“Oh babbo, domenica mi piacerebbe tanto abbandonare le Apuane per andare al mare”. Come si fa a dire di no ad una figlia che da anni mi supporta, per condividere con me le gioie della montagna? E allora è deciso, si va al mare ma, intendiamoci, non sulla spiaggia, bensì in uno dei luoghi più caratteristici ed impervi delle Cinque Terre: Monasteròli. Partiamo dunque alla volta di La Spezia e da qui proseguiamo su via Fieschi verso Marola, costeggiando il muro in pietra dell’Arsenale della Marina Militare; dopo poco troviamo sulla destra, in verità non molto ben segnalato, il bivio che porta a Campiglia.
La strada è piuttosto stretta e molto tortuosa per cui è bene fare attenzione e procedere con la dovuta prudenza. In alto invece si allarga, diventando facilmente percorribile fino a trovare, un centinaio di metri prima dell’abitato, un ampio parcheggio gratuito già piuttosto affollato. Lasciata la macchina proseguiamo fino a raggiungere la piazzetta principale a quota 370 situata all’estremità del paese che si allarga a corona sul golfo.
Qui la prima sorpresa: a destra il magnifico golfo di La Spezia, cui fa da sfondo l’Appennino tosco emiliano e più ad est, le Apuane con, facilmente riconoscibili, il profilo del Pizzo d’Uccello, del Pisanino e del Sagro mentre sulla sinistra si apre una balconata, con una vista incredibile su un mare che oggi, in una giornata particolarmente tersa, è di un azzurro incredibile.
Abbagliati da tanta bellezza sbagliamo strada e scendiamo per una decina di minuti lungo una mulattiera, via Tremonti, salvo accorgerci dell’errore e riguadagnare rapidamente il paese. Ci consoliamo dicendo che ci siamo scaldati le gambe.
Tornati al punto di partenza imbocchiamo il sentiero del CAI n°535 e, dopo una serie continua di saliscendi, incontriamo una strada proveniente da Biassa. Un centinaio di metri di asfalto e riprendiamo il sentiero abbastanza agevole fino a raggiungere, su una curva ombrosa, la Fontana di Nozzano a un chilometro e 200 metri dalla partenza.
Questa fontana fu costruita, come si legge dal cartello posto in prossimità, nel 1805 dai soldati napoleonici, che qui stanziavano in un pianoro sottostante adibito all’avvistamento della flotta inglese, captando una sorgente li vicina. È questo l’unico punto nel quale ci si può rifornire di acqua freschissima, prima di affrontare il resto del percorso.
Da qui, sulla sinistra, imbocchiamo il sentiero CAI n° 536; ancora 400 metri di saliscendi lungo i quali il panorama si apre a sud per mostrarci le isole del Tino e Palmaria e, sotto di noi, lo scoglio Ferale, una piramide rocciosa a un centinaio di metri dalla costa: eccoci finalmente all’inizio della Scalinata di Monasteròli.
Si tratta di una serie di 1100 gradini, o per meglio dire gradoni in pietra, che precipitano con pendenze che talvolta superano il 45 per cento fino al piccolo borgo a picco sul mare.
All’inizio i gradini sono ben distanziati ma, man mano che si scende, si fanno sempre più fitti, ripidi, a strapiombo sul mare e stretti a tal punto da costringerci a mettere i piedi paralleli all’alzata; non ci sono balaustra o ringhiere di sorta, per cui chi soffre di vertigini può avere dei seri problemi. Nonostante ciò oggi, grazie anche alla splendida giornata ed alla temperatura primaverile, troviamo un sacco di persone, in maggioranza intrepide donne, che affrontano coraggiosamente la discesa.
Finalmente, dopo un’ora e quindici minuti dalla partenza, arriviamo in quel piccolo nucleo di case letteralmente abbarbicate e strapiombanti sul mare. Qui un tempo vivevano i pochi abitanti che coltivavano, a prezzo di enormi sacrifici, i pochi ortaggi e le viti su minuscoli fazzoletti di terra trattenuti da muri a secco. Sono loro che nel corso dei decenni hanno costruito quest’opera, che possiamo definire ciclopica, utilizzando e squadrando a mano la pietra locale che qui si trova in abbondanza.
Oggi le case, ancora ben tenute, sono meta in estate di turisti che vi soggiornano per brevi periodi. Purtroppo una recente frana inibisce l’accesso al mare e così dobbiamo accontentarci di vederlo dall’alto mentre ci rifocilliamo.
Il panorama però è impagabile: ad ovest, in lontananza, il promontorio di Punta Chiappa, estrema propaggine del Golfo del Tigullio, poi Punta Mesco che divide Levanto da Monterosso, all’orizzonte l’isola di Gorgona ed a sud ancora Palmaria e Tino del Golfo dei Poeti, sotto di noi un mare azzurrissimo solcato da poche imbarcazioni.
Si può chiedere di meglio? È giunta l’ora di tornare e qui cominciano i dolori. Iniziamo a risalire faticosamente quei gradini, discesi baldanzosamente, sotto un sole che picchia come fossimo in estate, invece che a gennaio: non c’è un filo d’ombra e, alzando gli occhi, sembra impossibile poter arrivare fin lassù.
La tecnica che adottano le mie stanche gambe è quella di fare trenta gradini seguiti da una breve sosta e in questo modo, pian piano, guadagniamo quota fino ad arrivare al sentiero pianeggiante.
Giunti di nuovo alla Fontana di Nozzano facciamo una breve sosta per rinfrescarci e cambiare le maglie madide di sudore.
Finalmente, dopo due ore di cammino da Monasteròli, eccoci di nuovo a Campiglia per dare un ultimo sguardo all’incantevole golfo e poi via verso casa dove ci attende una fresca birra ed una doccia rigenerante. Abbiamo fatto una gita al mare ma, credetemi, non abbiamo affatto rimpianto le ardue salite delle nostre belle Apuane.