• Sab. Nov 23rd, 2024

Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Destinazione: Mumbay, India

Coordinate: 19°04′34″N 72°52′39″E

Distanza da Firenze: 6.200 Km

Nel 1983 il land artist bulgaro Christo, in una delle sue più famose installazioni, circondò le isole di Biscane Bay, in Florida, con degli enormi teloni galleggianti fatti di propilene rosa. Le foto della performance sono facilmente reperibili su Internet ed è impossibile non dare atto all’opera, pensata esclusivamente per una fruizione dall’alto, di avere, a tutt’oggi, un forte impatto scenografico.

Ebbene, da qualche anno c’è un posto in cui si può ammirare uno spettacolo simile, con la differenza che ad allestirlo non è l’artista francese, che è scomparso nel 2020, bensì Madre Natura stessa. Siamo a Mumbay, in India, una metropoli da quasi 20milioni di persone. La città sorge su una penisola separata dalla terraferma da una profonda insenatura, il Thane Creek. Sulla riva opposta del Thane Creek, si trova Navi Mumbay, che conta quasi un milione e 700 mila abitanti. A parte una striscia di terra prospicente il mare, occupata dalle mangrovie, quest’area lacustre è soffocata dall’urbanizzazione selvaggia delle due città, da un porto gigantesco, dal traffico aereo, dalle raffinerie, e persino da una centrale nucleare: un vero e proprio inferno ambientalista, sulla carta. Eppure, è qui che prende vita uno spettacolo naturalistico unico al mondo: ogni anno, in inverno, più di 130mila fenicotteri si radunano sulle acque del Thane Creek e, letteralmente, lo colorano di rosa. Questi meravigliosi uccelli lasciano i luoghi dove nidificano – le saline del Gujarat, seicento chilometri più a nord – e migrano in questo angolo di India, per fare fronte al bisogno primario di ogni specie animale, a parte quello della riproduzione: la ricerca di cibo. E nel Thane Creek, di cibo, ne trovano in abbondanza. Questo perché la crescita delle due città e delle attività produttive ad esse collegata, ha aumentato enormemente la portata delle acque reflue che finiscono nel Thane Creek. Gli agenti batterici presenti in queste acque inquinate, depositandosi sul fondo fangoso, hanno finito per dare vita ad una proliferazione straordinaria di microalghe, che è esattamente il cibo preferito dai fenicotteri. Quindi, nel momento in cui la marea si ritira e il fango affiora, ecco che i loro lunghi becchi possono dare inizio ad una vera e propria abbuffata: una riserva di cibo praticamente illimitata, che dilata la loro permanenza intorno al Thane Creek fino al momento del ritorno a nord per la nidificazione e l’accoppiamento. Dai primi avvistamenti degli anni ’90, la popolazione di questi uccelli trampolieri è aumentata in modo esponenziale. Un po’ come se, una volta scoperta questa sorta di ristorante stellato a cielo aperto, i fenicotteri si siano passati la voce, convergendo, di anno in anno, sempre più numerosi, fino a toccare l’impressionante numero attuale.

Fra gli abitanti delle due città che fanno da cornice urbana a questo evento eccezionale, il fenomeno non manca di destare una meraviglia di tipo quasi religioso, nonostante che le sue origini scientifiche siano assodate. E probabilmente è una cosa abbastanza normale, questa, in un paese dalla forte vocazione al misticismo e agli usi ascetici come l’India. In termini molto meno spirituali, invece, la trasformazione di un’enorme fogna plein air in una straordinaria risorsa naturalistica, è l’ennesima prova che la natura tende, incessantemente, a creare la vita anche laddove l’uomo porti il suo contrario.

