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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

10 Febbraio: la Colonia Vercelli e gli esuli giuliano – dalmati nel giorno del ricordo

DiPaolo Camaiora

Feb 10, 2023

La Colonia Opera Balilla di Milano Torino e Vercelli realizzata a Marina di Carrara, progettata alla fine del 1936 dagli architetti Francesco Mansutti e Gino Miozzo ed inaugurata il 9 maggio del 1937, assomiglia per la sua distribuzione in pianta ad una azienda agricola di una grande fattoria piemontese. Il largo uso dei mattoni a faccia a vista, i grandi tetti a falda inclinata coperti da tegole curve, con il sottogronda ornato da un traliccio dipinto di rosso, denunziano un orientamento regionale dichiarato della valle del Fiume Po. I pilastri in mattone faccia a vista, l’intonaco Terranova e le falde inclinate dei tetti scandiscono delle sequenze ricche di zone d’ombra. Le costruzioni basse, a due piani accennano a facili comunicazioni fra l’interno e l’esterno, dando quasi un senso di provvisorietà. L’organizzazione distributiva di questa colonia del tipo “a villaggio” definisce l’autonomia dei singoli reparti, i quali erano collegati a suo tempo da vialetti porticati con travi di castagno ricoperti da piante disposte su filari. Predomina ancora oggi in questa colonia, il senso della gaiezza rurale, la quale si circonda da una folta vegetazione di pini marittimi anche se il tornado dello scorso agosto ha duramente colpito l’area. Fu per questo che la Colonia prese il nome di “Villaggio Paradiso”, da cui l’attuale toponimo rimasto in uso ancora oggi per indicare la zona stessa. Gli abitanti di Marina di Carrara poi, chiamarono affettuosamente “Sangrilà” la Colonia Vercelli, paragonando la bellezza della struttura e del contesto che la circondava al celebre film americano degli anni Trenta. Edificata in soli quattro mesi, era dotata al suo interno delle più moderne attrezzature igienico sanitarie e funzionali: la cucina era dotata di modernissimi bollitori che riuscivano a preparare quotidianamente il cibo occorrente per il personale e per i  cinquecento bambini ospiti durante la stagione estiva ed era collegata alla statale Aurelia ed alla stazione ferroviaria per mezzo di un grande viale che all’epoca fu intitolato ai fratelli Picciati (oggi Viale Galileo Galilei), realizzato anche questo nel 1937 e caratterizzato nella sua costruzione dal massiccio utilizzo dei detriti di lavorazione delle cave di marmo per la realizzazione del sottofondo. Importante il marmo anche nell’utilizzo che venne fatto all’epoca della costruzione: scalini, davanzali, cordoli dei marciapiedi e camminamenti esterni sono realizzati utilizzando il marmo bianco Carrara posato a masselli di forte spessore.

Meritano essere narrati gli episodi accaduti all’interno di questa colonia, che funzionò regolarmente fino al sopraggiungere del drammatico armistizio dell’8 settembre 1943, diventando nelle ore successive meta di furti e saccheggi. Nei giorni tragici che si susseguirono, ospitò per quasi una settimana un reggimento sbandato di alpini della Divisione “Val di Fassa” i quali, rimasti senza ordini per la fuga precipitosa dei vertici militari, si liberarono delle divise, dei cavalli da tiro e dei muli lasciandoli liberi all’interno della colonia, diventando così questi animali preda ambita da parte dei civili dell’allora piccolissimo abitato di Marina di Carrara, fatto salvo poi essere prontamente riconsegnati nei giorni successivi presso la Villa Ceci, sede provvisoria di un locale comando militare tedesco acquartierato nella vicina pineta che li requisì, nell’ambito del loro piano di neutralizzazione del Regio Esercito ormai totalmente allo sbando. I rimanenti alpini, che non vollero abbandonare la divisa, si arresero poi sulla strada della Foce che collega la città di Carrara a Massa dopo scontri a fuoco con i soldati tedeschi i quali ebbero la meglio su di loro. Il 17 settembre 1943, la Colonia Vercelli venne trasformata in un provvisorio campo di prigionia per gli stessi alpini catturati, i quali vennero deportati in Germania assieme a dei civili rastrellati. Successivamente, con le facciate dipinte con colorazioni mimetiche, la colonia divenne caserma ed alloggio per aliquote di soldati tedeschi posti a difesa della costa, essendo un manufatto utilizzabile (insieme alla Colonia di Marinella di Sarzana) a margine della Linea Verde 2 dell’impianto militare difensivo della Linea Gotica.

