Non è davvero semplice raccontare Giovanni Papini e le sue mille vite. Nacque a Firenze il 9 gennaio del 1881, da subito manifestò il suo carattere solitario e introspettivo, che gli fece preferire la frequentazione delle biblioteche, ricercando nei libri ciò che non riusciva a trovare nel prossimo. Dopo gli studi da maestro, iniziò l’insegnamento di lingua italiana all’Istituto Inglese di Firenze. In seguito divenne bibliotecario del Museo d’antropologia di Firenze. Nel 1903 fondò con Giuseppe Prezzolini la rivista Leonardo, che si poneva contro il positivismo filosofico e letterario. Papini si opponeva al socialismo con un feroce individualismo. Nel 1906 pubblicò il saggio Il Crepuscolo dei filosofi di chiara ispirazione dal Crepuscolo degli idoli e alla morte di Dio di Nietzsche che era il riferimento di Papini. Lo scrittore si contrapponeva al pensiero filosofico di Kant, Hegel e Schopenhauer e in qualche frangente anche allo stesso Nietzsche, il saggio fu una pietra tombale su tutta la filosofia antecedente. In quel periodo Giovanni Papini entrò nella loggia massonica fiorentina. Nel 1907 pubblicò Il tragico quotidiano e Il pilota cieco, le prime novelle metafisiche, il futurismo applicato ai racconti. Nello stesso anno sposò Giacinta Giovagnoli e l’anno seguente nacque sua figlia Viola, poi la secondogenita Gioconda. Nel 1908 fondò, sempre insieme a Prezzolini, La Voce, una delle riviste culturali più importanti del novecento. La passione per la filosofia di Giovanni Papini si concretizzò con la fondazione nel 1911 della rivista L’Anima, pagine intrise di irrazionalismo, ateismo e misticismo esoterico. Ovviamente Giovanni Papini aderì al futurismo e con Ardengo Soffici, creò nel 1913 la rivista Lacerba. Nello stesso anno pubblicò il romanzo: Un uomo finito. Si trattava di un’autobiografia di lui giovane nevrotico e depresso con manie suicide che tentava di raggiungere la grandezza di Dante e Shakespeare. Giovanni Papini fu notato da Benito Mussolini con il quale condivideva le stesse idee nietzschiane e anticlericali. Nel 1914 fu chiamato dal futuro dittatore a collaborare con il Popolo d’Italia. Papini si batté per l’intervento dell’Italia durante la prima guerra mondiale, spinto dal darwinismo sociale e la guerra come unica igiene del mondo. Nel 1915 pubblicò le raccolte poetiche: Cento pagine di poesia, Buffonate e Mascolinità e nel 1916 le Stroncature, con i dovuti parametri, le Vite di Vasari mutuate alla letteratura. Dopo la prima guerra mondiale, Giovanni Papini fu colto da rimorsi sul suo interventismo. La carneficina alla quale assistette, lo condusse in un travaglio spirituale che terminò il suo percorso nella scoperta della fede cristiana. Nel 1921 per annunciare la sua conversione pubblicò la Storia di Cristo, che si rivelò un successo editoriale internazionale. Tra il 1926 e il 1929 pubblicò Pane e Vino e Sant’Agostino, per il quale fu criticato da Antonio Gramsci, che nel frattempo stava pagando in carcere la sua coerenza agli ideali socialisti. Giovanni Papini aderì al fascismo nel 1935, dopo aver pubblicato Gog, una raccolta di novelle e Dante vivo. Nel 1937 pubblicò il primo volume, che rimase unico, della Storia della letteratura italiana che dedicò a Mussolini: Al Duce, amico della poesia e dei poeti. Come ricompensa ricevette la nomina a direttore dell’Istituto di Studi sul Rinascimento e quella della rivista La Rinascita. Giovanni Papini firmò il Manifesto della razza nel 1938 i si distinse per il suo antigiudaismo religioso. Nel 1942 in pieno conflitto, Giovanni Papini venne eletto vice presidente del congresso dell’Unione Europea degli Scrittori, tenne un discorso intriso di cattolicesimo universalistico e civilizzatore, che in confronto Cortes e Pizarro, erano eretici. L’armistizio del 1943 sconvolse gli equilibri e Giovanni Papini fu costretto a rifugiarsi nel convento della Verna e nel 1944 si fece terziario laico con il nome di fra’ Bonaventura in onore di San Bonaventura, non del signor Bonaventura, quello che vinceva sempre un milione sul Corriere dei piccoli. La fine della guerra e le nuove atrocità alle quali aveva assistito, lo fecero cadere in uno stato di prostrazione e alla quasi cecità. Papini fu osteggiato ed emarginato per i suoi trascorsi fascisti e appoggiato solo dai cattolici più oltranzisti. Continuò a scrivere e pubblicò: Lettere agli uomini del Papa Celestino VI nel 1946, Vita di Michelangelo nel 1949, Il libro nero – Nuovo diario di Gog nel 1951 e Il diavolo nel 1953 che fu messo all’indice dalla Chiesa. Nel 1953 fu colto da una paralisi progressiva, una forma di sclerosi laterale amiotrofica, la SLA. La condizione lo costrinse a perdere l’uso delle gambe, delle braccia e della vista. Prima di perdere la parola concesse un’intervista esclusiva a Oriana Fallaci. Nel 1954 una tragedia familiare lo minò ancora più profondamente, morì sua figlia Gioconda. Il carattere crepuscolare di Giovanni Papini lo spinse all’isolamento e la preghiera. Nel 1955 fu proposto per il Premio Nobel per la letteratura e scrisse Giudizio Universale che sarebbe stato pubblicato postumo nel 1957. Giovanni Papini morì il giorno 8 luglio del 1956 nella sua casa di Firenze. Riposa nel Cimitero delle Porte Sante della città toscana. È difficile scindere il poeta, lo scrittore, l’anima dell’artista, da quanto professato e vissuto nella sua esistenza. Una cosa l’ho finalmente capita, ecco chi era Giovanni Papini al quale era dedicata la mia scuola media.