Le mangrovie del posto sono un altro esempio di questo assioma. Non potendo espandersi all’interno, cercano spazio verso il mare. Le loro enormi radici penetrano nel terreno fangoso e danno stabilità idrogeologica alla costa, difendendo l’entroterra dalle mareggiate, e fungendo da vivaio alle dieci specie di pesci rimasti; e, allo stesso tempo, i loro rami fittamente intrecciati offrono un riparo perfetto per i fenicotteri, dopo una dura giornata passata con il becco e le zampe immersi nella distesa fangosa. Anche se la civiltà intorno a loro avanza ancora a ritmo frenetico, questi uccelli non sembrano esserne turbati più di tanto: diligentemente, si tengono a distanza di sicurezza dai cantieri sempre aperti, e da ogni altra attività umana, in un equilibrio tra uomo e natura che ha quasi del miracoloso. Oltre che sentimenti divinatori, i fenicotteri hanno fatto sviluppare nelle persone una coscienza ambientale mai vista prima. È un processo che ci accomuna tutti, questo: se una famiglia di rondini venisse a nidificare sul mio balcone, farei di tutto per difenderla e non farla andare via. Quando la natura, nella sua purezza e nella sua poesia, incrocia il nostro quotidiano e, in qualche modo, entra a farne parte, ogni minaccia ad essa diventa ancor più intollerabile. Ecco perché i fenicotteri sono diventati un simbolo. Nelle piazze sono state erette statue in loro onore, enormi murales che li ritraggono, rallegrano le strade e le facciate dei palazzi di Navi Mumbai; la gente è contenta e orgogliosa che la loro città venga chiamata “la città dei fenicotteri”.

Il fenomeno, pur rallentato dalla pandemia, comincia ad avere una certa rilevanza turistica e le attività che ruotano intorno ad esso si stanno moltiplicando, senza però che questo, almeno fino ad adesso, abbia creato turbative agli animali e alle loro abitudini. Insomma, sembra proprio che la salvaguardia di questo habitat post-industriale – se così possiamo dire – sia una priorità acquisita e condivisa, e che qualunque tentativo di violarla non sarà permesso.

Il sole sta tramontando, sul Thane Creek. Qui le giornate iniziano e finiscono allo stesso identico modo. Al levar del sole, la marea cala e i fenicotteri escono dalla vegetazione di mangrovie, per iniziare a cercare il cibo nel fango emerso dal ritiro delle acque. L’esercito rosa di Mumbai ingrossa le proprie fila, in silenzio, con voli più o meno prolungati, fino a coprire completamente lo specchio d’acqua davanti alla città: un’enorme macchia rosa infrange il grigiore che definisce questo posto. Il grigio delle polveri in sospensione forma la cappa di smog che ammorba l’aria e decolora il cielo, e il grigio impassibile ed universale dei grattacieli che osservano muti quell’incomprensibile esplosione di vita e di colore. Quando il sole cala e la marea torna a salire, i fenicotteri fanno ritorno nel labirinto scuro intessuto dai rami delle mangrovie. Al ritmo di una musica inconoscibile per le creature legate al suolo come noi, questi uccelli dal volo regale lasciano l’acqua in gruppi più o meno grandi, e i loro corpi affusolati e macchiati di rosa, fendono l’aria. Questo spettacolo cromatico, già raro di per sé, è niente in confronto a quello che i fenicotteri offrirono nel 2020: in un cielo liberato dallo smog e fattosi inconsuetamente limpido, decine di migliaia di fenicotteri si alzarono in volo contemporaneamente, riempiendo di rosa il campo visivo di migliaia di persone che, chiuse in casa a causa della pandemia, ebbero la fortuna di assistere all’eccezionale evento.

La possibilità che l’entropia distruttiva dell’uomo e quella (ri)costruttiva della natura, non solo possano coesistere, ma addirittura collaborino a formare un habitat favorevole alla conservazione di una o più specie, non deve far credere che, in fin dei conti, l’allarmismo intorno ai problemi ambientali sia eccessivo. La minaccia è reale, tangibile ed incombente. Ma siamo ancora in tempo. Se agiremo riparando più danni possibili ed evitando di causarne altri, la natura sicuramente colmerà le nostre lacune: è questo il messaggio di speranza del grande esercito rosa di Mumbay.

Fonte: Internazionale, Wikipedia