• Sab. Nov 23rd, 2024

Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

 

OLTRE|FRONTIERA

Destinazione: Lago Tekapo, Nuova Zelanda

Coordinate: 43°54′00″S 170°31′30″E

Distanza da Firenze: km 18.345

Il buio. Fra tutte le manifestazioni della natura, il buio è forse quella che ci spaventa di più. Probabilmente perché è una condizione che ci vede in qualche modo inermi, e alla quale non possiamo sfuggire, nonostante tutti i nostri sforzi. Ma la natura ha bisogno dell’oscurità, e il nostro organismo altrettanto. Le aree più ricche del pianeta sono quelle che, dallo spazio, appaiono come enormi agglomerati di puntini più o meno luminosi. Sulla scia di questa costante erosione dell’equilibrio fra notte e giorno, perpetrata, per sua stessa natura, dall’apparato produttivo, anche il sistema delle interazioni umane tende ad accreditare di una certa desiderabilità e capacità di fascinazione, quello stile di vita caratterizzato dal costante prolungamento notturno delle attività ricreative ben oltre il ragionevole, e dalla conseguente convivenza con ritmi metabolici dominati da una carenza cronica di ore di buio.

Fortunatamente vi sono luoghi dove tutte queste considerazioni perdono ogni senso. Sono luoghi dove la notte è, per definizione, assenza di luce solare, e quindi buio. Si chiamano Dark Sky Reserves, e sono delle vere e proprio riserve dove, ad essere protetta, non è la fauna o la flora, bensì la notte. Molti posti selvaggi e disabitati del pianeta sono delle riserve naturali di buio ma, normalmente, non sono facilmente raggiungibili. Invece l’Aoraki Mackenzie International Dark Sky Reserve, che occupa uno spazio di ben 4300 chilometri quadrati nella parte centrale della Nuova Zelanda, si può raggiunge in auto. Ma non si consiglia di farlo da soli, perché, al momento dell’ingresso nell’area della riserva, qualunque mezzo deve spegnere i fari. E quando succede si piomba in un’oscurità densa come una barattolo di marmellata. Meglio affidarsi all’esperto conducente del camper che porta i turisti su all’osservatorio di Mount John. Durante il tragitto non si possono tenere accesi neanche i telefonini, per non inquinare l’oscurità. La luce rossa, come quella che usavano una volta i fotografi in camera oscura, è l’unica ammessa in questo posto, in quanto emana meno energia luminosa di qualunque altro tipo di luce standard. Qui, accendere una luce bianca, tipo una torcia, o una luce blu, tipo un laptop, è una sorta di reato. Ci vogliono ben venti minuti all’occhio umano per abituarsi all’oscurità totale, ma alla prima luce artificiale l’iride torna velocemente in modalità diurna.

Inutile dire che l’osservazione del cielo stellato in questa condizione di buio totale, è qualcosa che lascia senza fiato, così come il grande lago Tekapo sotto il baluginio di quell’incalcolabile quantità di astri scintillanti.

Sebbene sia una zona impervia e scarsamente popolata, la zona occupata dalla riserva non è proprio disabitata, quindi ottenere e mantenere lo status di Dark Sky Reserve, non è semplice. I responsabili di questa riserva hanno dovuto fornire una lista di tutti i lampioni e delle altre fonti di luce esterne, affinché si potesse calcolare che l’inquinamento luminoso non superasse la soglia consentita.

Le luci esterne sono ammesse solo per sicurezza o per i cartelli stradali fondamentali per l’orientamento, e in ogni caso sempre rivolte verso il basso. I cartelli pubblicitari illuminati sono stati tutti rimossi. Non ci sono insegne, non ci sono semafori. Niente.  Poi è stato necessario coinvolgere e convincere i pur pochi abitanti della zona, ad usare il meno possibile le luci delle loro abitazioni. Immaginate di vivere in una casa in cui l’utilizzo della luce artificiale di notte è strettamente regolamentato. Non dev’essere facile. Ma i residenti hanno accettato di buon grado di prendere parte attivamente, attraverso il loro impegno quotidiano, alla sopravvivenza della riserva; forse perché hanno capito che il ritorno ad un’oscurità vera, dopo l’irradiazione diurna, riveste un importanza biologica fondamentale per tutte le creature viventi, e consente di recuperare l’esperienza ancestrale del cielo notturno buio, insieme allo stupore e alla soggezione che esso infonde in tutti noi.

Siamo costruiti per seguire l’alternanza naturale fra le ore diurne e quelle notturne. La luce del giorno, non quella artificiale, induce la produzione di un ormone, il cortisolo, che “accende” il sistema corporeo nella sua interezza, mentre il buio attiva la melatonina, un altro ormone, che invece stimola il sonno. Il turbamento di questo meccanismo biologico, lede il nostro benessere psicofisico, lentamente ma inesorabilmente.

Le stelle, poi, sono state fondamentali per il progresso della civiltà: la loro presenza ha guidato i naviganti per secoli; ed è sempre verso le stelle che il nostro bisogno di conoscenza e di progresso, ci porta tutt’ora.

La Aoraki Mackenzie International Dark Sky Reserve è un posto dove, per la maggior parte del tempo della visita, si sta con il viso rivolto al cielo, a bocca aperta come bambini difronte ad un gigantesco albero di Natale, rapiti e sopraffatti dalla silenziosa maestosità di questo spettacolo che ci appartiene di diritto, ma che ci viene progressivamente tolto, stella dopo stella.

Tutti i giorni le guide dell’osservatorio vanno nelle scuole fuori dalla riserva per educare i bambini al rispetto e alla riscoperta della notte. Ora, immaginate se uno di questi bambini, un giorno, diventasse sindaco e decidesse di spegnere tutte le luci della città per mezz’ora. Motivazione: riappropriazione collettiva dell’incanto della notte. Chi potrebbe mai opporsi?

Fonte: Internazionale, Wikipedia