla luce come qualcosa di intimo e personale, qualcosa da proteggere.
Come si realizza una scultura in marmo?
Il marmo si può approcciare in diversi modi. Facendo la copia di un modello realizzato in un materiale plastico come creta, plastilina , gesso, altrimenti con il taglio diretto, ovvero senza avere un modello a fare da guida. Le mie sculture sono realizzate tutte seguendo la forma del marmo che trovo, ed è quest’ultimo a suggerirmi l’intervento, non preparo quindi disegni o bozzetti, se non in casi particolari. Utilizzo materiali di recupero, ovvero scarti dell’industria o dei laboratori che spesso mantengono superfici naturali in contrapposizione con parti tagliate a lama dalle macchine.
Attraverso la scultura è possibile avvicinare i giovani?
I giovani vivono tempi molto difficili, pieni di informazioni e dati che spesso non sono abbastanza preparati per decifrare a livello emotivo. L’arte può servire loro per riallacciarsi alla realtà, connettersi al fare, a ciò che è concreto, ma anche ad ascoltare ed incanalare le proprie emozioni attraverso l’educazione estetica.
Com’è il suo rapporto umano con gli abitanti e la città di Carrara?
Vivo a Carrara da ormai molti anni. Per me è un buon punto dove lavorare e dare sfogo alle mie idee. Un punto nevralgico per trovare attrezzature e materiali di tutti i tipi. È una buona base per la creazione , anche perché è una cittadina che mantiene la sua autenticità ed è attraversata e vissuta da una buona concentrazione di artisti. Ovviamente è un centro poco valorizzato a livello artistico e che purtroppo fatica a creare opportunità che abbiano risonanza sul territorio nazionale.
Come si duplica una scultura?
Ci sono metodi tradizionali come la tecnica dei punti o la tecnica dei compassi, nel caso dell’ ingrandimento o della riduzione di un modello, oppure tecniche che si affidano alle nuove tecnologie, come la scannerizzazione o la riproduzione tramite robot. Tutto sta nel capire quale delle due ha senso seguire in merito al lavoro da affrontare.
Con la sua arte ha viaggiato molto, partecipando a simposi sia in Italia che all’estero: Germania, Belgio, Egitto, Malesia. Quali sono le differenze artistiche e culturali?
Non ho partecipato a tantissimi simposi, ma per quei pochi che ho fatto devo dire che ho sempre trovato persone molto accoglienti e disponibili verso gli artisti, sia in Italia che all’estero. Piccole o più strutturate organizzazioni che cercano di dare il meglio per l’esperienza degli artisti e per la cittadinanza che ospita l’evento. Quello che si vive ai simposi è molto interessante e stimolante, non è tanto il realizzare la scultura in sé, ma lo scambio che si crea con gli altri scultori e con gli organizzatori. Lo considero un ottimo modo di viaggiare e di conoscere posti e culture diverse senza essere turisti ma ospiti.
In quale modo l’arte potrebbe cambiare il pensiero delle persone?
L’arte ha un grande potere: crea in noi emozioni. Ci spinge a porci delle domande su noi stessi e sul mondo, indaga nel profondo del nostro essere e stimola i nostri sentimenti più intimi. Insinua in noi il dubbio, lo stupore, il caos, il pathos, la follia. È lo strumento inutile senza il quale ci sentiremmo fondamentalmente vuoti.
Alcune persone vorrebbero distruggere le sculture naziste e estremiste, altre tenerle per non dimenticare. Una sua congettura ?
Non sono per la distruzione, ma certamente per la ricollocazione di quel tipo di sculture in un apposito contesto dove sarebbe la narrazione storica e critica a farla da padrone. Un contesto che utilizzi queste opere come reperti storici e non come elementi di propaganda nazista ed estremista.