Ci sono persone che gravitano intorno alla nostra vita per molto tempo, senza entrare mai in contatto con noi ed altre che arrivano solo quando è il momento giusto. Questo è quello che mi è accaduto con Cosimo Crott: ho sempre sentito parlare di lui da quando ero una ragazzina, sapevo chi era, ma non ero mai riuscita a conoscerlo. Poi, un giorno, mi sono ritrovata in libreria ad una presentazione di un libro e lui era lì. Ricordo che iniziò a cantare e in quel momento esatto non esitai un attimo a chiamare la caporedattrice del giornale, per il quale scrivevo, per farle ascoltare la sua voce. Lei, da Roma rimase rapita da tanta potenza, da quelle sonorità graffiate e dal modo di Cosimo Crott di reinterpretare i Led Zeppelin. Ci entusiasmammo entrambe ed iniziammo a seguirlo, da allora sono trascorsi diversi anni ed anche se non riesco ad andare alle sue serate per ascoltare le sue imperdibili performance, resto sempre incuriosita dalla sua persona. Un’artista con molte cose da dire, una voce potente, un’esperienza ricca di successi e di progetti. Attualmente è alle prese con un nuovo grande progetto che lo ha riportato alle origini. Si torna sempre dove si è partiti. È in uscita il nuovo singolo che non vedo l’ora di ascoltare. Con i Death Wishlist, il gruppo con cui crea inediti, ha iniziato un nuovo “viaggio” fatto di consapevolezze, conoscenza e determinazione. La musica italiana va sostenuta ed alimentata. Dobbiamo valorizzare gli artisti italiani e Diari Toscani è in prima linea per questo.
Cosimo, per molti anni sei stato il frontman di molte cover band. Com’è iniziata questa avventura?
Nel 2007, dopo aver avuto diverse bands con le quali proponevamo canzoni nostre, ho deciso di entrare anche nel giro delle cover. Proporre le proprie canzoni nel giro dei locali, inciderle e pubblicarle è un impegno che può anche portare a delle frustrazioni. Scegliere di fare anche cover è stato utile per entrare in un giro di altri locali ed una sfida personale sul piano vocale. Confrontarmi col repertorio dei Toto, Deep Purple, Simply Red, Beatles, Led Zeppelin ed altri grandi nomi è stata una palestra formidabile per migliorarmi tecnicamente.
Perché hai scelto di cantare nelle cover-bands ?
Basilarmente per ottenere quel tipo di soddisfazioni che danno le tribute bands: divertimento in serata coi fans delle band originali e suonare più spesso. Col trio acustico Triplo Malto, per esempio, abbiamo fatto oltre 300 concerti in circa 10 anni, ed oltre i Triplo avevo altri gruppi o situazioni che mi hanno impegnato molto, che era ciò che volevo.
Raccontaci qualche aneddoto della tua lunga carriera…
Trattandosi di un secondo lavoro non la definirei “carriera”, per rispetto verso i musicisti di professione. I primi aneddoti che mi vengono in mente mi riguardano nel privato, ma situazioni e persone divertenti ne ho vissute molte: é stato di sicuro un arricchimento. Un giorno abbiamo suonato col set acustico Triplo Malto, nel pomeriggio per un moto-club e alla sera per un altro moto-club acerrimo rivale del primo, cosa che in certi ambienti sarebbe valutata inopportuna, ma noi abbiamo avuto sempre un etica del lavoro forte e due servizi nello stesso giorno sono risultati irresistibili.
Cosa ha rappresentato per te la musica sino ad oggi?
Una fonte di gioia, una disciplina formativa, una competizione con me stesso, un rituale celebrativo delle canzoni che amo, una compagnia, a volte anche troppo presente, ma che ancora oggi mi affascina e mi lega a sé.
Stai facendo ciò che desideri, oggi?
Sì, sempre di più. Ho superato il punto in cui usavo la musica anche come fonte di guadagno economico ed oggi mi sto dedicando solo a ciò che mi dà soddisfazione emotiva.
Cosa pensi del tuo percorso?
Senza falsa modestia, avrei meritato un po’ più di fortuna. Accanto a valutazioni sbagliate che ho fatto, tipo non essere più determinato nel crescere col mio gruppo originale, I Tornado prima e poi i Turtleback, ho dovuto impegnarmi tanto in altri ambiti che giustamente mi hanno distolto dalla musica.
Che direzione stai prendendo?
Sto tornado alle origini, al proporre canzoni nostre, mentre calo con l’ attività coi tributi. Insieme ai Death Wishlist, il mio attuale gruppo con cui ho scritto inediti, abbiamo davanti delle possibilità che voglio sfruttare al meglio, forte dell’ esperienza vocale e anche degli errori fatti in passato. Il fatto di avere 54 anni, mi mette nelle condizioni di vivere la cosa con lucidità, maturità e senso delle proporzioni, si tratta sempre di far musica per divertimento, prima personale poi perché sia condivisibile.
Quali sono i tuoi sogni?
Il termine “sogni” lo sentirei di più se avessi vent’ anni. Oggi, con realismo, mi piacerebbe fare un percorso musicale che mi portasse a delle soddisfazioni, tipo poter suonare all’ estero, cosa che non ho mai fatto, magari anche in festival con band importanti. Vivere anche per brevi momenti in un contesto professionale. Un grande traguardo sarebbe andare in tour, anche per poche date, con una band che stimo.
Cosa stai facendo per realizzarli?
Posso dedicarci tutto il tempo extralavorativo che ho. Le mie prime responsabilità restano comunque presenti, il vantaggio è che queste, negli ultimi anni, si sono ridotte, così che oggi ho molto tempo in più per curare la musica e creare possibilità di crescita.
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