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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Girovagando sull’Appennino tosco emiliano: l’Orrido di Botri

DiGiovanni Viaggi

Lug 27, 2023

Questa volta, oppressi dal caldo torrido di Caronte, abbiamo deciso di concederci un po’ di refrigerio, perciò abbandoniamo le nostre amate Apuane per portarci in Garfagnana e precisamente a Ponte a Gaio da dove inizierà la nostra escursione. Per accedere all’Orrido di Botri occorre prenotarsi con un certo anticipo, poiché il luogo è meta di numerosi turisti che devono essere contingentati. Una volta arrivati sul posto, con la nostra guida acquistiamo i biglietti e passiamo al punto di ristoro per ritirare il casco che è  obbligatorio come le calzature da trekking.

Bene, così equipaggiati partiamo. L’Orrido di Botri è una riserva naturale gestita dal Reparto Carabinieri biodiversità ed è accessibile solamente da giugno a settembre per poter essere visitato in condizioni di sicurezza. È  un canyon scavato nella roccia calcarea dalle acque dei torrenti provenienti dai monti Rondinaio e Tre Potenze e si sviluppa per una lunghezza di circa due chilometri e mezzo da Ponte a Gaio al Salto dei Becchi. Appena entrati è giocoforza mettere i piedi nell’acqua gelata, ma, dopo poco, è e sarà piacevole sguazzare per tutto il percorso in quelle condizioni. C’è una bella arietta frizzante che da sola giustifica il viaggio. Qui il torrente è abbastanza largo e le sue sponde sono coperte da una fitta vegetazione che ci permette, con i piedi a mollo, di procedere nella frescura. Ben presto però ci ritroviamo a camminare con l’acqua alle ginocchia fra due pareti che si restringono sempre più in passaggi di pochi metri e di una verticalità assoluta, alte fino a duecento metri, sulle quali nidifica l’Aquila reale.

La vegetazione è inesistente a causa della scarsità di luce; più avanti, man mano che l’orrido si allarga, le pareti in basso, con evidenti venatura di diaspro rosso, sono ricoperte di muschio e di qualche rara felce, mentre, alzando gli occhi al cielo si cominciano ad intravvedere alberelli, che in alto si fanno sempre più folti. Ora la forra si allarga e continuiamo a procedere con attenzione, perché l’acqua è così cristallina che è difficile valutarne la profondità, tant’è che si hanno le prime cadute fortunatamente risolte con un bagno non programmato. Pian piano arriviamo alla nostra meta: il Salto dei Becchi. Qui il percorso è sbarrato ed è vietato procedere oltre a causa della pericolosità della zona. Facciamo una breve sosta mentre la nostra guida ci narra la leggenda dell’Orrido di Botri.

Botri non è una località, ma il nome di un pastore di capre che abitava nel paese di Montefegatesi. Costui  era brutto, ma così brutto che al solo vederlo la gente restava sconvolta e sistematicamente lo cacciava: un Quasimodo ante litteram, insomma. Ora, non si sa bene se venne deciso di allontanarlo dal paese o se se ne andò per  una decisione sua, perché stanco di sentirsi scacciato, ma sta di fatto  che  il povero Botri si ritirò con le sue capre nell’orrido. Dopo alcuni anni, a causa forse della siccità o per altre cause non note, nel paese gli animali cominciarono a morire ed i paesani andarono spesso da Botri a chiedergli se potevano portare le bestie nell’orrido a dissetarsi. Il pastore, memore di come era stato trattato, li accoglieva sistematicamente con una fitta sassaiola dall’alto delle pareti fino a che, nella foga,  un giorno perse l’equilibrio e precipitò nell’orrido trovandovi la morte. Le sue capre, però,  pascolando in alto continuarono a far cadere sassi come se Botri fosse ancora vivo. Per questo la leggenda vuole che prima di entrare nella forra si debba mentalmente chiedere il permesso a Botri e comunque, per sicurezza, si debba indossare il casco senza toglierlo mai.

 È ora di rientrare e, man mano che scendiamo, incontriamo folti gruppi di visitatori che risalgono la forra. Ritroviamo alcune grosse e profonde pozze di acqua che avevamo notato all’andata e, dato che la temperatura avvicinandoci a Ponte a Gaio si è notevolmente alzata, molti di noi ne approfittano per fare un tuffo ristoratore, prima di riprendere la strada  che ci riporterà in braccio all’anticiclone Caronte.