OLTRE|FRONTIERA
Destinazione: Goteborg, Svezia
Coordinate: 57°42′N 11°58′E
Distanza da Firenze: 2.004 km
Cinque semplici regole: “Se ci sono criminali in giro, tieni sempre gli occhi bassi. Non guardarli mai dritto negli occhi. Tieni sempre a portata di mano il cellulare. Torna a casa prima che faccia buio. Non vagare qua e là, vai direttamente dove devi andare, a passo svelto, meglio se in compagnia”.
Questo regole di comportamento non sono state diramate dalla polizia, bensì scritte dagli alunni di una scuola elementare di Biskopsgården, periferia ovest di Göteborg, e affisse in bacheca. Un piccolo, ma efficace manuale per sopravvivere alla delirante violenza tra bande giovanili, che impazza in questo quartiere periferico, come in altri diciannove, sparsi per le città svedesi.
Dici Svezia e pensi a tantissime cose. Ovviamente la prima è Ikea, il colosso dell’arredamento che ha reso accessibile il concetto di design ad un pubblico enorme, a discapito delle nostre schiene e del nostro sistema nervoso. Ma come non ricordare i fiordi, il fascino vichingo della fauna maschile e femminile, gli immensi spazi selvaggi, il premio Nobel, Bjön Borg, e altre cose, tutte indistintamente positive. A chi verrebbe mai in mente di associare al tranquillo e solidale paese scandinavo, l’immagine di nuovo “selvaggio west” europeo? Eppure è così: nel 2022 sono morte, vittime di scontri con armi da fuoco, la bellezza di 61 persone. Con una popolazione totale che non arriva agli 11milioni di abitanti, il dato dà origine ad una percentuale che non trova alcun paragonabile riscontro in nessuno dei paesi dell’Europa occidentale. La concentrazione massima di sparatorie si regista a Göteborg, ma anche a Stoccolma non mancano episodi di violenza, inusuali, persino, per gli standard americani, figuriamoci per quelli scandinavi. In due anni, sono state settecento le sparatorie avvenute nei dintorni di scuole elementari. La violenza tra bande è un problema reale, in Svezia. Se ne parla diffusamente nei reportage televisivi: Netflix ne ha fatto persino una serie, “Snabba cash”. A sentire i ragazzi del quartiere, ognuno di loro – nonostante siano adolescenti o bambini, addirittura – ha già avuto a che fare episodi di violenza, neanche vivessero a Bogotà. A loro giudizio, la violenza messa in scena nella serie “Snabba cash” per il controllo del traffico di droga e del territorio, non è finzione, ma la pura e semplice rappresentazione della realtà. Non ci sono regole, si può scatenare l’inferno da un momento all’altro, in pieno giorno, e chiunque si può beccare una pallottola. Ci ha rimesso la vita persino un poliziotto in borghese: stava parlando con dei ragazzi della zona, quando è arrivato il killer su un monopattino elettrico, gli ha sparato – probabilmente credendolo un affiliato della banda rivale – ed è fuggito. Questi ragazzotti dal grilletto facile non agiscono di notte, non si coprono il volto. Sono killer dilettanti e quindi facili prede della polizia, ma la loro impudenza e sfrontatezza sono preoccupanti, e per uno che finisce in carcere, un altro è subito pronto a prendere il suo posto. Nonostante obblighino i ragazzi del quartiere a vivere nella paura, questi “gangster” esercitano un certo fascino su di loro: si vestono alla moda, il loro comportamento sprezzante e il loro stile di vita, fanno apparire “fico”, far parte di una gang. Dopo la conclusione della prima stagione di “Snabba Cash”, un alunno di sette anni ha dichiarato alla vicepreside della scuola, che non voleva più fare il criminale. Con ciò dimostrando che, almeno fino a quel momento, la strada della delinquenza appariva affatto inusuale ai suoi occhi, bensì del tutto normale, ragionevole e, financo, desiderabile.
I motivi che hanno portato alla situazione paradossale, per la quale uno fra i paesi più benestanti del mondo, in cui vige uno stato sociale che assicura standard di servizi pubblici inarrivabili, si ritrovi ad affrontare – fatte le debite proporzioni – una situazione come quella che attanaglia molti stati dell’America latina, martoriati dalle guerre tra organizzazioni criminali, sono molteplici e di varia natura, come accade per tutti i fenomeni sociali.
Da quanto EncroChat, un sistema di messaggistica crittografata molto usato dai criminali professionisti, è stato decifrato, la stragrande maggioranza dei boss è finita in carcere, e a lottare per la spartizione del territorio, sono rimasti i ragazzini che vogliono far carriera a suon di esecuzioni in mezzo alla strada. Poi c’è il problema delle armi. Per anni la Svezia è stata l’America europea, con una legge sulla detenzioni di armi da fuoco, fra le più deboli del mondo. L’ampia disponibilità di armi in mano a dei ragazzini, spiega lo scriteriato ricorso alle sparatorie, come se la Svezia fosse diventata una sorta di OK Corral nordico su larga scala. Infine, ci sono delle spiegazioni più prettamente socio-economiche. Nel corso dell’ultimo decennio, il sistema fiscale è stato progressivamente indebolito, rendendo la Svezia una sorta di paradiso fiscale: proporzionalmente al numero di abitanti, il paese scandinavo ospita più miliardari degli Stati Uniti. Questo ha provocato una polarizzazione nella redistribuzioni della ricchezza, e si sono create sacche di povertà e miseria, finora sconosciute, soprattutto nei quartieri periferici delle principali città del paese, dominati dall’uniformità estraniante dell’edilizia popolare. Molti di questi quartieri sono stati costruiti assai distanti dai centri cittadini, in modo del tutto disorganico rispetto al corpo urbano fondante. Oggi, ciò provoca un forte senso di abbandono e di isolamento in chi vi abita, cioè: principalmente immigrati. Lo dimostra il fatto che in alcune di queste zone, i residenti non sanno una parola di svedese e per le strade si parlano idiomi di posti lontani. La lenta, ma inesorabile, erosione dell’intervento da parte dello stato sociale svedese, modello e fiore all’occhiello della socialdemocrazia europea, ha reso il concetto di povertà, in questo paese, qualcosa di meno astratto rispetto a dieci anni fa, e non stupisce che i figli degli immigrati nati in Svezia mal sopportino gli stenti a cui sono costretti, e che guardino all’affiliazione criminale, come una prospettiva di gran lunga più allettante, che lavorare tutto il giorno per condurre una vita poco più che dignitosa.
Certo, fa un po’ strano sentir parlare gli esperti di problemi quali il degrado delle periferie o la redistribuzione della ricchezza, per un paese come la Svezia. Come strana è, del resto, l’affermazione dei movimenti populisti nell’area scandinava, una parte di mondo considerata, fino a poco tempo fa, impenetrabile per istanze politiche di un certo tipo. Ma tant’è. I tempi cambiano e sembra proprio che la Svezia sia uscita dalla sua bolla e debba affrontare i problemi di qualunque altro paese ricco.
In ogni caso, a coloro i quali stessero progettando un viaggio in Svezia, suggerisco di mettere in valigia anche un giubbottino antiproiettile. Non si sa mai.