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Diari Toscani

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Mille anni sul fiume: il monastero di Santa Croce ad Ameglia

DiVinicia Tesconi

Lug 23, 2021

Non ha perso la sua aura intrisa di storia e di leggenda, il monastero di Santa Croce del Corvo che sembra vegliare, appena rialzato sulle pendici del promontorio Caprione, sulla foce del fiume Magra e sul confine tra Liguria e Toscana nel comune di Ameglia. Forse perché è lì da quasi mille anni.

Nel 1176, il vescovo di Luni, Pipino, regalò a un monaco benedettino il terreno che saliva sul promontorio affinché vi costruisse un monastero dedicato alla Santa Croce e al Beatissimo Nicodemo, ma la nuova struttura non rende come il vescovo aveva sperato e il suo successore, Pietro, dieci anni dopo, pone il monastero sotto alla gestione dell’abbazia di San Michele in Orticaria di Pisa. La posizione strategica sulla foce del fiume, molto più tipica di un castello che di un monastero, lo fa diventare per 200 anni oggetto di lotte tra la Repubblica di Pisa, la città di Luni e la Repubblica di Genova e fa sì che, nel 1286, il vescovo di Luni, Enrico decida di dotare il monastero di una torre d’avvistamento per difenderlo dagli attacchi dei genovesi.

In quello stesso periodo arriva ad adornare l’altare il crocifisso ligneo tunicato che è ancora oggi la sua opera più importante e che sin da allora ha dato nome al monastero. Dopo il passaggio di Dante, nel ‘300, il monastero viene abbandonato e il prezioso crocifisso viene trasferito a Sarzana. Solo nel ‘600 la chiesa di Sarzana decide di recuperare quel che restava del monastero e di restituirgli il suo crocifisso originario, costruendo per questo una piccola cappella adiacente l’antico abside e costruendo anche un piccolo ostello per i sacerdoti eremiti che si dedicavano a mantenere in vita la devozione al crocifisso.

Nel corso dell’’800 il monastero viene prima comprato dal comune di Ameglia poi, viene rivenduto a Carlo Andrea Fabbricotti, uno dei più grandi imprenditori del marmo dell’epoca che si dedica alla valorizzazione del sito. Inizialmente Fabbricotti fa ristrutturare l’ostello degli eremiti per trasformarlo in una sua residenza, poi, vi costruisce ex novo il suo palazzo che ricorda un castello neogotico. Le rovine del monastero diventano parte del parco del castello dei Fabbricotti, ma quando, nel 1935, la crisi del marmo causa il crack dell’impresa di famiglia, tutta la proprietà di Ameglia finisce al Banco del Monte dei Paschi di Siena.

Nella Seconda guerra mondiale la zona viene usata dai tedeschi come sede del loro comando e quindi devastata e saccheggiata e dopo la guerra, di nuovo dimenticata e lasciata in stato di abbandono. Nel 1952 la chiesa ricompra la proprietà per mezzo del cardinale Anastasio Ballestrero che era superiore provinciale dei Carmelitani della Liguria, e la trasforma in un centro di spiritualità e accoglienza, come è ancora oggi sotto la gestione dei padri Carmelitani Scalzi.

Il percorso è breve e si conclude con un tuffo nell’acqua azzurra e pulita della Punta Bianca. Si imbocca il sentiero che dal parcheggio di Bocca di Magra, vicino alla chiesa, sale verso il monastero di Santa Croce del Corvo. Dopo aver raggiunto e superato il monastero si segue la mulattiera fino alla strada asfaltata. Proseguendo si può arrivare al Borgo di Montemarcello oppure continuare sulla strada asfaltata sulla sinistra fino alla sterrata che conduce alla spiaggia della Punta Bianca.

© Foto e percorso di Cristina Maioglio