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Diari Toscani

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Benvenuto Cellini: il pifferaio rock della scultura

DiPierluigi Califano

Feb 18, 2023

Quella di Benvenuto Cellini si può definire un’esistenza molto rock. Nacque a Firenze il 3 novembre del 1500. Suo padre era un musicista e intagliatore d’avorio. Giovanni Cellini tentò di far diventare suo figlio Benvenuto un suonatore di piffero, lo voleva suonatore come lui, ma il giovane Cellini aveva altre idee sul proprio futuro. La sua aspirazione era diventare un orafo, un cesellatore sopraffino.

Nel 1513 entrò a far parte della bottega di Michelangelo Bandinelli. Si dimostrò da subito molto portato per il lavoro di orafo. Il carattere irrequieto si manifestò intorno ai sedici anni. Nel 1516, in seguito ad una rissa, fu costretto a rifugiarsi a Siena. Soggiornò e studiò presso la bottega di Francesco Castoro. Tornò a Firenze dopo qualche mese e per volere del padre si recò a Bologna per perfezionare l’arte della musica. Benvenuto continuò ad apprendere l’arte orafa. Dapprima con Ercole del Piffero e poi con Scipione Cavalletti. Tornato a Firenze, Benvenuto Cellini entrò in contatto con lo scultore Pietro Torrigiano e l’orafo Francesco Salimbene. Sembra che con quest’ultimo ci fosse una storia che, poi, Cellini racconterà nella sua autobiografia.

Tra il 1519 e il 1520 dovette rifugiarsi a Roma, a causa di risse e accoltellamenti vari. Nella città eterna, lavorò nella bottega di Fiorenzuola de’ Georgis, ebbe modo di entrare in contatto con gli artisti che frequentavano l’Urbe. Nel 1522, rientrò a Firenze su invito di suo padre, che non aveva ancora perduto la velleità di vederlo musicista e, a Firenze, lavorò con Giovanni Antonio Sogliani. Alla fine del 1523 cadde nuovamente vittima del suo carattere iracondo. Al grido di: “Non conoscendo di che colore la paura si fosse”, accoltellò Gherardo Guasconti e Bartolomeo Benvenuti. Fu condannato a morte e fuggì a Roma. Venne accolto nella bottega di Lucagnolo da Jesi ed iniziò la sua produzione dei gioielli di ottima fattura. In particolare due candelabri per il Vescovo di Salamanca e un gioiello per la moglie di Sigismondo Chigi.

Nel 1524, aprì una sua bottega e iniziò a prestare servizio per il papa Clemente VII. Nel periodo romano, Cellini produsse un boccale e un vaso d’argento e varie medaglie d’oro. Frequentò Giulio Romano ed entrò nella cerchia degli artisti di Raffaello. Strinse amicizia con Rosso Fiorentino, il pittore manierista, e, tanto per cambiare, fu coinvolto in risse e conseguenti espulsioni.

Nel 1527 difese Roma dal sacco dei Lanzichenecchi e uccise il comandante delle truppe assedianti, Carlo III di Borbone-Montpensier. Lasciò Roma e tornò a Firenze e poi si diresse a Mantova, dove lavorò per i Gonzaga. Del periodo mantovano si ricordano un sigillo d’oro e un reliquiario non ultimato.

Nel 1539, Benvenuto Cellini, insieme alla sua arte e le sue intemperanze, era di nuovo a Roma. Clemente VII lo nominò maestro della zecca romana. Cellini realizzò due carlini, la moneta in vigore nello Stato pontificio. Tra i suoi impegni, trovò il tempo di uccidere l’assassino di suo fratello Cecchino. Il Papa non andò oltre il rimprovero e Benvenuto Cellini aprì, nel 1534, una nuova bottega in via del Banchi Nuovi. Il rissoso Cellini pensò bene di ferire un notaio romano e dovette riparare a Napoli. Fece nuovamente ritorno a Roma mentre Clemente VII era moribondo. Quando il pontefice morì, Benvenuto Cellini che forse avrebbe avuto bisogno di un aiuto psicologico, uccise un orafo suo rivale, Pompeo de’ Capitaneis. Il nuovo Papa, Paolo III Farnese, lo assolse e gli commissionò una moneta con la propria effige. Di certo Benvenuto Cellini non poteva lamentarsi dell’uso politico della magistratura, ma questa è un’altra storia. Cellini si dovette invece preoccupare degli attriti con il figlio del Papa, Pier Luigi Farnese. In quel periodo infatti si rifugiò a Firenze e nella città natale, eseguì quattro monete per Alessandro Farnese. Tornò a Roma, ma le liti con Pier Luigi Farnese lo convinsero a riparare a Parigi, alla corte di Francesco I. Evidentemente Benvenuto Cellini doveva misurarsi con se stesso, oggi avrebbe fatto parte del cast di Fight Club. Fece ritorno a Roma e Pier Luigi Farnese lo fece imprigionare a Castel Sant’Angelo. Evase dal carcere, ma fu nuovamente catturato. Dopo la prigionia, decise di tornare in Francia. Per strada, al fine di non perdere l’abitudine, uccise un maestro di posta a Siena. Alla corte di Francesco I, Cellini fu naturalizzato francese e produsse la Saliera, un’opera scultorea in ebano, oro e smalto. Si tratta di un capolavoro espressione del Manierismo europeo. In Francia Benvenuto Cellini frequentò varie donne e da una di esse ebbe una figlia, Costanza nata nel 1544.

L’anno seguente decise di tornare in Italia, sempre a causa delle sue intolleranze che sfociavano nella violenza. Di nuovo a Firenze, la sua casa, trovò Cosimo I de’ Medici ad attenderlo e  a commissionargli il Perseo con la testa di Medusa, un nuovo capolavoro. Dopo aver terminato un busto raffigurante Cosimo I de’ Medici, fu costretto a lasciare Firenze a causa di un’accusa di sodomia. In quel periodo iniziò la stesura della sua autobiografia: Vita. Nel 1562 si sposò con Piera de’ Parigi ed ebbe un figlio. Cadde in nuove risse e accoltellamenti e negli ultimi anni della sua esistenza si cimentò nella stesura del Trattato dell’oreficeria e quello della Scultura. Benvenuto Cellini è morto a Firenze il 13 febbraio del 1571, lasciando tutte le sue sculture in dono. Riposa nella Cappella di San Luca dopo una vita vissuta pericolosamente, all’insegna dell’arte e in conflitto con la morte. Le sue opere sono autentici capolavori della scultura, il suo genio e la sua sregolatezza ne fanno un’artista unico in tutti i sensi.