prima parte
Il Natale e l’ultimo dell’anno sono appena passati e il cibo, durante il periodo delle festività, è stato il re delle nostre tavole, almeno in questa parte di mondo dove si ha la fortuna di poterlo avere, e non posso che ritenermi fortunata. È una riflessione che faccio, mentre, in macchina, raggiungo Renzo Centri nel suo ufficio dell’azienda Cipressi in Chianti, a Radda in Chianti.
Appena apre la porta di quella che, una ventina di anni fa, era un’autorimessa in disuso, mi porge dei copri-scarpe usa e getta, già questo mi dà la misura delle norme igieniche del luogo di lavoro che mi accingo a visitare, e mi invita seguirlo.
“Questa è la Ferrari delle affettatrici manuali, un’affettatrice Berkel.” Dice, mentre mi indica da dietro dei vetri una macchina collocata in uno spazio isolato dal resto del locale. “Questa si chiama camera bianca: al suo interno la temperatura è costante a 12 gradi. L’altra macchina è una confezionatrice”.
Faccio alcune domande a Renzo Centri per arrivare a parlare di biodiversità e territorio.
Come è nata, e perché, l’azienda Cipressi in Chianti?
La storia di Cipressi in Chianti nasce per l’intuizione di un signore di Parma, Mauro Ziveri, figlio di Beppino, selezionatore e lavoratore di carni di qualità. Mauro iniziò la sua attività come distributore delle carni del padre. Ben presto il suo intuito lo portò a presentare i suoi prodotti nei circuiti della grande distribuzione e a essere uno dei primi promotori della stessa. Fondando “Rosa dell’Angelo” diventò rapidamente il più importante produttore di prosciutti di qualità. Nel 2005-2006, dopo aver visitato più volte il Chianti, affascinato dal paesaggio, dalle peculiarità del territorio e dai salumi da sempre molto apprezzati, pensò che avrebbe potuto aprire qui un’attività per produrre prodotti dalle caratteristiche ben precise: dovevano essere artigianali e di alta qualità. L’attività prese vita nel 2006 con l’assunzione di poche ragazze. Oggi siamo cinquanta dipendenti. La sede è rimasta la stessa e l’ambiente dove viene svolto il più del lavoro è alla Villa, poco lontano dalla sede.
Nella frazione di Villa è facilmente riconoscibile la grande struttura di Cipressi in Chianti. Che cosa ha significato per Radda in Chianti avere un’azienda di queste dimensioni sul proprio territorio?
I primi anni è stata una benedizione. Qui, a parte strutture ricettive turistiche e aziende vitivinicole, non è che le opportunità lavorative fossero molte. Una volta a Gaiole c’erano due mobilifici in cui lavoravano un centinaio di famiglie di Gaiole e dintorni. Quando chiusero i battenti furono momenti bui. Per anni, ogni giorno arrivavano richieste di assunzione, pacchi di curriculum. Adesso le cose sono un po’ cambiate, più o meno gli abitanti del territorio hanno trovato un impiego e quindi anche reperire personale è un po’ più difficile, per fortuna. Oltretutto questo è un lavoro che richiede determinate caratteristiche, prima tra tutte la cura della perfezione del prodotto.
Cinquanta dipendenti per una realtà come Radda sono un numero abbastanza considerevole…
Sì, vero. Il nostro è uno smercio importante: dalla nostra azienda escono 12mila confezioni al giorno, quindi c’è necessità di forza lavoro, oltre all’indotto a esso legato.
Avete più allevamenti?
Sì, abbiamo degli allevamenti a Barberino val d’Elsa, dove gli animali vivono in libertà in grandi spazi. Cipressi in Chianti produce una sua linea di salumi con vaschette che vengono realizzate a mano in maniera che risultino, sia esteticamente che in termini di freschezza, al meglio. Poi c’è l’allevamento di cinta senese a pochi chilometri sopra Barbischio”.
La cinta senese è un fiore all’occhiello del Chianti, giusto?
Sì, lo è, ma essendo un prodotto un po’ particolare, la vendita è abbastanza circoscritta al nostro territorio. Fuori dalla Toscana non è molto conosciuta, per esempio al Nord non è così apprezzata come invece è apprezzata qui da noi, e quindi ha una distribuzione ristretta.
Che tipo di razza suina è la cinta senese?
In epoche lontanissime nei nostri boschi c’erano maiali neri e rossi, poi arrivarono degli animali dall’oriente. Anche se non abbiamo certezza sul periodo, alcuni parlano addirittura dal tempo dei romani, comunque ci fu un incrocio fra la razza di maiali nostra, quindi autoctona, e una razza arrivata dall’oriente. Da questa ibridazione nacque, ovviamente controllata, quella che è la cinta senese: nera con la fascia bianca. Per certo è che fosse presente nel Medioevo, c’è pure una testimonianza pittorica!”.
continua…