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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

A Firenze la presentazione del nuovo libro di Marco Vichi e Leonardo Gori

DiSilvia Meacci

Mar 6, 2023

Vite rubate, il nuovo romanzo scritto a quattro mani da Marco Vichi e Leonardo Gori è stato presentato, sabato 4 marzo, alla Libreria Libraccio di Firenze. È la storia di due vite, di due migranti: c’è Marek e c’è Aleya, polacco lui, nigeriana lei. Dai loro paesi arrivano in Italia. A pochi giorni dalla tragedia compiutasi davanti alle coste calabre, la storia ci arriva ancora più cocente, attuale. Sono due simboli di “nuova schiavitù”.

A introdurre i due autori c’era lo scrittore Valerio Aiolli, che ha offerto al pubblico, in modo acuto ed elegante, la sua interpretazione del libro: “Un pugno nello stomaco ma apertura di energia, di vita, nei confronti del mondo” .

Secondo Aiolli la prima cosa che affiora alla mente durante la lettura del romanzo “Vite rubate”, è la sincronicità, concetto messo a punto da Jung per indicare due accadimenti collegati tra loro non da un principio di causa effetto, ma dal loro emergere contemporaneamente. Aiolli ha inteso sottolineare l’attualità delle due storie raccontate di pari passo in una bella narrazione punteggiata da energia e sobrietà senza buonismo o retorica. Un’altra coincidenza curiosa del libro riguarda gli scrittori, entrambi fiorentini e coetanei . In “Vite rubate”i loro stili, di solito differenti, si sono fusi fino a generarne uno autonomo, nuovo, ben riuscito. Durante la presentazione i due autori hanno giocato molto sul mistero di chi abbia scritto la storia di Aleya e chi il racconto di Marek e non hanno l’intenzione di rivelarlo. È un invito ai lettori: riuscirete a scoprirlo? Se siete appassionati della scrittura di Vichi, sia che abbiate seguito il suo commissario Bordelli, sia che lo abbiate apprezzato in altre produzioni, o se avete amato i gialli di Gori, con il suo capitano dei carabinieri Bruno Arcieri, presente in molti dei suoi romanzi, riuscirete nell’impresa. I fan dei due scrittori forse si ricorderanno anche il loro romanzo “Bloody Mary” (Edizioni Ambiente, 2008 e successivamente Einaudi, 2010), sempre scritto a quattro mani, che è la prima versione, con un finale differente, di “Vite rubate” (pubblicato da Guanda).

Marco Vichi ha raccontato: “Tutto è nato quando un piccolo editore propose di scrivere ritratti di persone attraverso i loro sentimenti per raccontare l’ecomafia. Io volli scrivere delle nuove schiavitù coinvolgendo anche Leonardo”.

Gori ha confidato al pubblico come per lui trattare un tale tema sia stato un banco di prova per allontanarsi dalla narrazione nel passato. “Il passato per me rappresenta un personaggio vero e proprio. Ecco, in “Bloody Mary”, prima, e in “Vite rubate”, poi, ho lasciato il passato e anche mi sono distaccato dal “corrimano” sicuro della trama giallistica con le prove, gli indizi, la ricerca dell’assassino.

Gli autori hanno scritto la loro parte del romanzo individualmente, leggendo via via il lavoro dell’altro, scambiandosi in corso d’opera commenti e lavorando invece totalmente uniti sul finale.

Il libro si articola equilibratamente attraverso capitoli di proposito brevi che si alternano tanto da agevolare il lettore e fargli ben seguire le due vicende.

È una storia di grande sofferenza e di compassione, non è di denuncia, ma di certo la sua attualità e la contrapposizione delle due vite sfortunate con l’agiatezza e la bellezza dell’Italia, della Puglia, e di Firenze, punto di arrivo, contribuiscono a creare stridore ed evidente contrasto.

Diari Toscani ha chiesto a Marco Vichi: “Perché avete scelto proprio la Nigeria e la Polonia? Per qualche affinità o perché tristi serbatoi di migranti?”

“Abbiamo deciso per due paesi molto distanti, diversi, che si contrappongono anche geograficamente”, ha risposto Vichi, “Marek parte in modo volontario per venire a raccogliere i pomodori, anche se poi sarà ingannato, Aleya viene costretta nel suo migrare. Recentemente mi hanno detto che a Sesto Fiorentino ci sono dei bengalesi che lavorano come schiavi tutto il giorno e poi sono costretti a due ore di viaggio per tornare a dormire in un posto più abbordabile economicamente, perché qui non se lo possono permettere. Marek e Aleya sono due simboli, due tra i tanti “schiavi” moderni”.

foto di Silvia Meacci