parte prima
Vertine, arroccata su una collina, mi appare illuminata da un fascio di sole. Ogni volta che arrivo in questo punto esatto di strada, resto sempre incantata da questo paesaggio, dico a Claudio Bonci la mia guida nei luoghi e nella storia del Chianti.
“Ho un’affezione particolare per Vertine – mi risponde – sia per la mia storia personale che per quella di questo luogo. Sai che questo territorio fu colonizzato dagli etruschi? Le prime notizie di Vertine risalgono al 325 a.C. e l’etrusco che la colonizzò fu un certo Vertimna. Poi, come scrive in una ricerca storica Alfonso Sderci, di notizie certe più niente, il buio assoluto, fino al 977-1013 d.C.. Comunque, nel 87/80 a.C il dominio etrusco cessò quando Silla espugnò Volterra e conquistò Fiesole. A seguito di questo subentrarono nel territorio chiantigiano i legionari romani che si divisero i poderi di origine etrusca, probabilmente gli etruschi si integrarono con i romani, ma la lingua che entrò in uso fu il latino. E poi cosa successe? Arrivarono i longobardi, o meglio, i sassoni, nel 600 d.C, e fra questi i Firidolfi. Da alcuni documenti si sa che a ‘Vertinule’, nel 977 i padroni erano i Marchesi di Toscana, di origine salica. Poi, altri documenti comprovano che nel 1035 e nel 1049, furono stipulati due contratti da due Firidolfi: Azzo del fu Geremia, che abitava a Vertine e che nel 1035 cedette i beni ai suoi nipoti; e Piero di Pierone chiamato ‘Padrone di Vertine’ che nel 1049 donò all’oratorio di San Lorenzo alcuni suoi beni fra cui, appunto, Vertine. In alcuni atti, pur non trovando specifica menzione né dei Ricasoli né dei Firidolfi, in quanto non erano usi apportarla nei documenti – tanto che spesso sono state incontrate difficoltà nell’attribuire i possedimenti – è stato documentato, a posteriori, che a Vertine ci fossero entrambi tanto che in un atto del 1230 compare un nuovo nome: i Vertinelli.” Claudio interrompe il racconto, e io non interrompo il suo ragionare fra sé e sé. Attendo e, mentre arriviamo poco prima dell’arco di accesso al paese, riprende a parlare.
“La famiglia Firidolfi e la famiglia Ricasoli, pur essendo unite dalla Consorteria Ricasoli Firidolfi, ebbero negli anni 1351-1352 vari litigi che sfociarono in una vera e propria guerra per questioni di interessi. Tutto ebbe inizio per l’invidia dei figli e dei nipoti di Arrigo Ricasoli per il loro zio Ranieri, Pievano di San Polo in Rosso, che non voleva spartire le rendite con loro. All’origine in verità c’è un fatto legato a Firenze. Dunque: Ugolino Ricasoli, padrone di Vertine, si fece guelfo per mantenere buoni rapporti con Firenze, ma l’imperatore Enrico VII non prese tanto bene questa decisione e nel 1313 lo condannò, anche se in verità non vi furono grandi ripercussioni, in quanto il suo dominio stava decadendo. I Ricasoli Firidolfi, però, sempre per questione di interessi, nel 1350 destituirono Ugolino dando il castello di Vertine ad Alberto di Ranieri di Berlinghieri, colui che aveva dato origine alla casata Ricasoli.” Ed ecco spiegata la frase che è diventato il motto della famiglia Ricasoli, dico a Claudio: ‘Rien sans peine’, niente si ottiene senza sacrificio, che non era riferito solo alla fatica e al sacrificio del lavoro. E con questa frase varchiamo l’arco di accesso al paese.
Sono state molteplici le volte in cui ho visitato Vertine, lo conosco in lungo e largo, eppure, oggi, passare sotto questo arco mi procura una sensazione di meraviglia e incanto.
Sulla nostra destra un torrione osserva il nostro transitare dall’epoca odierna a quella medievale.
Mentre immagino il galoppare di cavalli che entrano in paese, vengo bruscamente interrotta dall’accensione di alcune moto posteggiate, poco prima delle mura, vicino al Parco della Rimembranza. Attendo che i centauri partano affinché il loro frastuono si allontani restituendoci il silenzio che abbraccia il paese, Claudio pare cogliere questo mio desiderio e si sofferma poco dopo l’arco. Al dileguarsi delle moto iniziamo il giro partendo sulla destra. “Dopo, a conclusione, ci fermeremo qui, ho una sorpresa per te” dice, e prendiamo la strada di acciottolato che porta in piazza, anche la pavimentazione per buona parte è ancora originale del medioevo. Arriviamo davanti alla chiesa di San Bartolomeo, purtroppo anche questa è chiusa.
Come il castello risale all’XI secolo, ma l’odierna costruzione ha dimensioni e disposizione variate rispetto a quella originaria. “La facciata neoromanica risale agli anni trenta del Novecento”, dice Claudio. E riprende a parlare, quasi volesse concludere quanto mi stava dicendo poco prima: “Pensa che i litigi nella famiglia Ricasoli Firidolfi e le vicende consequenziali si sono susseguite fino al 1800, con la scomunica di Bettino Ricasoli per aver venduto dei poderi della Pieve di San Marcellino.” Ci spostiamo poco più avanti e ci affacciamo sulla valle. “Anche Vertine nel 1478 subì l’invasione aragonese, ma non venne conquistato. Nel 1400 era il più grande castello della zona ed era densamente abitato, dal 1323 al 1774, gli abitanti di Gaiole furono sotto il suo comune. Era un paese con molti abitanti che nel corso dei secoli aumentarono. Nel 1841, sotto il Granducato di Toscana, fu fatto un censimento ed emerse che la popolazione era di 401 persone: non ricordo a mente come fossero suddivise le percentuali in maschi e femmine, ricordo che erano suddivise in circa una sessantina di famiglie e una cinquantina di case. Oltre a essere il paese più popoloso era anche quello più ricco di artigiani e le botteghe, ed erano tutte all’interno del borgo del castello. E qui, ho una ‘chicca’ per te…”.
continua…