parte prima
“Sai che Galileo Galilei da ragazzo ha rischiato di morire qui, nel Chianti? A Villa Torricella, che rimane fra il castello di Brolio e…”. Più o meno si è concluso così il precedente incontro con Claudio Bonci, e da lì desidero ripartire. Ci siamo attrezzati con scarpe idonee e partiamo per la nostra escursione che sarà di breve durata: due chilometri e mezzo. Usciamo dal paese per avviarci verso il crinale, la striscia asfaltata termina dopo pochi metri per lasciare il passo allo sterrato, sulla sinistra il piccolo cimitero di Barbischio incorniciato dalle colline boschive.
Questa volta non entro, mi soffermo fuori dal piccolo cancello e sfioro con lo sguardo l’ultima “residenza” dei miei bisnonni, di mia nonna e di mia madre. Sul mio viso si affaccia un sorriso appena accennato: un misto di malinconia, nostalgia e beatitudine. Claudio è in silenzio, ha un libro tra le mani, lo sfoglia lentamente, lo scruta, e ogni tanto passa un dito su alcune righe. Torno a fissare il panorama che si trova al di là del basso muro di recinzione del cimitero. Il vento leggero passa attraverso il fogliame del bosco e produce un suono lieve e soave. Respiro un’aria di pace assoluta. Il rumore delle scarpe sullo sterrato mi distoglie, Claudio di passo lento si è avviato. Lo raggiungo.
“Allora, Giovambattista Ricasoli era amico di studi di Galileo Galilei – attacca Claudio – quest’ultimo fu ospite a casa di Giovambattista, nella villa a Torricella. Interessante e funzionale alla storia è sapere che un’altra proprietà di costui era l’attuale castello di Serravalle, che è rimasto un mistero almeno per 300 anni. La torre di Serravalle, chiamata oggi così, in passato si chiamava Malclavello. Questo castello era sparito dalle carte e non si capiva il perché né dove fosse finito”.
Interrompo Claudio per chiedergli se sta parlando del luogo che due anni fa andammo a visitare in notturna insieme a Renzo Centri, alla professoressa Donatella Tognaccini e all’architetto Francesca Marchetti, studiosi della storia dei castelli del Chianti.
“Sì, esattamente – mi risponde Claudio Bonci – Ed è proprio grazie alle ricerche e agli studi, effettuati da loro, sulle pergamene che si trovano alla Badia a Coltibuono, che siamo venuti a conoscenza del toponimo originale. Quindi il castello che oggi chiamiamo Serravalle, fino all’anno Mille, si chiamava Malclavello.”
Malclavello, un nome che non fa ben pensare. “In effetti…Dunque, perché questo castello era sparito? Il motivo è spiegato benissimo nel libro della Tognaccini e della Marchetti: «Del perduto e ritrovato castello di Malclavello in Chianti» edizione 2018 Press & Archeos. Malclavello si trovava di fronte a Montegrossi ed entrambi erano parte della stessa proprietà. È stato ipotizzato che il castello dei Ranieri sia stato devastato nella guerra contro Firenze, proprio durante l’assedio di Montegrossi nel 1182. Malclavello è ricordato sin dagli inizi del XII° secolo in una pergamena di Badia a Coltibuono, esattamente la numero 539 della prima decade del1100. Nella dicitura, risalente al 2 luglio 1109, il Malclavello era ubicato, e lo è tutt’oggi, sotto la diocesi di Arezzo, anche se all’epoca si trovava in territorio fiorentino.”