TUTTO IL TIFO MINUTO PER MINUTO 14^ giornata
Lazio Cagliari 1 -0
di Pierluigi Califano
Quando la Lazio giocherà di domenica mi sembrerà una cosa anomala. In un sabato ventoso, si affrontano in uno Stadio Olimpico abbastanza gremito (ho sempre sognato di scriverlo), la squadra capitolina e il Cagliari di Ranieri, uno degli ultimi galantuomini del calcio. La Lazio parte forte con pressing alto e scambi veloci. Dopo pochi minuti accade qualcosa di straordinario, quasi come il ritrovamento del Graal, Lazzari azzecca un cross e Pedro Pe, il meglio di Santa Fé, porta il vantaggio la Lazio (che bella frase). Il Cagliari prova a reagire e il telecronista dice: testa di Lapadula che sembra un’ offesa. La squadra sarda si sbilancia e la Lazio parte in contropiede. In un’ azione, Guendouzi detto Truciolo corre verso l’area di rigore, ma viene abbattuto con un gatto a nove code da uno che non mi ricordo, che comunque viene espulso. Esce Lapadula che è contento come uno che viene invitato a un matrimonio nel mese di luglio a mezzogiorno. Nel Cagliari militano giocatori con nomi strani, tipo Goldaniga che sembra un cartone animato giapponese e Azzi del quale potete immaginare le mille declinazioni. Finisce un primo tempo non proprio da ricordare, giusto un momento per un caffè e inizia la seconda frazione che in matematica mi ha sempre creato difficoltà. Il Cagliari malgrado lo svantaggio resta molto chiuso e la partita assume il significato della Cop28 per il clima. Esce Luis Alberto che richiama la panchina ballando la makarena. Entra Kamada che saluta Goldaniga in giapponese, lo vedi che avevo ragione. C’è ancora il tempo di vedere Taty Castellanos che rischia di perdere la virilità e il Cagliari che si sveglia negli ultimi dieci minuti. I sardi rischiano di pareggiare anche grazie a quelli che tecnicamente si chiamano: rinvioallavivailparrocoanchedettidemerda, da parte dei difensori laziali. Finisce la partita con una preziosa vittoria per la Lazio e con il Cagliari che, con più coraggio, avrebbe potuto ottenere di più.
Genoa-Empoli: 1-1
di Marco Germelli
Evvabbè.
Uno che di cognome fa Cancellieri (pure al plurale, manco al singolare) non può che tener fede al proprio casato. Come “Cancelliere”, nel senso di primo ministro teutonico, emana un diktat che ci rimette subito al nostro posto. Come “Cancelliere” nel senso di segretario ed archivista accademico, sbriga la pratica e ne ripone il fascicolo nell’armadio apposito. Come “Cancelliere” nel senso di collaboratore del giudice, documenta gli atti e ne redige relativo verbale.
E agli atti ci va l’ennesima gara approcciata alla grande e contrassegnata dal solito, illusorio vantaggio, salvo poi chiosarsi in parità e lasciare il Grifo in quel costante senso di incompiutezza che si trascina dietro pressoché da inizio stagione.
“Non c’è il tempo di crogiolarsi nella gloria e di godersi il momento della vittoria. Devi infliggere il colpo di grazia e farla finita.”
E lo diceva il CANCELLIERE Palpatine di Star Wars, mica io.
Monza – Juventus 1 -2
di Vinicia Tesconi
In vetta per due notti! Non ci contiamo, non ci pensiamo neppure, che durerà di più il nostro primato, ma quello che conta è che siamo tornati al nostro posto, che ci mancava da morire. La Juve non è la stessa dello scorso anno, che al miracolato Monza ha regalato ben sei punti in due partite, travolta dalle trame giudiziarie tessute da giudici giudici sportivi e non, troppo condizionati dalle loro personali passioni per le squadre del cuore, che non erano certo quella bianconera. Lo hai capito, meschino Gagliardini? Che per quel misero gol, che vi ha portati su un pareggio, durato quanto un zucchello in bocca al porco, sei andato a sbeffeggiare Rabiot, il nostro capitano, che per te è monumento inarrivabile di classe, di educazione e di bravura calcistica. La Juve non è quella dell’anno scorso: e la partita col Monza lo ha confermato senza più alcun dubbio, anche se, la tendenza ad accontentarci del corto muso (da combattere, assolutamente) ci aveva, quasi, fatto rischiare un immeritato pareggio: il Monza, che è ancora quello dell’anno scorso, è solo arroganza, presunzione e molta imprecisione. La Juve non è quella dell’anno scorso, perchè, raggiunta e raggelata dal pareggio di (Carbon) Valentin, vestito di nuov, appena uscito dall’asilo, al 91°, ha tirato fuori la grinta, la rabbia e le palle per riprendersi la vittoria in tempo zero. Con una scarpata mancata e poi ripresa da Super GattONE, con una briciola di fortuna – che va bene: un po’ per uno in braccio alla mamma!- con tutta la fame che abbiamo da quattro anni, un’eternità, per noi, con il solito, eterno, ritrovato stile Juve, che non molla mai. Vincere non è importante: è la sola cosa che conta. E tu, Gagliardini, hai perso su tutta la linea.