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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Leandro Caselli: l’uomo che cambiò Carrara in sette anni

DiVinicia Tesconi

Feb 1, 2023

Dal 1883 al 1890, Carrara passò dall’essere una cittadina strutturalmente arretrata e, per molti aspetti poco funzionale, a essere una città moderna, architettonicamente pregevole, capace, in tema di servizi e di estetica, di reggere il confronto con le grandi città. Famosa in tutto il mondo per il suo marmo, lo era già da tanto tempo, e preziosa, per il suo borgo medievale e per l’architettura rinascimentale del suo centro storico, pure, ma, nella seconda metà dell’800, specialmente a seguito dell’unità d’Italia, la città era cresciuta economicamente grazie al marmo, senza che questo sviluppo avesse lasciato un segno tangibile nel volto della città, ancora, in molte parti, troppo simile a un rozzo borgo di cavatori e scalpellini. Dal nucleo originario sul fiume Carrione, la città si era espansa nella piana incastonata ai piedi delle montagne di marmo e, anche se portava i segni delle pregiate stratificazioni architettoniche dal medioevo in poi, la centralità del marmo, nella sua economia e nella sua storia, la connotava come una distesa di piccoli e grandi laboratori, depositi di blocchi, di lastre e di monumenti, il più delle volte agganciati alle abitazioni dei titolari e a quelle, più povere e dimesse, delle maestranze. La necessità di una revisione urbanistica della città era stata definita già nel 1868 dal conte Emilio Lazzoni, professore di Storia dell’Arte all’Accademia di Belle Arti e dall’avvocato Cavalier Andrea Passani, primo presidente della Camera di Commercio, socio onorario della Accademia e presidente del Casino Civico, il luogo in cui avvenivano quasi tutte le transazioni d’affari. Ma per arrivare a realizzarlo, con tutti gli aggiornamenti maturati negli anni successivi, si dovette aspettare il 1883 e l’elezione a sindaco di Carrara, del Cavalier Agostino Marchetti. A dicembre di quello stesso anno, a capo dell’ufficio tecnico del comune, arrivò l’ingegnere piemontese Leandro Caselli: l’uomo che cambierà il volto della città.

Caselli era nato a Fubine, in provincia di Alessandria il 31 gennaio 1854. Aveva studiato a Torino, insieme al fratello, Crescentino e entrambi si erano laureati alla Regia Scuola di applicazione per Ingegneri. Tra i suoi insegnanti, Leandro, ebbe Alessandro Antonelli, il celebre architetto che progettò la Mole di Torino che porta il suo nome. Leandro Caselli, come il fratello, si era subito distinto per le sue qualità ed era stato chiamato a Roma come assistente del professor Gui, docente di architettura nella nuova Scuola di Applicazione per gli Ingegneri. A Roma conobbe il senatore cremonese Quintino Sella, che intuì le potenzialità del Caselli e lo invitò a visitare le sue fabbriche di Biella per progettare nuovi impianti. A Carrara, Leandro Caselli arrivò, vincendo un concorso pubblico, quando ancora non aveva trent’anni, entusiasta della possibilità di guidare un così ampio e importante progetto di rinnovamento urbanistico come quello propostogli dal sindaco Marchetti. I suoi primi anni a Carrara mettono in evidenza gravi ed urgenti lacune nel sistema idraulico e fognario della città – due epidemie di colera e un alluvione tra il 1884 e l’85 – e a quest’opera Caselli si dedica in prima istanza: progetta e costruisce un nuovo sistema fognario, risana gli spazi pubblici, ricostruisce le condotte idriche, pavimenta strade e marciapiedi. Tra i suoi primi interventi c’è il ponte sul Carrione alla Lugnola, nel quale lascia il suo segno con la realizzazione delle armille in marmo e delle balaustre in ferro battuto. Di seguito verranno:la risistemazione di piazza Risorgimento, oggi piazza Gramsci, da sempre, per i carrarini, piazza d’Armi, con la realizzazione del magnifico muro di marmo bugnato a sorreggere le scalinate verso la zona chiamata Levatella, la costruzione delle scuole maschili Aurelio Saffi, dell’adiacente caserma dei carabinieri, della prima sede della Camera di Commercio, dell’Asilo Garibaldi, all’epoca gioiello di architettura scolastica, considerato tra i primi in Italia, della Caserma Dogali e poi dell’immensa avveniristica opera del Politeama Verdi, per anni dalla sua inaugurazione, considerato il miglior per acustica in tutta Europa, progetto che comportò la riqualificazione e lo sviluppo dell’area est della città, con lo spostamento del cimitero da quella che diventerà piazza Farini, oggi Matteotti, al cimitero di Marcognano, progettato dallo stesso Caselli. Non ci fu un settore edile in cui Caselli non espresse il suo genio e la stima nei suoi confronti fu subito così vasta, da spingere i grandi baroni del marmo dell’epoca a chiedergli di progettare anche le loro ville. In soli sette anni Carrara divenne la città di Caselli, del suo gusto improntato al sapiente equilibrio tra la funzionalità moderna e il rispetto dei baluardi architettonici classici del passato, del suo stile lineare e pulito, pregevole nei dettagli senza, tuttavia, sciocche ostentazioni.

Dopo Carrara, Caselli si spostò a Messina, dove si trasferì, ancora una volta, a seguito di un concorso vinto e dove, ugualmente, seppe farsi apprezzare grazie ai suoi progetti e ai suoi edifici, dei quali, purtroppo, non c’è quasi più traccia, perché distrutti dal terribile terremoto del 1908. Per questo motivo, solo Carrara è rimasta la città che testimonia la sua opera, talmente apprezzata dai suoi contemporanei da essere mostrata, attraverso i suoi progetti, nella grande Esposizione italiana di architettura, che si tenne a Torino nel 1890.

Dal Antonelli, suo insegnante e ispiratore, Caselli aveva preso, tra altre cose, l’uso della tecnica del cemento armato, espressa con basamenti ad arco legati da catene di ferro. Una tecnica che ha permesso di rendere solidissimi e duraturi gli edifici da lui progettati, che hanno ceduto solo sotto la spinta devastante di un terremoto di magnitudo di 7,3 sulla scala Richter, come accadde a Messina, o sotto la ben più devastante incompetenza di alcuni tecnici che approvarono, per ragioni di ampliamento, il taglio delle catene che reggevano le fondamenta, contribuendo a causare il crollo di parte della struttura, come accadde al Politeama Verdi di Carrara nel 2008.

© Foto Archivio Michelino