Nell’immediato dopoguerra, superate le drammatiche giornate dell’aprile 1945, quando le truppe statunitensi (formate dai soldati di colore della Divisione Buffalo e dai “Nisei”) sfondarono il fronte della Linea Gotica e raggiunsero nelle settimane successive Genova e Fornovo, decretando di fatto la fine delle ostilità sul territorio italiano, la colonia rimase in completo stato di abbandono per divenire nel 1947 nuovamente luogo di raccolta: questa volta però si trattò degli italiani (uomini, donne, anziani e bambini) esuli dai territori Istriani, Giuliani e Dalmati: Italiani che furono allontanati dalla loro terra, da sempre territori italiani, divenuto territorio jugoslavo dopo l’invasione delle truppe del IX° Corpus di Tito, il mandante responsabile delle stragi dell’odio comunista della vergogna e delle atrocità delle foibe e della pulizia etnico-politica a danno della popolazione italiana. Gli esuli giunsero a Marina di Carrara proprio per la ricettività e disponibilità della struttura, individuata dalla Marina Militare, dato che la caserma “Ugo Botti” in località Ruffino a La Spezia, dove erano destinati i profughi, non poteva contenerli tutti. Altri esuli ancora vennero ospitati presso la Colonia Senese di Marina di Massa (oggi Istituto Don Gnocchi), i due CRP in territorio apuano dei 109 campi profughi allestiti su tutto il territorio nazionale.

La colonia Vercelli divenne così il famoso “campo profughi”, come viene ancora chiamato il luogo a tutt’oggi, in ricordo delle centinaia di civili italiani che vi soggiornarono nell’attesa di trovare una nuova sistemazione e poter ricostruirsi una vita. Molte donne ed uomini, trovarono nel comune di Carrara una degna sistemazione, molti di loro si sposarono con gli abitanti del luogo e ricostruirono qui la loro nuova vita, nel ricordo della loro terra d’origine. Contrariamente a quanto avvenne alla stazione ferroviaria di Bologna, dove gli esuli furono presi a sputi dai ferrovieri di fede politica comunista e gli venne vietata la sosta per rifocillarsi o semplicemente bere un sorso d’acqua, la popolazione carrarese si adoperò alacremente per aiutare i loro fratelli e le loro sorelle Italiane, cercando di alleviare, per quanto possibile, le tristi condizioni di allora, dovendo soggiornare per un periodo piuttosto lungo di tempo all’interno della colonia, laddove la cosiddetta “privacy” di oggi era caratterizzata da teli di juta o teli militari che fungevano da divisori all’interno delle camerate, dove i servizi igienici erano i “buglioli”, e dove la fame, la sporcizia e il degrado la fecero da padroni.

Qui gli esuli soggiornarono fino al 1952 lasciando a peritura memoria del loro trascorso una piccola edicola marmorea contenente una madonnina; piantarono due glicini che nei decenni seguenti con la loro crescita donarono una nota di colore nei giorni primaverili su buona parte del parco e del porticato fino al 2018 quando, un insensato quanto inutile ed ignorante capriccio politico di “potatura” ha rovinato per sempre le due piante, amputandone i tronchi che le costituivano.  Nel 2004, con l’istituzione per legge del giorno del ricordo, è stata posta dal Comune di Carrara una targa a ricordo, riposizionata nel 2019 dopo essere stata fatta oggetto di danneggiamento per mano dell’odio politico. Chi scrive, si è adoperato in accordo con il locale presidente dell’associazione degli esuli per il suo rifacimento ex novo, unitamente al restauro della targa originale del 1947 (anch’essa danneggiata) nella quale sono incise le iniziali CRP ovvero l’acrostico di “Centro Raccolta Profughi”.

