Assicurava il collegamento tra il ducato di Modena con Massa, che era finita sotto Francesco III d’Este dopo il matrimonio del figlio Ercole con Maria Teresa Cybo Malaspina, signora di Massa. Soprattutto assicurava uno sbocco sul mare che significava possibilità di commercio. La via Vandelli nacque a metà del ‘700 come strada commerciale, ma rispondeva anche a esigenze politiche, strategiche e militari del ducato di Modena e Reggio.
A disegnarne il tracciato fu l’abate Domenico Vandelli, che era anche un matematico, un geografo e un ingegnere. Vandelli venne in loco e seguì di persona tutti i lavori di apertura della strada che da allora porta il suo nome. Il progetto era innovativo e coraggioso: prevedeva l’attraversamento degli Appennini e delle Alpi Apuane con passaggi impervi e difficili collocati a oltre 1600 metri sul mare.
Per segnalare il percorso sulle mappe cartografiche Vandelli creò un nuovo metodo di segnalazione altimetrica, le isoipsae Vandellis, che resero i tracciati più precisi. Il budget a disposizione dell’abate non era molto grande e le esigenze del percorso erano particolari: la strada doveva essere in grado di reggere il passaggio dei carri che trasportavano il marmo e, in più, non doveva richiedere troppa manutenzione. C’erano poi vincoli amministrativi: non si poteva sconfinare nello Stato della Chiesa, né nel Granducato di Toscana, né nella Repubblica di Lucca. E ovviamente, essendo una via commerciale, non poteva passare dentro i grandi centri abitati.
Ci vollero 13 anni per costruirla, dal 1738 al 1751 e i costi sforarono di molto il preventivo iniziale. In seguito la via Vandelli venne dotata di stazioni di sosta per uomini e animali, di ostelli, di piazzole ed anche di presidi di controllo e di pedaggio. I materiali usati erano per lo più rocce e sassi di marmo che venivano reperiti in loco e spesso, per sbancare un’area in cui doveva passare la strada vennero usati gli esplosivi. I punti più ripidi erano protetti da spallaggi, vi si aggiunsero cippi stradali, indicazioni e edicole e nicchie scavate nella roccia in cui vennero posti libri o statue della Madonna. Già un anno dopo l’inaugurazione, nel 1753, garantì un servizio di posta settimanale che andava in entrambe le direzioni. Dopo il 1814 cominciò il suo declino a causa della diminuzione dei passaggi militari. La via Vandelli divenne terra di briganti che cominciarono ad attaccare tutti, dai soldati ai mercanti tanto che nel tratto di Resceto venne realizzata un’area destinata alle esecuzioni dei malfattori la cui teste venivano infilate su dei pali di legno.
La via Vandelli fu anche usata dai pellegrini che a Campori poteva visitare una piccola chiesa ed essere assistiti dai monaci di San Pellegrino che, in quel luogo avevano una cella e un refettorio. L’unità d’ Italia mandò in pensione la via Vandelli sostituita da strade più moderne e agevoli. Molte sono le leggende e le dicerie sorte sulla strada sempre circonfusa da un’aura di mistero e di soprannaturale.
Il percorso può prendere l’avvio dal paese di Resceto nella provincia di Massa dove si giunge con l’auto e dove si può parcheggiare nella piazzetta. Da lì si parte a piedi lungo il sentiero CAI N.35. dopo un ampio sterrato si comincia a salire più ripidamente e il sentiero assume l’aspetto di una antica mulattiera, con il fondo a selciato e i muri a secco. Si prosegue e, attraverso un ponticello in metallo, si oltrepassa il canale del Pianone nel quale, in basso, si possono vedere alcune marmitte dei giganti. Guardando in alto si vede parte il percorso della strada che sale a zig-zag con i suoi imponenti muri a secco molto belli e particolari.
Il cammino porta al luogo chiamato le Teste, ben riconoscibile grazie a una lapide affissa a una roccia, nel quale venivano giustiziati i briganti e dove oggi si trova una teca con la riproduzione di alcuni dei teschi rinvenuti nella zona. Il percorso continua offrendo un panorama suggestivo della costa ligure e toscana. Il percorso procede sempre salendo fino ad arrivare in prossimità di una vecchia miniera di ferro (1300 metri slm circa), e dopo un paio di tornanti, si raggiunge un intaglio nella roccia e una panoramica piazzola: siamo alla Finestra Vandelli (1420 metri slm) dalla quale parte il sentiero che porta al rifugio CAI “N. Conti” (5 minuti). L’unico avvertimento è cercare di evitare di incontrare il fantasma del brigante avvolto nel tabarro nero con cappello dalle ampie tese che porta in mano una lanterna: se lo si incontra si può essere buttati giù nei burroni del monte Tambura.
© Foto e percorso di Cristina Maioglio