• Ven. Nov 22nd, 2024

Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Storia del monumento di Codena ai caduti della Prima guerra mondiale

DiPaolo Camaiora

Lug 5, 2021

L’intero territorio nazionale è costellato dalle vestigia atte a commemorare in termini monumentali la Prima guerra mondiale. In tale quadro, anche la provincia di Massa-Carrara accoglie sul proprio territorio i segni del ricordo dei soldati apuani che morirono sulle aspre terre del Carso. Per renderci conto della varietà di questo patrimonio e al tempo stesso, dei tratti che lo accomunano e lo rendono, almeno in parte, organico, nel 2015, ho percorso tutta la provincia alla ricerca di questi monumenti facendo una catalogazione, un libro e realizzando tre convegni dedicati. Il mio obiettivo era quello di fare un censimento sistematico che non si limitasse a stilare un elenco e a ordinarne il materiale raccolto, ma che si prefiggesse, anche e soprattutto, di far conoscere ogni singola opera e di valutarne la sua valenza, sia dal punto di vista storico, sia dal punto di vista artistico-architettonico, sensibilizzando, per quanto possibile, il comune cittadino a conoscere il significato di questi monumenti.  Non ultimo, tra i miei scopi, anche quello di spingere i cittadini a guardare queste opere, non come un mero elemento di arredo urbano, ma come simbolo e segno della storia del nostro passato, della nostra storia nazionale e delle generazioni che ci hanno preceduto, per farla rivivere e  non lasciarla per sempre sepolta negli archivi comunali, nei giornali dell’epoca e, ancor di più nell’ignoranza, nella superficialità e nell’indifferenza con la quale oggigiorno siamo abituati (o costretti) a convivere.

Cosa vogliono ricordare questi monumenti? Che cos’è un monumento?

Il monumento è un’opera creata dall’uomo allo scopo di conservare in futuro la memoria di singoli avvenimenti. I monumenti eretti in molte città e paesi d’Italia a ricordo dei Caduti nella Prima Guerra Mondiale rientrano a pieno titolo in questa definizione anche se, quando furono eretti, ebbero un valore ricco di significati e di simboli. Il gran numero di morti, le perdite che colpirono in pratica ogni famiglia di ciascun paese, insieme alla disastrosa situazione economica in cui si trovarono i vari stati alla fine della guerra, determinarono la necessità di razionalizzare e idealizzare la memoria della guerra appena terminata.  Il mito della Grande Guerra venne trasfigurato per dare senso e valore alla drammatica esperienza vissuta, fino a renderla quasi sacra, assumendo spesso per i reduci e per le famiglie dei caduti, un preciso significato di catarsi, di superamento del dolore e di riconoscimento comunitario che li ha resi unici nel loro genere. Dal punto di vista strettamente artistico e architettonico, oggi, per molte persone questi monumenti possono apparire pesanti stilisticamente, poiché realizzati secondo lo stile ereditato dai movimenti artistici tipici di fine Ottocento ma, a mio modesto parere, la loro bellezza, ancora attuale, risiede proprio in queste singole impronte. Alcuni sono molto semplici, recano liste di nomi e brevi iscrizioni; altri sono costituiti da imponenti gruppi marmorei in cui prevale l’impronta neoclassica o le volute e le leggerezze dell’Art Noveau. Tutti quanti però, appaiono animati dal desiderio di proiettare in avanti nel tempo l’epopea e i nomi di quanti sacrificarono la loro vita nel corso del primo conflitto mondiale.

Il caso del Monumento ai caduti di Codena, frazione a monte del comune di Carrara, è particolare in quanto da molti ritenuto un unicum nel suo genere. In realtà non è così: si tratta, infatti, della copia, seppur modificata, di un monumento dello scultore carrarese Alterige Giorgi eretto a Trezzano D’Adda il 12 Novembre del 1922, risultato vincitore del concorso al quale partecipò un altro celebre carrarese, Enrico Remedi, architetto e docente della Accademia di Belle Arti  di Carrara, il cui progetto ottenne una valutazione ex aequo con quello di Giorgi.

Il monumento in oggetto venne realizzato dallo scultore carrarese Alessandro Lazzerini sul modello ideato dal Giorgi, seppur leggermente modificato, stante la mancanza del soldato morente a terra. La scena si riduce, quindi, alla copia dell’eroe che pianta nella roccia il Tricolore.  Il soldato, piantando il vessillo sul suolo come se fosse una lancia, si erge sull’altare del sacrificio – il proprio sacrificio alla Patria – a omaggio e ricordo di tutti i caduti. Emergono con vigore ed esaltazione la forma plastica del corpo nudo e la sua fisicità, in coerenza con il periodo che tende ad esprimere un’arte dal segno preciso e lineare e dalla solida plasticità delle forme. Nella simbologia dei monumenti della Grande Guerra, la nudità viene usata con un duplice significato: da una parte è una metafora dell’essenza dell’uomo che si è privato di ogni legame terreno per affrontare la prova suprema dell’ardimento o della morte in battaglia, e dall’altra viene utilizzata anche per rappresentare l’evidenza, la fisicità e la forza della vittoria. Le gambe e i piedi ben saldi e piantati a terra del soldato in movimento esprimono la forza e la tenacia usate per raggiungere, come per lo scalatore che insegue la vetta della montagna, il traguardo della vittoria. L’opera scultorea, inaugurata nel 1925 nella piazzetta principale del borgo apuano, è realizzata in marmo bianco Statuario, sovrapposta ad un alto basamento di marmo bianco Carrara sul quale è riportata l’iscrizione a rilievo “CODENA AI SUOI CADUTI MCMXV – MCMVIII”.

Alterige Giorgi, figlio di cavatori, nacque a Carrara l’8 dicembre del 1885. Si diplomò all’Accademia di Belle Arti di Carrara, istituto di lunga tradizione che ebbe anche Canova fra i docenti, dove venivano eseguite lezioni di anatomia con modelli di muscolosi cavatori, erbivendole del mercato e i vecchi del ricovero del comune. La sua tesi di diploma fu la realizzazione di un busto di un vecchio che aveva passato la vita segando a mano blocchi di marmo. Giorgi ne rappresentò tutta la sua forza espressiva e il suo vigore. Successivamente partecipò al concorso per il Pensionato a Roma, una sorta di borsa di studio per giovani artisti con l’opera “La vita nei campi”, ma gli trovarono in tasca una cartolina inviatagli da un amico, che raffigurava il volto di una contadinella, e allora fu squalificato. La giuria artistica, tuttavia, decise di attribuirgli, estemporaneamente, una medaglia d’oro per la qualità dell’opera, rammaricandosi di non potergli assegnare il premio. Ci riprovò, nel 1913, con “I gladiatori alla meta sudante” e questa volta vinse. Per moltissimi anni insegnò all’istituto d’Arte di Massa diventandone direttore ed infine presidente. Il periodo fra le due guerre fu per lui particolarmente attivo, dal momento che lo stato investì moltissimo per l’arte e per l’architettura nelle opere pubbliche. Molte le sue realizzazioni monumentali per i Caduti in guerra, ma anche la celebre statua equestre di Simon Bolivar e il busto di Joe Louis, oltre a moltissimi ritratti, busti, lapidi cimiteriali, bellissime ed inconfondibili. Suo il monumento ai martiri fascisti di Carrara, molto bello, demolito dai partigiani a fine guerra. La sua brillante carriera proseguì anche nel secondo dopoguerra, quando tornò a insegnare e a scolpire. Morì a 78 anni.