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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Chef in America con i taglierini alla massese nel cuore: Francesco Torre (seconda parte)

DiSelenia Erye

Feb 9, 2023

Francesco Torre, chef di origine massese,  vive in California a Forestville, dove ha aperto il suo ristorante di cucina italiana, Canneti Roadhouse: un  luogo bellissimo a cui dedica tutte le sue energie per fare, realmente, la differenza. Una grande prova del fatto che, se si vuole veramente raggiungere degli obiettivi, si può farcela: un esempio che infonde coraggio e conforto in tutti quelli che ne vengono a conoscenza. Francesco Torre non si è lasciato abbattere dalle difficoltà, ha affrontato grandi sfide ed è riuscito a realizzare il suo sogno. È riuscito  a portare un po’ di Italia oltreoceano,  con coraggio e professionalità, dopo essersi molto impegnato nella formazione e nel lavoro. Torre ha partecipato alle Vie del Gusto, è stato invitato a cucinare per la James Beard Foundation, che è uno dei massimi riconoscimenti nel mondo culinario USA, ed è stato riconosciuto dal NY Time come uno dei maggiori chef emergent di Long Island ed ha partecipato a molte trasmissione del settore culinario. Riprendiamo l’intervista per Diari Toscani

La sua carriera è costellata da grandi successi, il suo coraggio è stato premiato, ci parli del suo ristorante, di com’è la sua nuova vita…

All’inizio credevo che il successo fosse di diventare famoso e, magari, di ricevere la stella Michelin. Sino a che non ho aperto Canneti ero convinto che la mia partecipazione alla trasmissione Le vie del gusto, il mio invito Newyorkese a cucinare per la James Beard Foundation che è uno dei massimi riconoscimenti nel mondo culinario USA, e l’essere stato riconosciuto dal NY Time come uno dei maggiori chef emergent di Long Island, solo per citare alcune pietre miliari della mia carriera, fossero la massima espressione di questo successo. Oggi ho cambiato idea radicalmente e penso che il successo sia realizzare le proprie aspettative, che nel tempo cambiano e si evolvono, come l’idea di successo. Se si resta ancorati all’idea iniziale di fama e notorietà può capitare di non accorgersi di aver avuto successo.

C’è qualcuno che l’ha aiutata nel suo percorso?

Devo ringraziare il professore di cultura generale che, prima degli esami dell’ultimo anno di cucina, ci mostrò un film intitolato Il Pranzo di Babette. Alla fine della pellicola ci disse: “Se cucinerete cosi, continuate sulla strada che avete scelto, altrimenti andate a guidare il bus”. L’aspettativa di un cuoco deve essere soddisfare le esigenze delle persone per cui esegue la sua arte culinaria. Lo chef sarà realizzato solo donando ai suoi clienti un’esperienza dove il piacere del palato innalza lo spirito ed apre il commensale a sentimenti più elevati, mettendolo a suo agio con gli altri e con sé stesso.

Lei ha raggiunto questo traguardo?

Sì, con il mio ristorante Canneti, che è l’espressione della mia vita e delle mie esperienze. L’arredo, in stile French Industrial è stato realizzato da un artista locale. I bicchieri sono i più sottili sul mercato ed i piatti sono di fine porcellana. È un locale semplice ma solido, fatto per durare nel tempo. La cucina è aperta, in modo che i clienti possano sedersi al banco di fronte e vederci cucinare. La cucina verte su un mix di tradizione italiana e toscana, ma rivisitata in chiave moderna ed usando quasi esclusivamente prodotti biologici e locali. La mia vita ruota intorno al ristorante, al rapporto con le fattorie e coi dipendenti. Canneti Roadhouse Italiana, è diventato, negli anni una scuola di cucina (in senso lato), dove i dipendenti imparano il mondo del bien vivre, conoscendo i prodotti locali e la tradizione Toscana, ed i clienti possono trovare quel momento elevato in una vita di lavoro e di corse, perché qui la gente corre e lavora a tutte le ore.

