“Dare un senso ai sensi” è il nome scelto da Barbara Tedde, sommelier di professione e giornalista enogastronomica, per il corso di avvicinamento al vino che si svolgerà ancora per due martedì al Boulevard Parc Bistró, nel piazzale delle Cascine a Firenze, fino al 14 marzo. È iniziato il 21 febbraio ma è un corso che si ripeterà nei prossimi mesi perché è una formula che sta già riscuotendo molto consenso e partecipazione. Gli incontri forniscono cenni di storia del vino e dettagli tecnici -si parla di antociani, tannini, vitigni autoctoni, invecchiamento – ma soprattutto aiutano il neofita ad approcciarsi al vino fidandosi del proprio istinto e a non sentirsi schiacciato dai pareri degli esperti spesso ritenuti portatori di verità assoluta.
Partecipare alle lezioni di Barbara significa essere travolti e contagiati dalla sua passione per il vino. Si impara ad amarlo già nella sua veste esteriore. “L’etichetta”, ci dice, “può essere invitante nella grafica, oltre che istruttiva per i dati, le informazioni sulla gradazione e la provenienza, può spingervi ad acquistare proprio quella bottiglia. Succede anche a me, la vista è già conquistata, perché no?”
Al corso si impara naturalmente ad aprire il vino nel modo corretto, si impara a versarlo, lasciando che il commensale abbia sempre ben visibile l’etichetta del prodotto che gli state dando. Si impara ad “ascoltare” il vino mentre scende nel calice. Il gorgoglio può suggerire maggiore fluidità o più corposità. I sensi sono allertati. Il colore ci può dire molto. Gli archetti che si formano dopo aver amorevolmente “sciabordato” il bicchiere e il modo in cui scendono lungo il vetro, indicano la gradazione alcolica. Annusare il vino rappresenta davvero un viaggio, un preludio d’amore, un arrendersi ai profumi evocati, a rimandi e sentori che troveranno conferma o meno nell’assaggio. “Come quando incontriamo le persone”, suggerisce Barbara, “non abbiamo forse delle intuizioni, delle vibrazioni al primo incontro? Il vino affidabile è quello che ci conferma al palato le prime sensazioni percepite con l’olfatto. Il vino, come le persone, cresce, matura, invecchia, ma arriva a un culmine in cui è perfetto
e poi comincia a decadere”.
La sala dove si tiene il corso è spaziosa, elegante e funzionale. La perfetta atmosfera per accostarsi al vino. Vengono offerte delle gustosissime tapas ed è molto divertente e stimolante cercare di trovare gli abbinamenti più indovinati tra il cibo e il “nettare degli dei”. A ciascuno è lasciato lo spazio di evocare ricordi o condividere le proprie sensazioni.
A tutti è chiesto di portare alle serate un indumento personale da utilizzare come benda per mettersi alla prova in una “degustazione alla cieca” all’insegna del divertimento, innanzitutto, ma anche del rispetto perché dietro a una bottiglia c’è lavoro, fatica, dedizione, competenza e tempo.
Barbara ha molta stima per Luigi Veronelli, uno dei più grandi enologi del Novecento e ne condivide il pensiero: “Gli italiani sanno distinguere i vini migliori. Costano molto i vini che hanno la DOC per soli motivi politici. Diffida, allora, delle etichette, scegli tu stesso i vini, siano DOC o vini da tavola, ed è ben più facile di quanto tu non pensi, basta avvicinarli ed assaggiarli con dedita attenzione. Inizi come in amore, con gli occhi, memorizzi così trasparenze e colore. Ne senti poi il profumo, imprimi un lieve movimento al bicchiere. Poi lo bevi, a coglierne ogni dettaglio. Più che la predisposizione valgono esperienza ed intelligenza. Ora il vino è in te: ascoltane il racconto, cerca di comprenderlo e rispettarlo”.
Ecco cosa affermava Veronelli nel 1979 nel suo “Viaggio sentimentale nell’Italia dei vini” alla ricerca dei vitigni e delle produzioni locali, i “vini bandiera” orgoglio dell’Italia che l’enologo ha promosso tanto, sperando che il nostro paese facesse un passo avanti nella qualità dopo che i francesi gli avevano detto: “Voi italiani avete uve d’oro e fate vini d’argento, noi francesi facciamo il contrario!”. Il grande enologo arrivò a dire:”il peggior vino contadino è migliore del miglior vino d’industria”, allorché nel 1986 emerse il problema della sofisticazione e dello scandalo del metanolo che portò alla morte e all’intossicazione di svariate persone.
Per informazioni: barbaratedde64@gmail.com
Foto di Silvia Meacci