Gli episodi narrati nel libro di Rossana De Filippo “ Storie di Sangue e di Carne Ben Cotta” edito da MReditori, somigliano ad alcuni ricordi di pezzi di carne asciutta, perché più volte “masticati”, ed altri a pezzi di carne viva che conservano ancora filamenti di grasso e nervo e sangue; la differenza tra sangue vecchio e sangue fresco la fa il lavoro del tempo. Scorrono, così, le storie di Rossana, tra memorie vivide e memorie filtrate, pallide, anemiche. Le percorre tutte il rosso (mai fil rouge più indovinato), dal porpora al rosato, in una narrazione che procede per salti temporali, per illuminazioni improvvise, per macchie. C’è del rosso nel nome dell’autrice-protagonista; rosso è il sangue del primo mestruo e del ragù delle domeniche dai nonni; rosse sono le sbucciature alle ginocchia nelle cadute da piccoli e le amarene della Coppa Rica comprata con le 800 lire di un nonno indimenticabile. Rosso il vino sulla tovaglia buona delle occasioni; rosso un divano di ecopelle di una delle tante case abitate e rossa la locomotiva piena di barrette Kinder di una Epifania tardiva. Nel racconto intitolato Come Cristo giù dalla croce, la “macchia” della morte del nonno materno si impone come la più difficile da sbiancare. Ma con Rossana si passa dalla lacrima alla risata velocemente, tra un racconto e l’altro, talvolta tra una parte e l’altra dello stesso racconto, tra una battuta e la successiva. Sbucano, così, dalla memoria le figure bizzarre di Suor Teresa con la sua profezia incompiuta (“Gesù ti cucirà la farfallina se non mangi tutto il brodo!” del racconto Gesù piange sangue) e Aitàno ‘o Russo, l’infermiere del paese dal viso paonazzo del quale Rossana bambina temette l’ago delle iniezioni “ricostituenti”.
L’autrice, che da piccola osservava il mondo attraverso l’involucro rosso delle note caramelle di cui porta il nome, di quel rosso ha vestito, per molto tempo, il pudore e la vergogna ed oggi rivive e fa rivivere, attraverso le sue storie, la dimensione di una realtà di provincia fatta di tabù, di non detti o di diversamente detti, una realtà che, con ogni probabilità, è stata del Sud come del Nord del nostro Paese. Tutti possediamo storie che abbiamo necessariamente rivisitato per perdonare o perdonarci. Tutti abbiamo un passato col quale, prima o poi, bisognerà fare i conti.