Cosa si porta dietro della sua città d’origine? Cosa le manca di più di Massa?

Di Massa mi porto dietro praticamente tutto: dalla cucina di mia nonna, al cielo limpido, che molte volte sovrasta il castello Malaspina, alle brume invernali dei Ronchi. L’ironia della sorte ha voluto che io lasciassi una città che ho sempre amato, mentre molti miei conoscenti che la volevano lasciare non se ne sono mai andati. Negli anni ho rivalutato molti aspetti della vita che conducevo a Massa ed in Toscana. Il vino schietto a base di Sangiovese, il pesce del Mediterraneo e la cacciagione dell’entroterra, le antiche vie in ciottoli di marmo, le belle passeggiate per le viuzze di Poveromo. Mi manca andare a fare la spesa in un negozio di prodotti artigianali massesi, un caffè dagli Svizzeri, mi manca la cultura del cenare in famiglia, e, naturalmente, la mia famiglia. I miei nipoti crescono ed io non vi assisto.

Quando ha avuto delle difficoltà, com’è riuscito a superarle?

Non saprei, di certo non ho mai mollato. Di momenti difficili ce ne sono stati molti. Problemi economici e problemi personali, incluso un divorzio. Ma credo che la sfida più ardua sia stata il realizzare che l’arroganza professionale è un grande limite per molti cuochi immigrati, specialmente italiani e francesi. Quest’ arroganza deve evolversi in conoscenza dei propri limiti e della clientela a cui ci si rivolge. Devo però ringraziare un amico, che ancora oggi considero, assieme alla Pina, il mio mentore americano. Questa persona mi ha introdotto al concetto di pesca sostenibile, al rispetto dell’ambiente ed a molti altri aspetti del vivere statunitense. Il suo nome è William Foss ed è uno dei creatori di Netscape, il primo motore di ricerca su internet. Lui mi offrì per primo l’occasione di spostarmi negli Stati Uniti e mi aiutò mettendomi in contatto con il mio primo impiego. Mi ha aiutato anche nella vita privata. Ma questa è un’altra storia.

Tornando alla sua passione, qual è il suo piatto forte?

Questo proprio non saprei dirlo. Oggi so macellare, fare ogni tipo di prodotto da panificazione, e potrei cimentarmi in molti tipi di cucina come quella cinese o russa. Siccome ho una gran passione per tutta la cucina, non ho un piatto forte. Si può fare un capolavoro con un hot dog, tanto quanto usando aragosta e caviale. A me piacciono entrambi

Se dovesse paragonare la sua vita ad una ricetta, quale sceglierebbe?

Forse i tagliarini massesi: veraci, genuini, rustici ed ancorati alla tradizione popolare da cui vengo. Richiamano le mie origini e la mia prima insegnante di cucina ed ispiratrice: mia nonna

La sua esperienza cosa le ha fatto capire della vita?

Molte cose. Prima di tutto che i successi non vengono mai come ce li immaginiamo, e che siamo fortunati quando siamo cresciuti abbastanza da riconoscerli. Ho imparato che la ricerca di novità è una forza motrice positiva, ma solo quando è usata nel rispetto della tradizione e non per la novità fine a se stessa. La novità come mezzo per rompere con le nostre radici non ha senso. Questo vale anche per la vita privata. Ho anche imparato che l’equilibrio dei sapori può essere parallelo all’equilibrio nella vita.

A questo punto le chiedo di lasciare un messaggio ai nostri lettori…

Il mondo della ristorazione è un mondo difficile: ha i suoi squali e le sue pecore. Scegliete sempre un locale dove il proprietario-chef lavora con passione ed include i prodotti e le tradizioni della sua terra nel menu. Non dimenticate che la vita di costui è difficile e piena di alti e bassi. Evitate quindi il locale di moda e di grandi dimensioni: sono tutte trappole per quelle persone che qui, in California, si chiamano ‘culinary amebas’.

Foto per gentile concessione di Francesco Torre