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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Gino Bartali: il ciclista che salvava le persone

DiPierluigi Califano

Ago 19, 2023

Penso che Gino Bartali sia stato il prototipo del toscano: sanguigno, verace, sincero e generoso. Nacque a Ponte a Ema il 18 luglio del 1914 e malgrado abbia percorso le strade del mondo in bicicletta, rimase sempre nella sua adorata Toscana. Bartali esordì come ciclista dilettante con la Società Sportiva Aquila del suo paese natio. Nel 1934 vinse la sua prima gara e si laureò campione di Toscana. Nel 1935 Gino Bartali cominciò a valutare la possibilità di esordire tra i professionisti. Si iscrisse come indipendente alla Milano-Sanremo,  arrivando quarto, buon risultato per un esordiente. Venne ingaggiato dalla squadra Fréjus e corse il suo primo Giro d’Italia arrivando settimo. Quello stesso anno vinse il Giro dei Paesi Baschi e la Reus-Barcellona-Reus. Le sue qualità non erano sfuggite a Leandro Guerra, il campione che l’aveva notato durante la Milano-Sanremo. Gino Bartali venne assoldato dalla Legnano, nel 1936 vinse il Giro d’Italia, ma quel  successo fu macchiato dalla scomparsa di suo fratello, avvenimento che lo spinse quasi a lasciare il ciclismo. Fortunatamente desistette e nel 1934, ormai capitano della Legano bissò la vittoria nel Giro d’Italia. Divenne capitano della squadra italiana per partecipare al prestigioso Tour de France. Durante la gara cadde e si ferì alle costole, si procurò anche una brutta bronchite che lo costrinsero al ritiro. Nel 1937 Gino Bartali divenne terziario carmelitano con il nome di Fra Tarcisio. Nel 1938 fu costretto dal regime fascista a non partecipare al Giro d’Italia, al fine di gareggiare al meglio nel Tour de France che Bartali vinse, rifiutandosi di rispondere al saluto romano durante la premiazione, segno evidente di ciò che sarebbe stato il suo comportamento nei confronti del fascismo. Nel 1940 vinse la Milano-Sanremo e volle come gregario durante il Giro d’Italia, un ragazzo promettente, Fausto Coppi. Fu una manifestazione lunga e difficile. Bartali cadde e decise che avrebbe fatto da gregario a Coppi. Il quale, forse a causa di una preparazione sbagliata stava per lasciare la gara. Bartali lo spronò anche in modo brusco e alla fine Fausto Coppi si aggiudicò il Giro d’Italia, aveva 21 anni. La guerra interruppe i sogni di volare sulle due ruote di Bartali, Coppi e degli italiani che li adoravano. Gino Bartali fu costretto a lavorare come riparatore di biciclette e si adoperò per salvare gli ebrei dalla deportazione percorrendo in bicicletta molti viaggi fino ad una stamperia che produceva falsi documenti. La sua impresa riuscì a salvare 800 ebrei e nel 2006 ricevette la medaglia d’oro al merito civile dall’allora Presidente della repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, un altro toscano. Dopo la guerra riprese lentamente la vita e con essa anche le gare. Gino Bartali veniva considerato ormai troppo anziano per correre in bicicletta. Il suo orgoglio lo portò a vincere nel 1945, numerose gare locali. Nel 1946 vinse il suo terzo Giro d’Italia dimostrando di essere ancora l’uomo da battere. Il dualismo con Fausto Coppi, che nel frattempo aveva lasciato la squadra Legnano per la Lazio ciclismo e successivamente la Bianchi, era fomentato dalla stampa che aveva la necessità di creare antagonismi al fine di vendere giornali. Nel 1947 Gino Bartali vinse la Milano-Sanremo e Fausto Coppi si aggiudicò il Giro d’Italia. Il 1948 fu un anno di quelli che fecero da spartiacque nella storia del ciclismo e della nostra nazione. Gino Bartali venne designato capitano della squadra italiana per partecipare al Tour de France. Fausto Coppi non era ritenuto pronto a ricoprire il ruolo e Magni, un altro ciclista importante dell’epoca, non era gradito ai francesi a causa delle sue simpatie fasciste. I postumi della guerra e la fragile democrazia furono messi alla prova dal fallito attentato a Palmiro Togliatti, il segretario del Partito Comunista. Ci furono tensioni sociali e la guerra civile sembrò poter scoppiare da un momento all’altro. Negli anni quaranta e cinquanta, il ciclismo era più seguito del calcio. Gino Bartali compì un’impresa epica, vinse quel Tour de France malgrado le sue 34 primavere e in qualche modo salvò il Paese dalla guerra civile e conseguentemente molte vite. Nel 1949 fondò la sua squadra, la Bartali. Arrivò secondo al Giro d’Italia vinto da Coppi e lo aiutò a conquistare il Tour de France. L’anno successivo Gino Bartali vinse la Milano-Sanremo e in quello stesso anno donò molto denaro per la prosecuzione dei lavori della Sagrada Familia di Barcellona, perchè era profondamente cattolico. Nel 1952 avvenne il gesto che è rimasto nell’immaginario collettivo. Durante il Tour de France, Bartali e Coppi si passarono una bottiglietta con dell’acqua.  Il momento venne immortalato in una foto che divenne storica segnando quasi un passaggio di consegne: Fausto Coppi vinse quel Tour de France. Anni più tardi, il cantante e musicista Paolo Conte dedicò una canzone a Gino Bartali, nella quale evidenziò un certo fastidio dei francesi nei confronti del ciclismo italiano. Gino Bartali morì nella sua Firenze il 5 maggio del 2000. È stato un ciclista, un campione, ma sopra ogni cosa è stato un uomo che voleva salvarsi ed ha salvato centinaia di vite.