La pelle è un libro aperto e i nostri tatuaggi parleranno della nostra vita, esattamente come le rughe parleranno dei nostri anni. Eppure, molto spesso, i tatuaggi non ci piacciono più, e allora li modifichiamo, li copriamo o addirittura li cancelliamo a colpi di laser. Le rughe ci invecchiano e ci imbruttiscono, ed allora ricorriamo a qualsiasi sotterfugio estetico ed ingentilente, pur di mascherarle e renderle invisibili. Nel fare ciò non consideriamo, tuttavia, che, quantunque sepolto sotto quello nuovo, oppure manifestantesi sotto forma di striature di colore, che manco il laser è riuscito a brasare del tutto, il vecchio tatuaggio è ancora lì. Nel medesimo modo, per quante creme idratanti possiamo utilizzare e per quante diete antiossidanti possiamo osservare, le rughe sono ancora lì, – è proprio il caso di dirlo- alla faccia nostra.
Per una città è praticamente la stessa cosa. Per carità, non voglio opinare che un restyling ogni tanto non sia d’uopo, ma la vita va avanti solo perchè c’è stato un indietro, ed era comunque vita, la nostra come quella della nostra Carrara.
Un concetto che potete toccare con mano e vedere con occhio, se vi soffermate, semplicemente, sui cartelli stradali. Negli anni sono stati cambiati, sostituiti e modernizzati, al punto da rendere invisibili quelli della Carrara che fu, i quali, però, credete a me, sono ancora in gran parte tutti lì, a ricordarci che c’è sempre una vita precedente, che non va sepolta, né rinnegata, bensì raccontata. Se il nostro cantastorie è la pelle, che con le sue rughe ed i suoi tatuaggi racconta quel che siamo stati e spiega quel che siamo oggi, per una città sono i muri a parlare.
Ascoltiamoli, suvvia😁.
Foto di Marco Germelli