Nel 1970, la colonia ospitò nuovamente per un certo periodo di tempo altri esuli italiani, questa volta provenienti dalla Libia, da dove furono cacciati dal Colonnello Gheddafi quando prese il potere. Nel primo lustro degli anni Settanta l’intera struttura comprensiva dell’area verde venne ceduta dal Demanio al Comune di Carrara che ne diventò di fatto il proprietario. Da allora, le due ali della colonia, originariamente destinate ai dormitori dei bambini furono così adibite nei seguenti modi: l’ala della colonia prospiciente il Viale Galilei venne ristrutturata – snaturando completamente lo stile architettonico originario dell’intero impianto nella copertura, negli infissi e negli intonaci esterni – e destinata ad ospitare l’ Istituto Professionale di Stato per le Attività Marinare, unitamente alla costruzione di un nuovo corpo di fabbrica collegato all’istituto e il completo raddoppio dei piani mentre, l’ala speculare, posta sul retro di questa, venne destinata ad ospitare l’attuale Scuola Primaria, recentemente riqualificata dal punto di vista energetico al suo interno: intervento al quale ho partecipato nella veste di progettista e direttore lavori per la parte architettonica e del progetto di restauro delle facciate, al momento non ancora realizzato. Altro discorso a parte per i due grandi corpi di fabbrica disposti a margine del grande piazzale interno, uno dei quali è stato completamente demolito ed è stata costruita ex novo la locale caserma dell’Arma dei Carabinieri, mentre l’altro corpo di fabbrica prospiciente il parco che affaccia sul Viale Galilei, dopo diverse vicissitudini e superfetazioni, versa in totale stato di abbandono e degrado. Lo stesso dicasi per il corpo di fabbrica posto all’ingresso principale lateralmente al grande porticato di collegamento e della struttura geodetica realizzata negli anni Ottanta sulla Piazza Vercelli del comprensorio. Il parco “Giorno del ricordo” così intitolato nel 2004, è chiuso al pubblico da anni. Dal 2007 l’intero sedime è posto sotto tutela del Dlgs. 42/2004 dal vincolo paesaggistico e monumentale, così come sancito dal Dispositivo dell’Art. 10 del Codice dei beni culturali del paesaggio comma 1 ovvero: sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. Chi scrive, ha organizzato una conferenza pochi anni fa presentando alla cittadinanza una proposta progettuale di restauro e recupero delle aree e dei manufatti che versano in forte stato di abbandono e degrado, nell’ottica della tutela architettonica dell’unicità del bene e del rilevante peso storico per tutto ciò che è accaduto all’interno di questa colonia marina, con lo scopo di ridare dignità e decoro ad una zona centrale posta a poche centinaia di metri dalla spiaggia, riconsegnare alla cittadinanza un parco pubblico, realizzare opere e strutture utili per Marina di Carrara – ad oggi inesistenti e necessarie – ed infine, valorizzare e rendere visibile la caserma dell’Arma dei Carabinieri, oggi soffocata dal degrado circostante. Intervenire su quest’area non è solo un dovere civico ma anche un dovere morale nel conservare il luogo della memoria, affinché mai più possano accadere drammi del genere.

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Fonte immagini:

Archivio Architetto Paolo Camaiora

Archivio Istoreto

Riferimenti bibliografici:

Paolo Camaiora. Le Colonie Marine del Littorio sulla Costa Apuo-Versiliese. Edizione 2020

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