TUTTO IL TIFO MINUTO PER MINUTO 22^ GIORNATA
Lecce Fiorentina 3 – 2
di Gianni Ammavuta
Prima di commentare lo scempio, fatemi salutare “uccellino” Kurt Hamrin, uno dei più importanti giiocatori che abbia mai vestito la maglia viola, con un breve aneddoto. Qualche anno stavo passando accanto ad un giardino in cui una decina di ragazzini stavano facendo una partitina, con zaini e pullover a fare da pali. Ricordo che era primavera, e faveva caldo. Ad un certo punto il pallone rotola lontano, ad una trentina di metri dai ragazzi. Finisce la sua corsa proprio nei pressi di un signore anziano che stava passeggiando.
“Ehi, nonno, – grida uno di loro – che ce la fai a ritiracelo?
Il vecchio si avvicina al pallone. Lo alza con un rapido movimento del pìede, esegue due palleggi con entrambi i piedi, e poi calcia forte. La sfera compie un ampio arco in aria e finisce tra le braccia del ragazzo che aveva gridato, senza che lui si fosse mosso. I ragazzi si guardarono allibiti. Loro non potevano conoscere quel viso, ma io sì. Naturalmente il vecchio era Hamrin, il grande Hamrin. Un giocatore assoluto, la cui classe pura va oltre le tante fasi evolutive del calcio. E’ il nono miglior marcatore di sempre in serie A, con 191 reti segnate ad una media di 0,48 gol a partita. E’ morto ieri 4 febbraio 2024.
Dovunque tu sia, Kurt, perdona questa squadra, di peccatori, perchè non sanno quello che fanno. Perdere come ha perso la Fiorentina contro il Lecce, è materia per una fustigazione collettiva, seguita da una serie di sedute molto approfondite di psicoanalisi di gruppo.
Il primo tempo dei viola è vergognoso. Il Lecce, oltre a segnare su punizione, colpisce due legni, impegna severamente “nonno” Terracciano in più di un’occasione e, in generale, ogni volta che attacca sembra un’orda di visigoti alla prese con il decadente Impero Romano. La Viola rientra negli spogliatoi a testa bassissima, ma ancora, incredibilmente in partita. Le grandi squadre, quando sono in crisi di gioco e di risultati, normalmente, emergono proprio in questi momenti: cioè quando l’avversario non è stato capace dI sferrare il fendente ferale. E la Viola, in effetti, cominicia il secondo tempo con il piglio del predatore risparmiato, che sente la stanchezza della preda e le salta alla giugulare per riportare in equilibrio la bilancia della natura. Dopo pochi minuti, il neo entrato Mandragora azzecca il sinistro giusto da fuori area e trova un bel pareggio. Le ginocchia del Lecce cominicano a cedere, e infatti, pochi minuti più tardi, Beltran approfitta con furbizia dell’indole suicida del portiere del Lecce, mettendo in rete un pallone rubato, senza neanche bisogno di calciarlo. Beltran esulta come se avesse segnato all’ultimo minuto in una finale di Champions, e la Fiorentina esce dalla partita come chi si vuole togliere un peso dalle spalle. Nonostante questo masochistico esilio autoindotto, la Viola potrebbe chiudere la gara con Belotti, nuovo entrato e nuovo acquisto del mercato di gennaio, sfortunato nel colpire la traversa con un bel pallonetto in acrobazia, ma soprattutto con il giovane Parisi, che colpisce di broncio, invece che di testa, e riesce a sbagliare il gol che non si può sbagliare mai, pena un’afflizione e una perdita di autostima dalle quali ci si riprende dopo mesi. Così si arriva al ridicolo ripiegamento difensivo di NZola, il cui goffo colpo di testa offre l’assist per il 2 a 2, e immediatamente dopo, al gol del 3 a 2 per la squadra di casa, dopo una ripartenza – udite, udite – subita in fase di possesso, a squadra schiarata. Al di là di come è maturata, la Fiorentina perde meritatamente una partita che spalanca un baratro, sul ciglio del quale la squadra, adesso, è costretta a ricostruire un suo percorso identitario. Ho sempre sostenuto che la squadra, anche se vincente, non mi convinceva affatto. Era solo questione di tempo. Quel tempo è iniziato venerdì. Vedremo quanto durerà.