Qualche anno fa, nei giorni precedenti il Natale, camminavo lungo le vie semideserte di una piccola frazione di Fivizzano, che, forse, conta tutt’oggi una ventina di abitanti. Portavo con me tutto il necessario per fare una dimostrazione di come funzionava la macchina del caffè, che cercavo di vendere alle persone alle quali ero riuscito a strappare un appuntamento. Camminavo a testa bassa, ripetendo tra me e me tutti i passaggi che avrei dovuto fare, il marchio di fabbrica che rappresentavo, la presentazione del caffè, la macchina per poterlo preparare e i vari tipi di offerta che potevo proporre. Il paese era silenzioso e le ombre della sera si stavano velocemente impossessando delle case e delle strade che mi circondavano, quando tutto ad un tratto la mia attenzione venne attratta da un oggetto colorato che giaceva in un angolo vicino al marciapiede. Era rosso e a prima vista sembrava un banalissimo pezzo di plastica, ma, rigirandolo col piede, mi accorsi che si trattava di un palloncino scoppiato: dalla parte in cui era stato gonfiato aveva attaccato un filo di spago e all’altro capo di questo, era stato assicurato un piccolo rotolino di carta. La sensazione fu quella di aver trovato una specie di messaggio nella bottiglia e la mia curiosità spinse per srotolarlo e leggerne il contenuto. Dovetti rimandare l’operazione perché la carta era bagnata e aprendolo avrei rischiato di strapparla, dicendo così addio al messaggio. Misi tutto in tasca, individuai la casa giusta e feci la mia brillante presentazione anche se, inutile dirlo, tutta la mia attenzione era rivolta a su cosa avrei potuto leggere in quel biglietto arrotolato. La mia presentazione andò bene e si concluse con la stipula di un contratto, ma in quel momento nulla mi interessava di più di sapere qual era il messaggio segreto, così tornai in fretta e furia in macchina presi la via di casa ed una volta arrivato, liberato il rotolo dallo spago e dal palloncino, lo misi sopra la stufa in modo che il calore potesse asciugarlo, senza rovinarlo troppo. Cenai con la curiosità che ormai mi rodeva il cervello, andai a controllare più volte fino a che finalmente non giudicai che fosse arrivato il momento buono per leggerlo. Srotolai con cura il biglietto e con sorpresa notai subito che il testo era scritto a stampatello con una calligrafia stentata e non uniforme. Il testo diceva più o meno così: “Caro Babbo Natale, mi chiamo Giada, durante l’anno sono stata molto brava e per questo ti chiedo di portarmi qualcuno di questi regali” e continuava con una lista davvero impegnativa di doni che avrebbe voluto ricevere.
Si trattava di una letterina per Babbo Natale: più che logico in quel periodo e subito mi venne la voglia di accontentare uno dei desideri di quella bambina. Il problema era che non sapevo davvero chi fosse e dove abitasse. Non mi persi d’animo e scrissi sul motore di ricerca del mio computer tre parole: Natale, l’anno, palloncini ed infine incrociai le dita. Quasi subito apparve il link ad un articolo riguardante una manifestazione che si era svolta qualche giorno prima a Portovenere, dove alcuni bambini avevano affidato al vento dei palloncini ai quali avevano legato le loro letterine. Doveva essere per forza una di loro, ma ancora non sapevo come identificare la bambina così cercai l’indirizzo della segreteria del comune di Portovenere e scrissi una mail, spiegando che avevo trovato il palloncino con la letterina attaccata, che sapevo che la bambina si chiamava Giada e che probabilmente, dal tipo di regali che chiedeva poteva avere tra i cinque ed i sette, otto anni. Di più davvero non potevo tirare fuori, per cui sarebbe stato fondamentale un loro aiuto. Ancora una volta schiacciai invio ed incrociai le dita. Il giorno dopo una solerte impiegata mi rispose dicendo di sapere chi fosse la bambina, così la pregai di dare il mio numero di telefono ai genitori per dirgli che avrei avuto piacere a regalarle uno dei tantissimi regali che aveva chiesto.
Per farla breve acconsentirono, ci incontrammo e passammo un bellissimo pomeriggio insieme, un paio di amiche della famiglia si presentarono più tardi per ringraziarmi e per conoscermi, dicendo che quella era davvero una bellissima storia di Natale, una storia che avrebbe meritato di essere raccontata. In realtà io mi chiedo: chi non avrebbe fatto quello che ho fatto io in quella specifica occasione? È Natale e cosa c’è di più bello di accontentare i desideri di una bambina che affida i proprio desideri ai capricci del vento e del caso?
Buon Natale
Alessandro e Lapo, il gatto filosofo